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Around photography (2004-2009) Anno 4 Numero 11 marzo-giugno 2007



Fake Movement

Clara Carpanini

L’immagine video tra cinema e spettacolo del mondo



riverberi dalle immagini infocinevideofotografiche


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In occasione di Arte Fiera a Bologna, oltre all’immancabile stand, Around Photography ha contribuito a presentare (dal 24 gennaio al 9 febbraio) una collettiva di video artisti internazionali allestita presso neon>campobase a cura di Marinella Paderni, Elvira Vannini e Roberto Maggiori.
Fake Movement è nata come riflessione sugli apporti critici della video arte nei confronti del cinema e della televisione, in riferimento soprattutto alla spettacolarizzazione del mondo.
Il proposito della mostra, infatti, è stato quello di sviluppare il concept che realtà e finzione non si oppongono in termini esclusivi, bensì interagiscono in modo problematico provocando un “movimento sul posto” falso perché giocato sul linguaggio e i suoi scarti, un movimento capace di mettere in discussione le più consolidate convenzioni percettive.
Il video come possibile strumento critico, dunque. Un discorso interstiziale costituito d’immagini contaminate, sovrascritte, assemblate, ricomposte, in continuo bilico tra documentazione e spettacolo.
“Se quindi la passione per il Reale finisce nella pura apparenza dell’effetto spettacolare del Reale, per un movimento esattamente inverso, la passione postmoderna provata dall’Ultimo Uomo per l’apparenza finisce in un violento ritorno alla passione per il Reale.” Così Slavoj Zizek sintetizza emblematicamente il circolo dialettico (e in qualche modo perverso) che alimenta la complessità del binomio reale/apparenza.
Tra gli autori selezionati molti hanno lavorato con spunti ironici sui meccanismi dell’immagine televisiva, onnivora e seduttiva, la cui “forza non è nel contenuto, nella capacità di convincimento, ma nella sua forma stessa di espressione, di collocazione tra le parti.”
Se Carles Congost in That’s my impression (2001) si costruisce uno spassoso programma auto-promozionale attingendo all’estetica pop di fine anni Settanta/primi Ottanta, Keren Cytter con Dreamtalk (2005) scandaglia le dinamiche affettive di una giovane coppia attraverso la distorsione retorica e banalizzante del reality show. Gli studi semideserti in attesa della diretta nel video Bingo Show (2003) di Christelle Lheureux mostrano lo svuotamento di un’immagine che tuttavia mantiene un fascino allucinato, quasi spettrale. Un’operazione accentuata dal movimento derealizzante tipico della televisione che, come spiega Simonetta Fadda, “allude a un’idea di spazio chiuso comprendente già tutte le immagini al proprio interno” per cui a differenza del cinema “lo schermo video è qualcosa di centripeto” senza un esterno, senza fuori campo.
Un set televisivo straniante ritorna nel video How we do (2006) di Susi Jirkuff dove l’ambientazione kitsch e folkloristica della balera è associata a un pezzo musicale del rapper 50 cent modificando completamente l’effetto della danza in corso.
Il cortocircuito sonoro è la chiave di lettura anche per un altro lavoro di Christelle Lhereux presente in mostra, intitolato Tarzan (2004): qui un piano sequenza di un’ora e mezza ripropone il sonoro del film Tarzan l’intrepido di Robert F.Hills (1933) mentre uno spettatore occupa lo spazio del protagonista dentro una scena identica all’originale.
Il film si smaterializza e rivive grazie a quell’evocazione immaginaria interamente attivata dallo sguardo di chi osserva. In Basel (2006) di Daniel Pflumm vari spezzoni televisivi si alternano alle sigle di presentazione delle grandi case di produzione cinematografica: lo spettacolo è continuamente annunciato in modo autoreferenziale e schizofrenico.
Infine il video affronta il tema della memoria offrendosi come strumento critico di ricostruzione storica. Da un lato Anri Sala con Intervista (1998) tenta di risalire al sonoro di una dichiarazione rilasciata dalla madre vent’anni fa in occasione di un congresso alla Festa Albanese Comunista; dall’altro in Vuurgevecht op de dam (2005) Rossella Biscotti gira in presa diretta alcune interviste al fine di chiarire un fatto controverso avvenuto ad Amsterdam il 7 maggio 1945.
L’esperienza visiva attraverso il filtro della tecnologia sembra garantire una possibilità oggettiva e credibile di narrazione, ma in realtà l’esito di queste ricerche è di accentuare la parzialità, l’incompletezza delle testimonianze raccolte. Nonostante ciò entrambe mettono in campo modalità operative rigorose e coerenti, stimolando una riflessione sulla rilevanza metodologica delle fonti.



S.Zizek, Benvenuti nel deserto del reale, Roma, 2002
M. Binotto, Pestilenze, Roma, 2000
S. Fadda, Definizione Zero, Milano, 1999