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Overview (2006-2007) Anno 2 Numero 0 estate 2007



Brian Eno: 77 Millions Paintings

Angelo Vernuccio

L'artista che più a fondo ha indagato i rapporti tra spazi fisici e musica, l'anti-autore per eccellenza. La negazione, l'assenza, le presenze casuali e il caos. Tutto in un solo disco.



mensile bilingue a distribuzione gratuita


INDICE OVERVIEW ANNO 2 #00

seeING > ART & DESIGN
22 felt revolution
26 surreal things
30 art events

wearING> MODE & TRENDS
42 pimp up the volume
50 andrea crews
62 lost senses
67 new trends from

playING> SOUND, CINE & BOOKS
88 tracks & traces
96 ViSuoni
100 books
102 cine

livING>PLACES & FOOD
108 metamorfosi alla portoghese
116 monitor hotel
125 MAP | Barcelona
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La musica e lo spazio. Ovvero l'onda acustica e la sua scatola. Uno dei temi artistici più affascinanti del secolo scorso.
Per capirci qualcosa bisogna avventurarsi in un percorso a cavallo tra Alvaar Alto ed Elvis Presley, George Martin e quella sua bizzarra creatura chiamata The Beatles, Brian Eno e Renzo Piano. E, per concludere questa lista un po’ random, il trittico Le Corbusier-Edgar Varese-Xenakis, tanto per fare qualche nome.
Potremmo iniziare a raccontare questa storia da quando lo spazio ha cominciato a prendere forma nel senso di spazio urbano. E da quando hanno cominciato a emergere anche tante piccole figurine in carne e ossa che vanno e vengono da un ufficio. Perché da qui all'invenzione dello spazio-privato-contemporaneo il passo è breve.
Le Corbusier è stato tra i primi a mettere in atto tutto lo scarto culturale con il XIX secolo. Aveva deciso di saltare tutti i passaggi intermedi e cominciare a progettare direttamente il secolo XXI.
Il suo uso visionario di materiali, forme, tecnologie, studi acustici (vedere per credere il padiglione Philips dell'Expo di Bruxelles del 1958, con annesso il Poeme Electronique di Edgar Varese) resta un monumento alla creatività. All'interno della forma progettata dal musicista greco Xenakis, 425 altoparlanti e relativo sistema di delays e amplificazioni sviluppato dalla Philips, proiettavano il suono nello spazio.
Nel frattempo il secondo dopoguerra sta già creando il suo personaggio preferito: il consumatore. E gli spazi condivisi entrano a pieno titolo in una nuova epoca di socialità. La reazione è irreversibile. E il consumatore sviluppa e affina il suo oggetto preferito: la TV. Una dibattuta scatola luminosa – la ritroveremo più avanti: d’altra parte, non è la decadenza l’età più attraente di un’epoca?
La TV, tra i beni d'elezione del ‘900, comincia a reclamare spazi uniformi ma esclusivi per un'estetica della società pacificata. Senza voler scomodare Debord, assistiamo all'invenzione del complemento di arredo, dell'arredo in serie e di una bizzarra serialità griffata di matrice eticamente pop, a patto di voler tributare un’etica al pop stesso.
E arriviamo così ai primi anni ’70. Un’epoca di sconvolgenti salti in avanti nella musica e nell'arte, nello spazio e nel paesaggio urbano. Brian Eno tira fuori tutte le capacità proprie di un artista per metabolizzare e condensare questo scarto. Lo fa attraverso un corpus di opere destinate a imporre l’idea che sia possibile arredare lo spazio anche con la musica. Opere che ridefiniscono bruscamente i ruoli di “autore” e “fruitore”, la forma del consumo sensoriale e culturale dei luoghi pubblici e privati.
È impossibile sviscerare Eno in poche righe. Ma il concetto del frammento è davvero sin troppo insito nella sua poetica per non rimanere affascinati all'idea di una scheggia di storia, che galleggia in modo casuale, caotico, ma capace di generare. Cosa non si sa, non importa e non ce ne preoccupiamo. Ormai è irrimediabilmente dato.
Siamo nel 1978. Osserviamo attoniti il vinile di Ambient#1/Music for Airports mentre gira sul piatto. Non è musica, non ci azzardiamo a chiamarla così. È una cosa. È a-tonale e a-melodica, si diffonde per casa come pennellate di suono, soffice ma inquietante, non si capisce da dove venga né chi l'abbia generata, né come. Non capiamo, ma nel dubbio restiamo a guardare. È paradossale, non abbiamo mai nemmeno preso un aereo.
Quasi trent’anni dopo, ci ritroviamo nel 2007. Un secolo si è chiuso beffardamente e quella cosa adesso l'abbiamo capita. Poi abbiamo anche finito per subirla. È quell’inferno di rumore, disturbo, scoria che ci circonda. Tossina della comunicazione, ostacolo all'otium.
Basta muovere un po’ l’inquadratura però per arrivare al punto in cui Brian Eno è giunto a concepire 77 Millions Paintings. Circa venti anni di sperimentazioni lo portano a creare un'opera puramente generativa, nella quale decide di rompere ogni rapporto di controllo sulla fruizione del prodotto artistico stesso. Ma non solo, spingendosi molto oltre, anche la creazione è fuori controllo. La generazione dell'opera è del tutto stocastica.
Un nuovo gradino di una scala sublime che continua a tendere all'annullamento dell'artista (ma non dell'arte), della direzione alto-basso della visione, del rituale dell'esposizione. Ed ecco che ritroviamo quella scatola in grado di emettere luce, in modalità random. Si è ingigantita, a misura della magnificenza del degrado da essa stessa. Eno comincia a usarla come un synth, ma non per generare suono, bensì luce. Una sorta di Stockhausen senza partitura, ma con un telecomando.
La TV diventa uno spazio reale come altri, meritevole di essere assimilato a un oggetto di design, a un quadro – o a nulla, pur rappresentando qualcosa anche in quest'ultima accezione.
Aggiungendo a questo l'idea generativa: un repertorio di forme, semplici, che cominciano a mutare in modo imprevedibile l'una nell'altra, senza alcuna logica che non sia strettamente casuale e frutto della ripetizione infinita di combinazioni numeriche.
Risultato: un'opera d'arte. Anzi, infinite opere d'arte. Meglio ancora: 77 milioni di opere d'arte, una dopo l'altra.
Le immagini mutano lentamente: il loro tempo è “il tempo della vita reale”, come sottolinea lo stesso Eno. Da questo punto di vista vi è un preciso intento nell'utilizzare tempi di morphing lentissimi, che possono essere riproposti con o senza le composizioni di discreete music, scritte e dipinte dallo stesso Eno.
L'opera, che riassume in un dvd e cd con il software generativo annesso le esposizioni che negli ultimi anni Eno ha portato in giro per il mondo, si pone l'obiettivo di essere usata, non apprezzata o venerata.
Motivo alla base di un nostro nuovo e sempre assai brusco movimento di macchina, con annessa sfocatura sulle ultime parole del narratore, che nel meta-racconto cita il personaggio che ha appena rappresentato. You control the experience.

77 Millions Paintings by Brian Eno (Ryko records, 2007)