Con-fine (2007-2013) Anno 5 Numero 21 marzo-maggio 2011
Lo spazio simbolico deflagrato
Probabilmente la Nuova Scuola di Leipzig, forte di un rigore altamente formalizzato, da cui sono venuti fuori alcuni tra i più interessanti pittori degli ultimi anni, è uno di quei fenomeni culturali che per le infinite potenzialità di interazione che ha col substrato sociale e culturale, necessita di una analisi dettagliata sulle varie personalità che ne compongono il corpus dinamico. Non è un caso che il pittore David Schnell amplifichi e strutturi parte del proprio influsso espressivo in relazione a un rizoma di implicazioni che nascono da quella perfezione intellettuale ma si attuano in quanto scarto continuo della norma e ribellione alla prossemica convenzionale. Proprio da un territorio filosoficamente intenso come la Germania nasce una pittura di questo genere e ha potuto svilupparsi in una tale molteplicità semovente e corale.
La pittura di Schnell muove da un apparente trauma della visione per congeniare una dinamicità delle forme più strettamente connesse a un cosmo reale e dettagliato, all’abbandono della gestualità più rutilante. Non manca in lui la dimensione oltrepassante del sogno, appunto di ciò che rappresenta una ferita, un’origine visiva di rottura con determinati parametri storico artistici, ma maturata e accresciuta di energie e osservazioni proprie di una scienza precisa e magistralmente trasfigurata. Nel prospetto pittorico lo sguardo non nasce da un fondamento empirico, ma nemmeno dal registro dell’onirico,è la sintesi di un attraversamento a molteplici livelli nel quale l’esperienza visiva è ostica e allo stesso tempo di impatto, costringendoci a entrare in profondità per comprendere il contenuto. In questo senso l’ambiguità dell’immagine nell’estetica contemporanea diventa l’apertura verso uno spazio più profondamente nudo e stratificato. La superficie pittorica è segnata da scolature, costellazioni di petali evanescenti, figure geometriche e sospese che si fanno Simbolo e rifrazione di un continuo riassetto. Simboli svincolati dall’iconoclastia e che si purificano espandendosi sull’opera in una orizzontalità densa di efflorescenze e scatti minimi e trasparenze. La
densità del piano concettuale incamera e trasuda lo spettro della memoria stratigrafica della surrealtà: una surrealtà che è più autentica e forte perchè è fissata sui tasselli volanti e irriflessi di orbite metafisiche, ultra-scientifiche.
L’idea dello spazio che si apre in senso concettuale e anche idealistico è qualcosa di fortemente legato alla mentalità Ma preliminarmente anche un’apertura soprattutto formale, basata sulla destrutturazione della stessa prospettiva canonica si fonda per sgretolare i confini dei vari codici visivi e farne filtro irradiante della inaffidabilità dell’immagine impeccabile, univoca e predeterminata. Quasi a negare la dittatura di ogni visione oggettivizzabile, dobbiamo aspettarci di ritrovare completamente esautorato il nostro stato di percezioni per cui però la variazione kamikaze non consiste in un passaggio da mondo a mondo, ma nello stesso mondo che cambia colore, e si attiva, comincia a muoversi, si vivifica assurgendo a iridescenza pellicolare.
Nei termini di una ricerca pittorica che spezza moduli tradizionali per esplorare l’attualità in senso lenticolare, scandito da energie sintattiche inedite, la “Rivoluzione pacifica” è un possibile ritrovamento per orientarsi nel labirinto dell’instabilità ottica per iniettare nelle arterie e nei capillari della storia un frangente di sovvertimento autentico. Nei quadri, nelle finestre che egli apre si manifestano dati prioritari di verità, si ha l’impressione che si celebri il Grande Evento.
La destrutturazione per frammenti del totale ambientale è la rarefazione di un piano astratto che diventa pura materia priva di datità, e colma di senso dell’immagine solo al di sotto e al di sopra della sua percezione. L’iconografi a dell’esplosione assume una connotazione fortemente naturalista, quasi come se un tunnel dimensionale creasse legami tra ogni legge fisica, sociale e antropologica per riconfigurare il mondo come sarà dopo, durante o dentro una sospensione fatale, cataclismatica.
Il suono di una bomba H occlude le orecchie e il tempo si ferma. Ma ne consegue una ricchezza formale che giustifica la continuazione dell’esistenza oltre il dogma, oltre il significato annichilendo la narrazione e riprendendone la forza eversiva di un teatro hippie scorporato dai cascami dell’ideologia. Il dato semantico si riferisce alla possibilità di riflettere forze (in)visibili nello spazio e riverberando lo stesso spazio nel senso della rinascita, del miracolo dei segni e della percezione. In questo modo Ernst Cassirer e la sua spiegazione simbolica delle forme entrano prepotentemente in campo. Così vediamo che la ragione non è lo strumento con cui l’artista indaga l’espressione e lo spirito del tempo, ma bensì una ricerca di ricchezza e una varietà che nascono dalla irregolarità di un caos che è calibrato nellapropria dirompente anti-sistematicità antistatica. Il Simbolo in Schnell è privo di ogni rimando, è la forma essenziale, proiettata nella fluidità del tutto in riposizionamento, è la registrazioneastrale di uno scorrimento che afferisce a una sensazione. Lo spazio e le sue interazioni si dislocano rivelando la natura ellittica e inesplicabile nella propria spasmodicità satura di tensioni polimorfe e concrescitive.
Credo che la Germania sia l’eterno motore dell’Europa nella ricerca contemporanea del suo sviluppo verso il ritrovamento di una identità forte e vincente, e la presenza di un significato europeo dell’immagine contrapposto a quello americano, porta con sè i drammi e le inquietudini di cui è ancestralmente piena la nostra memoria. Eppure la forza di Schnell sta nella capacità di essere trasversale in senso semiotico, giocando con strutture extrasensoriali mentre si muove su uno stile che è quello recondito e contemporaneo del tunnel e del mosaico interattivo. Ma allora una trascendenza interviene a questo punto per far collidere positivamente il sollevamento di uno spazio contaminato e plurale che assorbe tutto come in virtù di un magnete prospettico e che arriva al centro delle stesse dinamiche processuali dell’esistenza. Un trascendente para-fenomenico dove astrazione e figurazione, principio e fine, coesistono in maniera perfettamente armonica.
In tale modo credo si possa valutare anche il rapporto di eventuali debiti o differenze con Gerard Richter, che è sostanzialmente più di compensazione metodologica che di rilievo creativo. L’impossibilità della scelta genera una purezza piena di significato che scioglie ogni violenza. Ciò che resta in fondo della proiezione iconica deflagrata sul mondo è una pittura impressa come la cognizione pura di una potenza che attiva e agisce le possibilità inesplorate della cosmologia. Dalla politica, fino alle forme assolute, l’estetica si trasforma in deriva umana e caustica per creare dati analitici senza tautologie, orme fisiche irradiate di processi psico-emotivi e storici. Qui quello a cui si aspira è catturare direttamente la radice stessa di ogni tensione del gesto artistico in divenire.