Arte e Critica Anno 17 Numero 69 dicembre 2011- febbraio 2012
Sincretismo musicale e visuale
Haroon Mirza, Leone d’Argento alla 54. Biennale di Venezia, è presente presso il Camden Arts Centre di Londra con una nuova installazione, opera che in una delle sere della settimana di Frieze Art Fair 2011 è stata teatro di una performance musicale che ha coinvolto l’artista in collaborazione con la band Django Django.
Mirza struttura differenti stimoli sensoriali concepiti per realizzare, in ogni lavoro, un’unica forma estetica. Un modo di esprimersi che, parafrasando una frase di La Monte Young, conduce ad ascoltare ciò che solitamente ci si limita a guardare e a guardare ciò che normalmente ci si limita a udire(1)
Sarebbe superficiale, nonché errato, associare la ricerca di Haroon Mirza alla musica sperimentale legata, ad esempio, a personaggi quali John Cage o Christian Wolff. Vi possono essere analogie in alcuni aspetti generali relativi all’allargamento del concetto tradizionale di musica, ma il loro atteggiamento di fondo era differente. L’utilizzo degli strumenti musicali non “limitato dai confini eretti dalla tradizione”, ma sfruttato “come una configurazione totale”(2) e una musica “che ha a che fare con la percezione e ciò che la suscita in noi”(3) sono alcune caratteristiche che concettualmente potrebbero, in qualche maniera, avvicinare Mirza a Cage. Alcuni degli aspetti fondamentali della ricerca di quest’ultimo, connessi all’aleatorietà, al caso o alla scrittura musicale, non hanno però per Mirza la stessa valenza. Cage affermava come “un’azione sperimentale è quella il cui esito non è previsto”(4). La sua era una ricerca in cui il caso giocava un ruolo rilevante. Mirza, invece, con le sue opere realizza composizioni musicali, seppur non scritte ma solo udibili. Inoltre le struttura secondo il suo gusto e la propria volontà personale “utilizzando convenzioni musicali”(5). Il suo approccio risulta quindi più vicino alla musica che Michael Nyman ha considerato “d’avanguardia”, distinguendola da quella “sperimentale”(6).
Mirza delega l’esecuzione dei brani agli oggetti che compongono i lavori. Alcune sue musiche creano tipologie di suoni che possono richiamare opere di certi artisti contemporanei che utilizzano la musica elettronica, quali ad esempio Carsten Nicolai, ma spesso Mirza mostra e demistifica le fonti sonore, sia che esse coinvolgano casse acustiche, che oggetti in movimento. Infatti, all’aspetto sonoro e visivo – spesso determinato da proiezioni video o effetti luminosi – va aggiunto quello legato alla presenza fisica degli oggetti e complementi d’arredo. Oggetti e mobili a cui l’artista è interessato anche per la “storia culturale e sociale” che questi possono trasmettere(7).
L’aspetto musicale è quindi solo uno dei livelli che strutturano le sue opere. L’artista crea ensemble di stimoli sonori e visivi, narrazioni multiple e stratificate. Compenetrazione, sintetismo e simultaneità – termini spesso associati ad alcune avanguardie storiche quali, ad esempio, il Futurismo – potrebbero essere, con le dovute cautele, le espressioni generali più efficaci nel caso in cui si cercasse di giungere a una sintesi descrittiva delle sue installazioni. La tendenza inclusiva che lega e condiziona tutte le parti di ogni sua singola installazione porta il visitatore, libero di camminare nell’ambiente caratterizzato dall’opera, ad un’esplorazione dell’insieme che può dirigersi dal particolare al generale senza interruzione o univocità di direzione.
Tutto questo lo ritroviamo anche nella sua opera al Camden Arts Centre: I saw square triangle sine(8).
La dinamica che rende l’installazione un gruppo organizzato di elementi trova un’interessante equivalenza in quella delle band musicali dove ogni componente ha un proprio ruolo che determina l’esito del brano. Inoltre al Camden Mirza ha inglobato nell’installazione un’opera di un altro artista, una dinamica già utilizzata anche in altre occasioni, basti pensare ad An_Infinato (2009), lavoro composto anche da parti di due video appartenenti a Memory Bucket (2003) di Jeremy Deller e Cycles #1 (1972-77) di Guy Sherwin. In questa mostra londinese l’artista ha utilizzato l’idea di un lavoro di Angus Fairhurst, Underdone/Overdone Paintings (1998), che prevedeva, in una stanza, la presenza di una batteria e di suoi dipinti. I visitatori potevano suonare lo strumento mentre osservavano le opere. Mirza ha posizionato su una parete dello spazio espositivo una selezione di quei dipinti integrando nella sua installazione anche una batteria. Si è così invitati a sperimentare le dinamiche relazionali dell’opera di Fairhurst arricchite, però, dal nuovo contesto acustico-visivo creato da Mirza.
Note
1. L. M. Young, in M. Nyman, La musica sperimentale, Shake Edizioni, Milano 2011, p. 107
2. M. Nyman, ivi, p. 36
3. J. Cage, in M. Nyman, ivi, p. 39
4. J. Cage, Silenzio, Shake Edizioni, Milano 2010, p. 51
5. H. Mirza, intervista con E. Neilson, "A Bulletin", 4, A Foundation, Liverpool, autunno 2009
6. M. Nyman, La musica sperimentale, cit., pp. 43-47
7. H. Mirza, intervista con E. Neilson, cit.
8. Le parole del titolo si riferiscono, tranne per I, a vari tipi di forme delle onde (waveforms) nella sintesi elettronica