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L'Urlo (2012) Anno 5 Numero 17 gennaio-marzo 2012



Alberto Biasi

Simona Clementoni

Parola d’ordine: interagire!



Trimestrale di Arte e Cultura


SOMMARIO N. 17

ALBERTO BIASI - Parola d’ordine: interagire!

di Simona Clementoni

COVER FACTORY - L’arte classica e contemporanea di Christopher Whorf
di Sandro Petrongolo

NEW YORK – “CATTELAN BAZAAR”
di Ilaria Bignotti

AOSTA - ANDY WARHOL: “Dall’apparenza alla trascendenza”
di Simona Clementoni

ANNA PAOLA PIZZOCARO – “Preghiere non risposte”
di Matteo Galbiati

MONICA MARIONI
È l’arte italiana oggi! CAPRE! CAPRE! CAPRE!
di Anna Caterina Bellati

SEHNAZ HANSLOT - L’Arte della Vita
di Simona Clementoni

L’“oggettualità” della pittura nell’opera di Walter Gadda
di Manuela Valleriani

CIRO PALUMBO E LA METAFISICA CIRCENSE
di Germana Riccioli

ANGELO ACCARDI - “Fuori luogo” alla Biennale di Venezia
di Simona Clementoni

MESSAGGIO PROMOZIONALE - All’asta “i migliori nani” della nostra vita
di Marco Di Martino

WINTER ON THE MOVE - Mostre, Eventi & Happening
di Elena Caslini

FORTI & GENTILI - Consigli per acquisti di giovani artisti
di Giorgio Barassi

THE LONDON DESIGN FESTIVAL
di Stefano Rubertelli

EMILIO VEDOVA - “… in continuum”
di Mariano Moroni

CRE-ATTIVI. Urla il tuo estro!
di Simona Clementoni

KUNSTART 12 - biennial art fair for emerging contemporary art
di Germana Riccioli

CARSTEN HÖLLER - “Enel Contemporanea Award 2011”
di Piera Scognamiglio

ARCHITETTURA - L’AQUILA: PALAZZO GAGLIARDI SARDI
di Antonio Posabella

NEWS DA URLO
di Alberto Vossio

BOOKS
di Livio Rapini

ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Eugenio Carmi
Simona Clementoni
n. 18 aprile-giugno 2012


Trama, 1959, cm 60 x 36 x 3

Rilievo ottico-dinamico, 1961, cm 70 x 70 x 10

Finestra arcobaleno (Light prisms), 1962 - 1965, cm 240 x 240

Stupore e meraviglia è ciò che si avverte di fronte alle opere del padovano Alberto Biasi, artista di fama internazionale e maestro indiscusso dell’Arte Cinetica e Programmata.
Avviato agli studi classici dal padre che lo avrebbe voluto agronomo, per una serie di circostanze fortuite, ma anche per naturale inclinazione, Biasi si iscrive poi al Liceo Artistico e successivamente al Corso Superiore di Disegno Industriale a Venezia, avendo già iniziato l’attività artistica che gli riserva subito soddisfazioni e riconoscimenti. Un premio assegnatogli da Virgilio Guidi sarà determinante nella sua decisiva svolta verso l’arte e la pittura. Fin da quei primi anni di studi, l’artista comincia a mettere in discussione le concezioni pittoriche tradizionali su questioni cruciali come la prospettiva e la visione bidimensionale, convinto che per iniziare a ripensare e re-immaginare la realtà esterna bisognasse procedere per “stratificazioni”. È il 1959/1961: un periodo estremamente fertile in cui Biasi comincia a “giocare” con le carte forate da cui deriveranno le famose TRAME e in cui collabora proficuamente con Piero Manzoni, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani e poi Dadamaino, come lui promotrice del movimento internazionale Nuove Tendenze. Negli stessi anni, con altri suoi colleghi della facoltà di Architettura, fonda a Padova il Gruppo N con cui, tra alterne vicende, lavorerà fino al 1966.

Studiando architettura, e per “affinità elettive”, l’artista recepisce l’influsso dei nomi più all’avanguardia del panorama artistico internazionale: dallo scultore e pittore venezuelano Jesús Rafael Soto, autore di opere incentrate sull’interazione tra spazio ed effetto ottico dipendente dalla posizione dell’osservatore, a Piet Mondrian a cui lo accumuna la predilezione per la geometria e l’equilibrio delle forme derivante dalla condivisa passione per De Stijl. Se il pittore tedesco Paul Klee e il futurista Giacomo Balla avevano anche loro nutrito la sua mente, fu però il Dadaismo a liberarla dagli standard estetici tradizionali. Così, nel 1960, dalle Trame Biasi passa alla realizzazione delle prime “dinamiche”, RILIEVI OTTICO-DINAMICI e TORSIONI, a cui seguono AMBIENTI e CINETISMI, POLITIPI e ASSEMBLAGGI. Lasciandosi totalmente prendere dal gusto della sperimentazione, l’artista seleziona forme, colori e spazi finalizzati alla produzione di opere innovative, assolutamente statiche dal punto di vista fisico, ma dinamiche, mutevoli e cangianti dal punto di vista ottico e visivo. Creazioni in movimento, dunque, ma movimento inteso non come fatto reale, bensì come percezione e costruzione mentale del fruitore, come virtualità delle immagini che modificano il proprio assetto strutturale – dilatandosi o comprimendosi, aggregandosi o disgregandosi – col variare del punto di osservazione: una continua metamorfosi per cui figure geometriche, come il triangolo, il cerchio o il rombo, inizialmente perfettamente regolari, si deformano e trasformano, rendendo ambigua la realtà percepita. Grazie all’acuta osservazione dell’ambiente circostante, agli studi sulla rifrazione luminosa, e avvalendosi anche dei mezzi espressivi offerti dal campo delle strutture geometriche, di complessi calcoli matematici, leggi fisiche e particolari tecniche costruttive, nonché dell’analisi degli schemi di aggregazione delle forme sotto il vaglio della psicologia della percezione, la ricerca di Biasi si complica enormemente per cui il dinamismo dei suoi lavori diviene sempre più sofisticato e spesso anche reale – come nel caso delle Fotoriflessioni – attraverso l’utilizzo di congegni meccanici o elettromotori. Tuttavia, nonostante venga normalmente ricondotto nell’ambito dell’Arte Cinetica e Programmata, Biasi da esse si differenzia in quanto la parte più consistente delle sue ricerche si manifesta in opere in cui il movimento non è né reale, come nella prima, né ripetitivo, come nella seconda, ma virtuale e casuale. È il caso dei suoi Light Prisms o della famosa Strutturazione fluida di Gianni Colombo che, pur essendo opere tipiche dell’Arte Programmata, presentano l’introduzione di elementi eccentrici nella sequenza delle immagini. Nei Light Prisms, infatti, alla scomposizione fissa della luce operata dal prisma in moto rotatorio attorno al proprio asse, si oppone la continua mutazione della velocità e del senso di rotazione delle “forme” che creano il movimento. Il risultato è una casualità di riflessioni che, tendendo a non ripetersi mai, diventano praticamente illimitate ed imprevedibili, creando nel buio fantasmagorici effetti memori del fascino ludico del Luna Park e della magia caleidoscopica dei primi esperimenti cinematografici.

Quelle di Biasi sono dunque opere e forme mutevoli che, inducendo una visibilità diversa da quella consueta che crediamo reale, generano una problematica legata alla corrispondenza tra realtà apparente ed effettiva. Com’è veramente l’universo? In continua evoluzione, come nel celeberrimo aforisma “panta rhei” attribuito ad Eraclito, oppure statico ed immutabile, come sosteneva Parmenide? Le creazioni di Alberto Biasi riassumono le due posizioni, in quanto percepite in continuo divenire, ma in realtà immobili ed inerti.
“Opere aperte”, come le definì Umberto Eco, esse necessitano della percezione di un fruitore in grado di coglierne le suggestioni e gli effetti ottici che altrimenti rimarrebbero solo linee e schemi. L’attivazione dell’immaginazione, l’accrescimento di una generale consapevolezza percettiva degli eventi visivi – espressi attraverso un vocabolario rigorosamente aniconico – sono le direzioni in cui si orienta l’estetica di questi lavori che sollecitano una presenza diretta ed attiva da parte dello spettatore, chiamato a stabilire con essi un rapporto di immediato coinvolgimento prima che di comprensione ed interpretazione. Come Ruota di bicicletta di Marcel Duchamp e Caveau di Man Ray, gli “oggetti dipinti” di Alberto Biasi non rappresentano, ma ipotizzano ed alludono, provocando, liberando e rendendo creativa la mente dell’osservatore. «Un quadro è l'arte di fare incontrare due linee, parallele per constatazione geometrica, su una tela, davanti ai nostri occhi, secondo la realtà di un mondo basato su altre condizioni e possibilità. Questo mondo non è specificato, né definito nell'opera, appartiene alle sue innumerevoli variazioni, allo spettatore». Così si legge nel “Manifesto del Dadaismo”, e dato che tutto ciò è perfettamente applicabile alle opere di Alberto Biasi, si può concludere affermando che davvero, per merito suo, «ciascuno si fa l'arte che gli pare». E anche questo è DADA!

Gruppo N e cicli artistici

GRUPPO N

Nel settembre 1959 Alberto Biasi fonda il Gruppo N, inizialmente denominato “ennea”, dal greco “εννεα” che significa “nove”. Nove sono infatti i partecipanti alle prime riunioni del collettivo in via Accademia a Padova. Inoltre “n”, la cifra matematica indefinita, lo caratterizza come gruppo aperto, mentre “a” sta per “architetti”, dato che i suoi membri sono tutti studenti presso al Facoltà di Architettura di Venezia. La loro prima uscita pubblica è in occasione della Biennale Giovanile di Cittadella in cui Alberto Biasi viene premiato da Virgilio Guidi per una sua “stratificazione”. Dopo solo tre mesi di attività, divergenze ideologiche interne al gruppo portano all’autoesclusione della maggior parte dei suoi componenti, e solo nel dicembre dell’anno successivo Biasi lo ricostituisce con il nome di “ENNE”. Avendo ottenuto in affitto per la simbolica cifra di una lira all’anno un’ex casa di appuntamenti, con l’oneroso compito di riabilitarla, il gruppo vi costituisce una sede comune che attrezza a studio-galleria, realizzandovi anche storiche mostre come quella “a porte chiuse” o “l’esposizione del pane”, esplicito dissenso verso il culto della personalità e il mito della creazione artistica. Quasi tutte le opere del Gruppo N, specie quelle realizzate tra il ’60 e il ’65, vengono ideate e progettate collettivamente, salvo poi essere materialmente eseguite da uno o più artisti designati per decisione assembleare. Ideologicamente omogeneo, nel settembre del 1961, il collettivo si dà anche un vero e proprio “Manifesto” che lo contraddistingue come gruppo di “disegnatori sperimentali” accomunati dall’esigenza di ricercare al di fuori di ogni tendenza “artistica”. Convinti che il Razionalismo e il Tachismo siano finiti, benché siano stati necessari, vedono nell’Informale e in ogni Espressionismo degli inutili soggettivismi. Riconoscono nelle nuove materie e nella macchina i mezzi espressivi della “nuova arte” in cui non possono esistere separazioni fra architettura, pittura, scultura e prodotto industriale. Negano le dimensioni spazio-temporali in cui l’uomo è deterministicamente vissuto fino ad allora e ricercano nell’indeterminatezza degli interfenomeni l’oggettività necessaria a concretizzare la nuova entità luce-spazio-tempo. Rifiutano inoltre ogni feticismo religioso, morale e politico. Il Gruppo incentra la sua attività su ricerche visive agganciate alla psicologia della percezione e finalizzate alla realizzazione di oggetti ed ambienti programmati in funzione cinetica, sia per il movimento meccanico, sia per la manipolabilità di parti dell’opera, sia soprattutto per la stimolazione visiva dell’osservatore, per il suo coinvolgimento nel farsi dell’immagine. I loro lavori, anche quando sono fisicamente statici, appaiono in mutazione, in deformazione, in continua metamorfosi, generando forme sempre diverse.

TRAME
La sperimentazione sulle Trame si sviluppa e si conclude tutta tra il 1959 e il 1960, parallelamente alle Stratificazioni. Se queste ultime sono per lo più dipinti a pastello con sovrapposizione di immagini ottenute sezionando figure e spazi, le Trame sono collages di carte di paglia forate, strati di garze di cotone e, meno frequentemente, reti d’acciaio per setacci e lamiere bucherellate. Avendo conseguito un diploma di esperto bigattiere, l’artista si trovò ad operare con quelle carte, impiegate per l’allevamento dei bachi da seta, che lo attrassero per i sorprendenti effetti luminosi ottenibili per sovrapposizione e rotazione dell’una sull’altra.

RILIEVI OTTICO-DINAMICI
I Rilievi ottico-dinamici costituiscono uno dei cicli più peculiari dell’artista, iniziato nel 1960, temporaneamente sospeso e più volte ripreso, sviluppato ed approfondito fino agli inizi del 2000. Studiando uno strumento ottico denominato “contafili”, ideato appunto per contare i fili della trama dei tessuti o dei setacci impiegati per la selezione dei tipi di farina in base alla finezza della grana, già nel 1961 Biasi perviene ai cosiddetti “effetti moiré”, ossia figure di interferenza generate da due o più griglie sovrapposte con diversa angolatura o anche parallele ma con maglie diversamente distanziate. In determinate condizioni di luce, e in virtù di certe inclinazioni o angolature, si verificano peculiari effetti di cangiantismo, sotto forma di motivi ondulati, increspati o circolari, originati dal modo in cui l’occhio umano percepisce linee rette e motivi in sequenza. Realizzati per sovrapposizione di strutture lamellari, i Rilievi si caratterizzano per una proliferazione di immagini praticamente illimitata: effetti di raggiera, marezzature scure con movimenti rettilinei, curvilinei o spiraliformi sono configurazioni inesistenti sul piano fisico, ma percepite come reali dall’occhio umano che diventa motore, creatore di forme e di immagini apparenti del mondo.

TORSIONI
Si definiscono sinteticamente Torsioni circa trecento “Dinamiche visive”, diverse per colore e forma, riconducibili ad un omaggio a Lucio Fontana. Si tratta infatti di tele interamente tagliate a lamelle e ricomposte per sovrapposizione e torsione. Ideate nei primi anni ’60, ai tempi della creatività collettiva del Gruppo N, le Torsioni, circolari, ovali, triangolari o romboidali, e tutte in rilievo, avvitano la luce e lo spazio, creando un gioco di mutevolezza plastica e percettiva per effetto della mobilità dell’occhio e dell’umana immaginazione visiva.

AMBIENTI E CINETISMI
Gli Ambienti nascono dal desiderio di uscire dalle piccole dimensioni dei Light Prisms, ingrandendoli fino ad occupare e coinvolgere gli spazi a livelli di vivibilità. Lo spazio-ambiente diventa penetrabile e percorribile, modificando il ruolo del fruitore che diventa attore e coautore dell’opera stessa, artefice della fantasmagorica scomposizione dei raggi luminosi, determinandone il mutamento di direzione e colore. Un “grande tuffo nell’arcobaleno” che modifica la normale percezione dello spazio e del tempo.

POLITIPI
I Politipi sono una continuazione delle Torsioni e dei Rilievi ottico-dinamici per il permanere di strutture lamellari in tensione che, voltate attorno a dei perni disposti secondo andamenti regolari, che possono essere curvi o lineari, consentono non solo la torsione, ma anche la deviazione delle sottili stringhe ritagliate dalla tela. Arricchiti successivamente da elementi geometrici in movimento reale, i Politipi si caratterizzano per uno spiccato cangiantismo coloristico e per la presenza di una nota decisamente alta di pittura astratta che, sebbene calcolata nei termini di congruenza agli andamenti delle variazioni ottiche, acquista un innegabile valore formale in sé.

ASSEMBLAGGI
I primi Assemblaggi risalgono alla fine del Novecento, ma l'esecuzione sistematica inizia nel 2000. Si tratta di due o tre tele piane strettamente unite, assemblate appunto, a una o due tavole, a formare dittici nel primo caso, trittici nel secondo. In queste opere Biasi mette insieme alcune sue tipiche ricerche sui contrasti tra staticità reale e movimento apparente, sul rapporto percettivo oggetto-soggetto. Chi le osserva articola le vedute ad occhio fermo con quelle ad occhio mobile, organizzando mentalmente apparenze e concretezze. Soggettivamente immagina avvenimenti o immobilità, cangiamenti o monotonie, movimenti frammisti a soste, salti o quiete, attribuendo tutto questo a figure e spazialità insite nel quadro, essendo frutto, al contrario, della sua relazione con l'opera. Felice sintesi delle ricerche precedenti, gli Assemblaggi, prevalentemente monocromatici, sono di impressionante effetto plastico e coloristico.