Juliet Anno 32 Numero 158 giugno-luglio 2012
Un Naturartista
Ansel Adams e prima ancora Edward Weston sono gli artisti fotografi che più hanno contribuito alla popolarità della fotografia naturalistica. Non a caso entrambi statunitensi, con una spiccata sensibilità nei confronti dell’ambiente, hanno reso popolare, dapprima negli States, poi ovunque, l’immagine del paesaggio naturale. Dicevo non a caso in quanto è proprio della cultura della prateria, dell’epopea della conquista del West, tenere in somma considerazione quel vastissimo e allora ancora poco deturpato territorio che ha costituito la Frontiera. Non che questo fatto abbia impedito sfruttamento e distruzioni varie, ma almeno ha creato nell’animo di tanti americani più sensibili un rispetto molto profondo per una natura prodiga di bellezze veramente uniche e dalle dimensioni spesso colossali.
Questa particolare sensibilità ha portato alla diffusione dell’idea di salvaguardia della natura attraverso l’istituzione dei parchi nazionali e alla grande popolarità della vita all’aria aperta, della quale la fotografia naturalistica è uno degli aspetti più esercitati. Da ciò ne consegue che non è affatto raro trovare nelle gallerie statunitensi molte immagini naturalistiche che, vista la predisposizione culturale, hanno sempre avuto un grande riscontro da parte del mercato.
In Europa la situazione è differente sotto vari aspetti: innanzitutto noi stiamo dimostrando un certo interesse nei confronti dell’ambiente solo da quando è diventato evidente il pericolo cui corre, e anche in questo caso si tratta di una sensibilità che non attraversa la società in maniera trasversale, ma è patrimonio di un’elite culturalmente più evoluta, spesso vista con una certa dose di sufficienza dall’establishment politico-economico. Recentemente abbiamo assistito a un moltiplicarsi di mostre fotografiche che raccolgono le denunce degli artisti sull’argomento ambientale e ciò è di buon auspicio se è vero che l’arte precorre il sentiment generale. Ricordo le recenti “7 x 8R – Arte & Decrescita” ed “Il Fuoco della Natura” a cura la prima del sottoscritto e la seconda di Marco Puntin e Jonathan Turner. Sempre più spesso i fotografi creano le loro opere inserendo elementi del mondo vegetale in particolare, ma anche il mondo minerale si trova spesso a essere protagonista di tante opere d’arte.
Una delle figure che con grande coerenza (e da tempi assolutamente insospettabili) rivolge il proprio sguardo alla natura è Mario Sillani Djerrahian, presente in entrambe le soprinindicate rassegne. Sin dagli inizi degli anni ‘70, singolarmente o assieme ad altri artisti, egli ha rivolto il suo sguardo attento al mondo naturale; la sua non è comunque mai stata una visione contemplativa, ma al contrario ha sempre cercato di mettere in discussione l’ovvio concentrando la propria attenzione sull’essenzialità della visione e della materia. Me ne parlò per la prima volta,in occasione di una delle mie tante visite milanesi, Giuliana Scimè che all’epoca, assieme a pochi altri (Lanfranco Colombo, Ando Gilardi, Paola Agosti, Roberta Valtorta) costituivano l’occhio critico della fotografia italiana. Anche le scienze naturali e fisiche, in particolare, sono state indagate da Mario Sillani attraverso le sue opere: vanno ricordati a questo proposito i lavori degli anni ‘80 della serie sulla posizione dell’orizzonte o sui mari di nebbia.
Più recentemente è la materia organica il soggetto preferito nel quale individua la principale componente della terra madre da cui tutto deriva e al quale tutto ritorna. Anche le rocce e la geologia in generale sono protagoniste delle sue speculazioni visive nelle quali cerca le analogie esistenti con altri aspetti della natura e del paesaggio in particolare. La percezione visiva è uno dei fenomeni che più lo hanno affascinato e che è divenuto uno dei principali protagonisti delle sue ricerche.
In questo momento di relativa attenzione nei confronti della natura, tra le innumerevoli proposte che ci giungono sull’argomento dal mondo dell’arte contemporanea, quelle di Mario Sillani Djerrahian sono sicuramente quelle più raccomandabili per la grande coerenza dell’autore, per la profonda analisi dalla quale sono state generate, per l’elevata qualità della proposta e dell’esecuzione; una sicurezza nell’ondivago mondo del contemporaneo che non verrà sicuramente tradita per altri approdi forse più consolatori.
ADRIANO PERINIsi occupa di fotografia dagli anni ‘60. È uno dei fondatori dell’associazione Photo-Imago, per conto della quale ha curato più di duecento mostre, in Italia, Austria, Slovenia e Ungheria.