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D’ARS Anno 54 Numero 217 primavera 2014



La regina del Pac

Laura Migliano

Estoy vıva, prıma antologıca ıtalıana dı Regına José Galındo



periodico di arti e culture contemporanee - fondato nel 1960


SOMMARIO N. 217

editoriale | cristina trivellin

la regina del pac - estoy viva, prima antologica italiana di regina josé galindo | laura migliano

micol assaël - iliokatakiniomumastilopsarodimakopiotita | stefano ferrari

il piedistallo vuoto - fantasmi dall’est europa | alessandro azzoni

in principio… è luciano fabro | lorella giudici

arte e istituzioni a roma, anni settanta e oggi | lorenzo taiuti

transmediale: the afterglow | clara carpanini

generation z: renoise | martina coletti

aya tarek quando la street art è donna | claudia galal

the wolf of wall street e nebraska: due follie? | giordano bernacchini

artisti visivi per il teatro - l’immaginario di cosmesi fra spazio, media e catastrofi | clara carpanini

déjà-vu parte III | eleonora roaro

selfie e il dire se stessi | loretta borrelli

quale realtà dietro allo schermo? | simonetta fadda

the neverending story… istruzioni per continuare a credere | viola lilith russi

focus on... vogue: donna e stile nell'arte dell'illustrazione
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Quin puede borrar huellas, 2003Città del Guatemala, Guatemala
Foto di José Osorio / Víctor Pérez
Courtesy dell'Artista e PrometeoGallery

Piedra, 2013San Paolo, Brasile
Foto di Julio Pantoja / Marlene Ramirez-Cancio
Commissionato e prodotto da Octavo Encuentro Hemisférico del Centro de Estudios de Arte y Política.
Courtesy dell'Artista e PrometeoGallery

Alud, 2011Salonicco Performance Festival
III Biennale d'Arte Contemporanea di Salonicco, Grecia
Courtesy dell'Artista e PrometeoGallery

Dal 25 marzo all’8 giugno è visitabile al PAC la prima antologica italiana dell’artista latinoamericana Regina José Galindo, Leone d’Oro alla 51. Biennale di Venezia come migliore artista giovane. Promossa dal Comune di Milano Cultura, l’iniziativa è parte di MiArt 2014, Fiera Internazionale d’arte moderna e contemporanea (28/30 marzo Rho Fiera Milano).
La mostra, dal titolo Estoy Viva, rappresenta una sintesi nutrita delle opere recenti dell’artista accompagnate a una ricca selezione dei suoi lavori più emblematici, dalle origini ad oggi, tra cui Quien puede borrar las huellas? (2003), premiato alla 51. Biennale di Venezia, Todos estamos muriendo (2000), esposto per la prima volta in quest’occasione, Himenoplastia (2004), Mientras, ellos siguen libres (2007), Caparazon (2010), Alud (2011), Piel de Gallina (2012), Descension (2013) e molti altri ancora.

Regina José Galindo attirò su di sé l’attenzione del mondo artistico e non solo quando nel 2003 lasciò le sue impronte sporche di sangue camminando davanti al Palazzo del Governo, nella sua città d’origine, Città del Guatemala. Da quel gesto di denuncia contro i soprusi e i maltrattamenti subiti dal suo popolo, le sue performance artistiche hanno saputo interrogare in modo veemente, attraverso gesti forti e spesso autolesionisti, le contraddizioni sociali e gli abusi di potere a scapito delle popolazioni più indigenti.
La mostra, a cura di Diego Sileo ed Eugenio Viola, vuole essere non solo una testimonianza del copioso panorama artistico della Galindo, ma anche un omaggio al rilievo politico delle sue azioni. Tali azioni di denuncia non si limitano infatti al solo microcosmo del Guatemala, cornice geografica di un conflitto inesauribile: sono azioni performative che attraverso la metafora artistica riescono a fare breccia in ogni latitudine sociale, laddove il potere si insinua e applica le sue leggi avverse e riprovevoli.
Indagando la propria paura, la propria angoscia, i propri limiti fisici, l’artista adopera il proprio corpo come fosse il palcoscenico eletto della sua indagine artistica.
Attraverso forme di opposizione attiva, improntate sulla sopportazione fisica, l’artista appaia il corpo soggettivo e il corpo collettivo, la resistenza dell’uno e la lotta dell’altro, muovendosi in un orizzonte di senso che fonda le proprie origini in quella dicotomia foucaultiana tra soggetto e soggettività: il termine soggetto è considerato viscoso, ambiguo, poiché da un lato sopravvaluta l’individualità, dall’altro trascina l’attivo nel passivo, nel “soggetto a”, nell’abulico. La soggettività, al contrario, è sostantivata, concretizzata nell’idea di operosità, alacre e infaticabile nella sperimentazione e nel rapporto di novità che intrattiene con la psiche e con il corpo. È l’antica idea greca dell’autorappresentazione, attraverso la quale la soggettività istituisce in modo attivo il proprio rapporto col mondo.
In quest’ottica è appropriato parlare di estetica dell’esistenza, intendendo con quest’espressione l’esigenza di fare dell’esistenza il campo d’azione della propria elaborazione, nonché il piano di resistenza politica alle forme di potere che ci attraversano.

Regina José Galindo è esattamente in linea con questo tipo di esistenzialismo artistico, riuscendo in modo sorprendente a fare della propria esistenza un’opera d’arte, non considerando quest’ultima in termini di capolavoro o oggetto estetico modellato, bensì come materia della propria sperimentazione e lotta.
Al contrario della Body Art, che fa del corpo il protagonista assoluto, nella quale imperava la volontà di scuotere le abituali convinzioni sull’arte, le performance della Galindo non vogliono solo esprimere un’intenzione metalinguistica, ma trasformano la performance artistica in un atto di protesta sociale e politico.
Appare chiaro quanto la questione coinvolga non soltanto gli ambiti più strettamente riconducibili alle trasformazioni estetiche o linguistiche, quanto piuttosto tutta una serie di problematiche legate agli orizzonti filosofici, antropologici, sociali e politici, che investono la questione del corpo da tutte le angolazioni: il fatto stesso che il dato di partenza sia cambiato, e cioè che gran parte della realtà sia collassata nell’immateriale, fa sì che le conclusioni storicizzate che valevano soltanto fino qualche decade fa - circa lo statuto del corpo e la sua posizione nel mondo - non hanno più quella valenza critica e normalizzata che le rendeva assodate.
Assumere oggi il proprio corpo nudo e/o al limite della sopportazione per farne strumento di denuncia, vuol dire soprattutto sgomitare e lottare per ridare materialità significativa alla carne, intesa come volume corporeo agente nel mondo.

È per questo che le performance di Regina José Galindo non hanno molto a che vedere con i rituali blasfemi di Michel Journiac, con le provocazioni erotiche di Vito Acconci o con le esperienze estreme di Chris Burden. È vero anche che le performances di artiste come Gina Pane o Shigeko Kobota, o la stessa Abramovic, proponevano una violenza a fini militanti, soprattutto per abbracciare la causa femminista e omosessuale.
Lo scarto della Galindo, intenzionale in quanto conscia del rischio omologativo con chi l’ha preceduta, sta soprattutto nell’abbandono degli spazi museali, al fine di mischiare sé stessa nel corpo sociale.
Per certi versi, l’artista guatemalteca è vicina a Valie Export: proprio nella volontà affine di liberarsi dal perimetro museale e mischiarsi alla vita quotidiana. Nonostante ciò, l’omaggio alla Galindo non poteva che essere in uno spazio espositivo predisposto a un compendio antologico capace di restituire il carattere eterogeneo e peculiare del suo lavoro, esposto in forma di video, fotografie, sculture e disegni. Su richiesta del PAC inoltre, l’artista presenterà una performance inedita pensata appositamente per gli spazi del Padiglione