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CTRL Anno 6 Numero 53 settembre -ottobre 2014



CONTRO

Sean Blazer e Nicola Fenino

Contro Passato - Contro Futuro





SOMMARIO N. 53

4 CONTROPASSATO

6 CONTROFUTURO

10 VERSUS

12 INTERVISTA AD A. BERGONZONI

10 CONTRODESIGNER

29 IN GITA COL BIDELLO ALLE POSTE

30 LA MADONNA CONTROCORRENTE

32 INTREVISTA A G. D'ANNUNZIO

36 WUNDERKAMMER

39 SADOMASO

40 ANAL

42 SINDROME DI RETRAZIONE GENITALE

44 LA MATERIA CHE PREFERISCO

46 LA PAGELLA DELLA MESSA

48 CINEMA :BELLUSCONE

51 JT AGENTE ANTI CALCIO

52 SAPORISMI NO VEGAN

54 THE BLUE FINGER/DOPPIA K

57 LAST 5 TRACKS:KETTY PASSA

59 C.G.C.D. (&s.)

60 BERGAMO SCIENZA 2014

77 SPORT A SPORT

79 TAZZE DI TEATRO

80 CONTROROSCOPO
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Zingonia è il futuro
Nina Foggia
n. 56 febbraio-marzo 2015

Non parlarmi d'amore
Nicola Fenino
n. 54 novembre-dicembre 2014


foto di Alessandra Beltrame

foto di Alessandra Beltrame

foto di Alessandra Beltrame

CONTROPASSATO
Sean Blazer

Ok ragazzi, gettiamo la maschera, chi vi scrive è il vecio rimba della redazione e quello che vi dirò vi suonerà pessimo. Voi magari vi sentite delle mezze merdine perchè la famiglia vi mantiene, vi fa l’elemosina, vi compatisce: ma la verità è che i vostri padri, le madri, con i nonni, le nonne, gli zii e le zie vi stanno fottendo alla grande (e sfottendo) da almeno vent’anni, da quando siete venuti al mondo.
Vi racconto com’è andata veramente. Quando loro avevano la vostra età, c’era il boom economico, cioè il contrario esatto della crisi: vuol dire che qualsiasi cazzone (q.ca), aprendo una qualsiasi attività, in pochi anni faceva una palata di soldi; vuol dire che q.ca volesse fare il libero professionista, andava all’università gratis, si laureava col sei politico senza aprire un libro, avviava lo studio coi soldi dello stato e in pochi anni faceva una palata di soldi. Vuol dire che q.ca privo di iniziativa trovava 3000 posti di lavoro in fabbrica, in banca, in ferrovia, in posta, in comune, in regione, con 3000 stipendi l’anno e mesate di malattia, permessi, vacanze premio e premi di produzione più la casa nuova in affitto quasi gratis e la casa di vacanze al mare o in montagna pagate dall’azienda o dall’ente statale. Vuol dire che q.ca universitario il giorno dopo la laurea era di ruolo nelle scuole, negli ospedali, nella pubblica amministrazione, con tutti gli scatti, avanzamenti, assegni familiari, sussidi, promozioni automatiche. Vuol dire che a 35 anni, volendo, q.ca andava già in pensione, le famose pensioni baby, dopo aver lavorato in pratica 5 anni (+ 5 anni di università/assemblea + 5 anni di maternità o malattia professionale o ferie d’aggiornamento).
Voi invece a 35 anni state ancora facendo stage gratis, e se cercate di fare un’attività da morti di fame in proprio siete assaliti dall’asl o dall’inps o da tutte e due che a prescindere vi chiedono subito 3 o 5 o 7mila euro l’anno (per pagare le pensioni a genitori, nonni, zie, invalidi, cioè a tutta la famiglia, che poi vi fa l’elemosina)
Non parliamo della classe creativa, della bufala grassa di nome made in italy, moda e design, advertising e mass media: qui vi stanno stra-fottendo! La verità è che voi avete studiato, fatto esperienza, gavetta, e siete davvero dei creativi, ma siete dannati a essere dei poveri falliti, mentre loro, i q.ca 68ottini sono ingrassati sentendosi dei geni.
Naturalmente questo quadro è ipebolico e generalizzante: accanto ai q.ca in ogni settore abbiamo tantissimi b.ti – bravi tipi – che nelle scuole, aziende o in proprio hanno dato tanto e tenuto in piedi il paese, mentre i q.ca ingrassavano e dissipavano.
Ma la grande verità è che un’intera generazione di q.ca ha fatto un po’ di casino per alcuni anni, dal 68 al 78, facendo collettivi, assemblee, occupazioni, espropri proletari, manifestazioni, e poi anche tirando le bombe, in ogni senso: viene da lì il boom economico, dal cambiare tutto, con le buone o le cattive. E a un certo punto le aziende, o lo stato hanno cominciato a comprare, cooptare, finanziare questi q.ca perchè creassero le loro aziende creative e ad assumere questi q.ca nei giornali e nelle televisioni e nelle case editrici o in qualche ente inutile dedito alla cultura o al turismo.
Quando siete nati voi, negli anni ottanta e novanta, crollato il comunismo, è finita la dinamica sociale, e i q.ca della boom generation si sono compattati, omogeneizzati, destra e sinistra si sono unite per fottere insieme le nuove generazioni.
Vi accusano di non avere identità. Vi chiamano x e y generation. Ricevete solo critiche, non vi fanno fare niente, non mollano niente, non cambia niente: e questa è l’origine e la statica della crisi.
Si sono presi il migliore dei mondi possibili, e se lo sono mangiato. Adesso vi lasciano un mondo invivibile. E vi accusano di non essere capaci di stare al mondo.
Oggi gli ex 68ottini non hanno alcuna intenzione di farsi da parte – come hanno fatto i loro veci! - ma avvinghiati alla cassa e alle poltrone hanno in testa una sola cosa: tenere da parte i soldi per trapianti e staminali, per ringiovanire! Cioè per rubarvi ruolo, posto e futuro.

CONTROFUTURO
Nicola Fenino

I nostri nonni – classe ’20 – erano animali allo stato brado. Affamati dalla guerra e agguerriti dall’inizio della pace, abituati alla morte, tiravano il collo alle galline poi le bollivano e le mangiavano, democratici solo il giorno delle elezioni (se c’erano). Ci fanno pena perché hanno perso i denti e la memoria: se fossero lucidi, faremmo pena noi a loro. Fascisti poi antifascisti, quasi tutti poco consapevoli e ignorantoni, più rassegnati o violenti di noi, o tutte e due le cose insieme.
Per amore del loro fervore postbellico hanno fatto il boom economico e tanti figli, che sono quelli che hanno giocato a fare il ’68.
Si sono ribellati (sia chiaro, qualcosa di buono l’hanno fatto) ai loro padri, poi hanno iniziato a giocare a indiani vs cow...comunisti vs fascisti, e alla fine del gioco (dopo qualche morto) gli è venuta fame e si sono divisi la torta del boom dei padri e hanno magnato e hanno inventato i supermercati e magnato sempre più - seduti su sedie dal design less is more - polli in confezioni di plastica senza tirargli il collo direttamente, che tirare il collo è una cosa inumana.
Qualcuno ci aveva creduto davvero, ed è finito sotto anti-depressivi o a fare il cantautore.

Generalizzando con poco rispetto, io ventisettenne mi volto e vedo quello spettacolo così: i nostri padri hanno vinto sui nostri nonni che si erano ritirati strategicamente. Risultato: soldi, tutele e tutto quello che vi raccontava Sean Blazer nelle pagine prima. Quelli del ’68 si sono ribellati agli animali allo stato brado per diventare animali stanziali: le merci sì che hanno iniziato a muoversi, e anche i mezzi di trasporto, con uomini fermi a bordo.
E nel frattempo il dio dei nostri nonni guardava i nostri padri dall’alto dei cieli attraverso il buco dell’ozono. (Inciso non ecologista, perché sono anche contro l’ecologismo: tutto ciò che è –ismo implica divisioni e il pianeta è uno e indivisibile).

Comunque – saltando la generazione incastrata tra i primi cellulari, le parolacce degli 883 e l’assassinio di Versace nel 1997 – arriviamo a noi. Quelli dai 20 ai 30. Animali più stanziali dei nostri padri, con un mondo fuori che gira più veloce. A causa del sovraffollamento delle gabbie dorate in cui ci siamo accoccolati accanto ai genitori ci ritroviamo sottonutriti. E con la prospettiva di pochissimo cibo (= futuro). Quindi colpa loro? No. Io sono contro Sean Blazer, compagno di redazione e di birre. Colpa nostra che non ci ribelliamo. E fin qui sembra il solito discorso che ti recita l’ex-sessantottino-ora-magnone.
La nostra colpa è che ci ribelliamo a modo loro. E siamo anche meno credibili.
Esperimento: prendiamo le foto del G8 di Genova; viriamole in un bianco e nero un po’ anni ’70. Sembrano gli anni ’70. Con tanto di Che Guevara e falci e martelli.
Altro inciso: il movimento sì-global di maggior successo, dopo cristianesimo e capitalismo, è diventato no-global; parlate con Lenin di tutela delle diversità (poi parlatene coi cechi, slovacchi, ungheresi, ecc.)...
La battaglia era giusta, tutto il resto sbagliato. E l’unico risultato ottenuto è la marginalizzazione; così la globalizzazione, che è questione di carattere generale è diventata terreno di scontro e gioco delle parti. Un’altra volta. E quella lotta ha dato un effetto mosso all’immobilismo, prolungandolo.
Un inciso, forse l’ultimo: la libertà non esiste. E se proprio vogliamo farla esistere chiamiamola partecipazione (o amore). Ma non confondiamo, ancora per imitazione dei padri, la partecipazione con la politica, che è partecipazione ad una parte contro il tutto (senza contare le confusioni di una parte col tutto, e va bè).
Potrei andare avanti: parlare di forum on-line e di ciclostilati clandestini, dimostrare che non c’è molta differenza tra una sommossa di coscienze on-line e una protesta di piazza a cui partecipava qualche migliaio di persone in città di qualche milione di abitanti, e ci divertiremmo e discuteremmo tanto e a qualcuno piacerebbe tanto e a qualcun altro verrebbe tanta voglia di prendere a calci la carta come fosse il mio culo.
Ma mi fermo perché credo che mi si possa accusare soprattutto di una cosa, con piena ragione: tutta ‘sta slavina di inchiostro e livore, per dirmi che siamo nella merda (soprattutto) per colpa nostra? Ammettiamo che tu abbia ragione: cosa proponi?
Ecco io propongo questo; una cosa mai vista: scendiamo in piazza contro noi stessi. In tanti, ognuno contro sé stesso. Con cartelli e striscioni. “Sono stato assunto come stagista a fare fotocopie trattato male. Ora ho 30 anni ho uno stagista lo tratto male e gli faccio fare le fotocopie”. “Amo gli animali. Odio gli uomini che la pensano diversamente da me”. “Me ne fotto del pianeta perché quando sarà troppo inquinato sarò già morto”. “Scrivo e non faccio un cazzo di concreto”. Poi se serve manganelliamoci da soli. Se proprio ci sentiamo imperdonabili e crediamo che ci sia solo una soluzione violenta nei nostri confronti, che sia il male minore per il bene superiore della comunità, sequestriamoci per un po’ e se ci giudichiamo ancora colpevoli spariamoci per il bene comune. Magari finisce che, lì, in piazza, dopo un po’, qualcuno inizia ad abbracciarsi (anche nonni e genitori), e a rimboccarsi le maniche.
Davvero l’ultima nota: a New York, qualche giorno fa è iniziato il summit sui cambiamenti climatici: hanno deciso che avrebbero deciso qualcosa a Parigi nel dicembre del 2015.