Espoarte Anno 15 Numero 86 ottobre-dicembre 2014
La misura etica dell’arte
In un’assolata giornata settembrina, spalancate le porte della sua Cittadellarte a Biella, dopo una visita agli spazi di questo incantevole ex-opificio, dove la suggestiva archeologia industriale è stata convertita a fucina creativa (ci si occupa di arte, moda, architettura, comunicazione, design, alimentazione, socialità etica…), incontriamo nel salotto della sua casa – che si fonde con gli spazi della Fondazione – Michelangelo Pistoletto, che ci ospita per una lunga e amichevole conversazione, di cui qui riportiamo un breve e significativo estratto.
Matteo Galbiati: com'è iniziata la sua ricerca ?
Michelangelo Pistoletto: Già i miei primi lavori puntualizzavano l’interesse per l’identità e, come hai visto in Fondazione, il primo passo è stato naturalmente l’autoritratto. Fin dall’antichità, necessitava dello specchio per essere eseguito, l’artista si vedeva da fuori, così io: guardando me stesso, ho scrutato anche ciò che mi circondava. Dopo il fondo nero e argento con proprietà specchianti, fatte diverse sperimentazioni, ho introdotto lo specchio nell’opera. Mai prima era stato fatto in questa misura.
Cosa rappresenta lo specchio?
È una ricerca sul singolo attraverso la trasformazione, fluida e incessante, del fondo. Lo specchio rende chiunque parte di quel ritratto. Si lega alla componente temporale: da una parte è variabile del suo stesso fluire nei passaggi incessanti sulla sua superficie; dall’altra è immagine fissa, documento di un tempo congelato in un istante immoto. Guardo alla ciclicità, dinamica, non statica, del passato e del presente. Nello specchio raggiungo una concordanza di tutti gli opposti possibili, tra caos e ordine: le mie opere portano un flusso continuo di esperienze che, presenti, spariscono per ritornare ancora. Lo specchio guarda al ciclo universale dell’estrema alternanza di vita e morte.
Alla Biennale di qualceh anno fa lo ha rotto: è il superamento o la fine di un ciclo?
Ho compiuto lo scatto di un momento che rimane documentato. Ho reso manifesto un piano nero e, come una fotografia, diviene forma che permane fissa a documentare il gesto. La rottura significa accettare l’immaterialità dell’immagine e la fisicità dello specchio.
I suoi frammenti sono corpi riflettenti; testimonianze di un’entità maggiore, pensano e parlano. Come la società, grande specchio di una qualità specifica, si compone di uomini, suoi universi minori che ne riverberano la stessa qualità in modo differente.
Cosa ci rimane dell'arte povera?
Voglio prolungarne la stagione trasformandola in un’era! Nel ‘67 aprivo il mio studio con un manifesto che era il fenomeno operativo dell’Arte Povera; riunivo i giovani che, come me, cercavano un dialogo e un’operatività comuni e condivisi. Volevamo superare il momento dell’Avanguardia concentrata sul sé e aprire nuove visioni. Parte di un insieme più grande, cercavamo di restituire un’energia speciale al mondo: quella primaria, che sta dentro le cose. L’Arte Povera ha insistito sul concetto di nuova energia per il mondo come oggetto e come sperimentazione.
Che ruolo ha l’arte nel contesto sociale di oggi?
L’arte è stata sempre al servizio del potere, espressione di un’intellettualità al servizio del Palazzo, quel che restava fuori era artigianato e folklore. L’arte contemporanea è stata l’avanguardia del sé, un sé assolutizzato, che abbiamo visto in tutti gli ismi del XX secolo. Il problema oggi è quello delle religioni: bisogna parlare dell’uomo, di noi, tema per il quale ho coniato il termine di Omniteismo. Senza portare a una rottura, cerco una trasformazione, senza ripartire da zero ma, come diceva Troisi, da tre. Bisogna cambiare quel fenomeno che si chiama religione, per il quale io, come sostituto, uso comprensione.
Cosa intende per comprensione?
Comprendere e capire, non credere e basta. Credere è fissare un punto, pensare (comprendere) è fissare punti diversi. Mi fu chiesto al Festival delle Religioni di Torino se credessi, risposi di non credere, ma di pensare. Mi piace avere punti mobili. Vediamo quanto sia deleterio il fenomeno religione se connesso alle istanze politiche. Per questo parlo di omniteismo invece di monoteismo, e demopraxia come sistema del popolo e non di democrazia che è sistema di potere.
Cosa rappresenta il terzo paradiso?
Passato e futuro, nell’attraversamento del presente: i cerchi sono emblema della circolarità infinita che si fa incognita, dentro alla quale ho tagliato uno spazio di finito. Il terzo cerchio che è il finito tra l’infinito, segna il perdurare di questo rapporto, parla della durabilità della vita. Stiamo nel terzo cerchio consci di essere circondati dall’infinito. Due percorsi – uno prima e l’altro dopo la vita – che nel centro s’intrecciano. L’universo non è una linea, ma una circolarità: è il mio segno scientifico. Si deve mettere a punto l’essere umano, contraddetto dai sistemi che abbiamo portato avanti fino ad ora. Dobbiamo attraversare un nuovo ponte e l’arte deve aiutare l’umanità a farlo. È un simbolo del noi, ognuno lo può utilizzare individualmente, uno lo interpreta come vuole (ad Assisi è diventato un percorso che si ritualizza come cammino). Lo rielaboro sempre diversamente, perché si rigeneri nella rilettura di ognuno.
Nel terzo paradiso è presente il senso di infinito?
Certo, vita e morte sono costanti in un presente che diventa infinito, o mai finito, al centro di passato e futuro. Ognuno diventa l’altro senza averne percezione. Esistono, fluiscono in un presente che si fa eterno: io creo un passaggio che lascia una memoria, una presenza fenomenologica che nutre il pensiero. Niente rappresenta i miei umori: non do nulla di mio, ma è l’opera a darmi (e darci) tutto. Preferisco non pensare come io ma come noi. Non mi riguarda perché ci riguarda, non è soggettiva ma oggettiva. La mia ricerca recente è l’avanguardia migliore del noi. Guardando me ho scoperto gli altri, parto da due, non da uno. Con lo specchio trasformo la soggettività in oggettività pura.
Dalla /i>Venere degli stracci all'intervento di Eleusina: ci definisce il suo rapporto col passato?
Guardo sempre all’origine. L’impronta di mano lasciata sulla caverna è stato il primo pensiero consapevole dell’uomo, una forma di parola, di comunicazione, di comprensione. È già stata uno specchio, non posso non pensarci. L’arte è lo specchio di un universo mentale, deve dare immagini che parlano. Inizia prima di tutto, è la grande iniziazione. Si deve partire dall’arte e dalla cultura del pensiero per cambiare il mondo, consapevoli di dover concordare l’intelligenza umana con quella della natura.
A-D Eleusina, luogo davvero magico e particolare, nel progetto curato da Manuela Gandini ha vissuto lo scontro tra un passato mitico e la violenza della modernità ...
È stata un’esperienza ricchissima e significativa. Mary Zygouri – giovane artista interprete della performance con la Venere degli stracci – ha reso la mia opera portatrice di un nuovo messaggio: ricostruendo una nuova processione, memoria degli antichi Misteri Eleusini, ha rimandato alla necessità del rito, che è costituzionale nei rapporti umani. Mi è piaciuto partecipare al corteo rituale, un teatro in movimento dove un noi ritrova la sua dimensione quotidiana e la racconta.
Io ho lavorato nella fabbrica dove la passata produttività esprime una realtà precisa e pre-esistente. Dove l’edificio contemporaneo deturpa il paesaggio antico, ho voluto de-cementificare, ho spaccato il cemento incidendovi il Terzo Paradiso.
Lei ha sempre favorito relazioni, incontri, scambi unendo, da vero intellettuale, esperienze differenti. Cosa significa per lei questa apertura?
Non ho un egoismo economico, l’economia è un mezzo di scambio. L’obiettivo è la gratuità del risultato. L’esempio resta la natura: non specula, noi uomini sì. Scambiare per me è facile, sono fortunato: una certa sicurezza mi permette di condividere e, tenuto quel che mi basta, il resto lo impiego per facilitare la gratuità.
Nel 1994 nasce Progetto Arte, poi Città dell'Arte Fondzione Pistoletto esempio di una nuova socialità...
È stata una conseguenza. L’arte per me deve riunire tutti i settori della vita sociale. Quando acquistai questo ex-opificio, si ripensava all’abilità della mano, all’artigianato, alla meraviglia del lavoro e io volevo proprio sostenere la creatività individuale, mettere insieme aspetti diversi del fare e del produrre.
Dopo Progetto Arte, uscito dalle istituzioni, ne ho creata una che ponesse al centro di un moto propulsivo, che mira a mutare la società in ogni suo settore, l’arte e solo questa. Non me.
Ogni prodotto deve assumere una responsabilità sociale mettendo in atto una geografia del cambiamento. Non siamo soli a far questo, abbiamo creato una rete in campi allargati. Operiamo con procedimenti etici con molti partner. Io, da artista, combino etica ed estetica: il terzo elemento nasce da qui. Non sono autoreferente, ma polireferente, socialreferente.
In merito a questo cosa dice ai giovani artisti?
Dico sempre di non pensare a uno ma a due. Oggi si pensa solo ad un sistema consumistico.
Sul territorio ha una collaborazione stretta con la Fondazione Zegna, quali sono ivostri comuni percorsi?
Lavoriamo in grande sintonia. Abbiamo già prodotto il progetto Visible – otto critici hanno presentato artisti impegnati a lavorare nella sfera sociale – tradotto in una pubblicazione che ha sviluppato in modo teorico i progetti presentati. Oggi è diventato un premio che, annualmente, sostiene e realizza la proposta selezionata: la prima edizione ha premiato Helena Producciones, un collettivo sudamericano che opera a Cali (Colombia) e la Silent University di Ahmet Ögüt.
Qauli progetti e desideri l'attendono?
Tantissimi, tra quelli cui tengo maggiormente è il Terzo Paradiso che porterò a Cuba a L’Avana. Voglio creare anche lì un’ambasciata, un avamposto del Terzo Paradiso.
Michelangelo Pistoletto è nato a Biella nel 1933. Vive e lavora a Biella.
Eventi in corso:
Michelangelo Pistoletto
ottobre 2014
Galleria Christian Andersen, Copenhagen (Danimarca)
Michelangelo Pistoletto
novembre 2014
Beirut Exhibition Center, Beirut (Libano)
Terzo Paradiso
novembre 2014
Belo Horizonte (Brasile)
Performance Seventeen less one
dicembre 2014
MoMA, New York (U.S.A.)