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Virus (1994 - 1998) Anno Numero 14 ott-nov 98



PEDRO ALMODOVAR

Fausto Puglisi



Mutation
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Foto di Fabio Lo Re

L'omosessualità, la bisessualità, la trisessualità, la religione, il mito transgender, il sangue e il pathos. Tutto intriso di una latinità tremendamente barocca. Incontro con il più geniale dei registi spagnoli.

La prima volta che ho visto un film di Pedro Almodovar vivevo ancora a Messina. Avevo quindici anni e studiavo con curiosità i miei primi approcci alla leggerezza del sesso e della promiscuità. D'estate, in fiera, bagnato dallo Stretto, un maxi schermo proiettava le inquietudini ribelli di certo cinema indipendente. Ero intrigato dalle immagini proibite di Brian de Palma, Pasolini, di un certo Pedro Almodovar che disgustava il pubblico borghese spagnolo con un mix mozzafiato di cattolicesimo esasperato e carnalità tutta barocca. I film che venivano proiettati mi incuriosivano per il semplice fatto che la giunta comunale di allora scagliò una censura tutta borghese su quello schermo affacciato sullo Stretto. Quella sera di luglio i primi due film proiettati, erano "Pepi Lucy Bom..." e "L'indiscreto fascino del peccato ". Due mixmatches di religione, droga e libido talmente lontane dagli schemi tradizionali del cinema per famiglie che la sala, soffocata da un'umidità tutta siciliana, si svuotò nel giro di pochi minuti.

Già le prime scene di "Pepi Lucy Bom..." toccarono la corda dell' "indecenza". Così restammo in pochi. Tutto era favoloso, coinvolgente ed eccitante!

Capivo come questo Almodovar fosse riuscito a provocare la prima esplosione della mia vita. Veramente poderoso. Con quei suoi due capolavori mostrava di avere compreso tutti i meccanismi dell'essere umano, razionali e d inconsci insieme, al punto da rappresentare la tragedia umana con una leggerezza tipica di certa musica rock. Quella di Almodovar era verità allo stato puro.

Da quel momento Almodovar iniziò a rappresentare una strada verso la mia liberazione: dalla provincia, dalla casa, dai compagni di classe, da tutto!

C'era dell'arte in tutto ciò. Nella scelta dei colori, vivaci, pieni di sessualità. Nelle musiche, nella sceneggiatura scorticata viva da un pathos tutto spagnolo. Per non parlare degli attori! Avete visto Rossy de Palma ne "La legge del desiderio "? la sua bruttezza diventava sublime, persino blasfema! Così, guardai tutti i film di Pedro. Con l'arte del Super 8 riusciva a confezionare 'in casa' messaggi del tutto spontanei. La guerra al franchismo, la lotta all'imborghesimento dilagante, il cattolicesimo esasperato dalla corsa a una redenzione cui accedere a colpi di marijuana. Pedro riusciva a sconfinare oltre i limiti di una provocatoria teatralità. Quella, per i primi anni '80, era vera avanguardia. Dopo Pasolini, Almodovar! Passavo le notti guardando i suoi film in videocassetta. Se i miei coetanei si trastullavano il pene a colpi di Cicciolina, io riuscivo a innamorarmi di un Banderas bambino ne "La legge del desiderio" o di una Victoria Abril super eccitata in "Lègami". Lo stile di Pedro, film dopo film, si faceva inconfondibile.

L'omosessualità, la bisessualità, la trisessualità, la religione, sessualità animale e piacere dei sensi, il mito transgender, il sangue e il pathos. Tutto intriso di una latinità tremendamente barocca. L'idea più geniale, in tutti i suoi film, è la voglia esibita e ribadita di dissacrare tutto e il contrario di tutto.