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Virus (1994 - 1998) Anno Numero 14 ott-nov '98



Movimento lento

di Renata Molho



Mutation
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Issey Miyake - courtesy Franca Soncini

J. P. Gaultier - photo by M. Severini

Costume National

Bravo ragazzo o gay...ultime da Milano, per l'uomo Primavera/Estate '99.

Movimenti lenti, quasi impercettibili nella moda. Si sa che il costume maschile non è mai realmente cambiato negli ultimi cento anni. Piccole variazioni, dettagli. I materiali determinano prestazioni sempre più sofisticate, ma sostanzialmente la giacca, la camicia, i pantaloni, il gilet e la cravatta rimangono esattamente quello che sappiamo. Le silhouette si allargano si restringono, tornano smilze e segnano i decenni. Tra le collezioni più interessanti viste sulle passerelle milanesi lo scorso luglio ricordiamo quella di Issey Miyake, disegnata da Naomi Takizawa, e quella di Costume National. Per Miyake vestiti pensati e costruiti in taglia molto grande, poi trattati in modo da farli restringere. Il risultato è fluido, stazzonato, indossabile pur avendo l'allure di un vero e proprio progetto. La casualità ragionata, la curiosità e la creatività applicati al vivere. Ennio Capasa, che disegna Costume National, ha proposto una serie di abiti logici e sofisticati. Mantenendo fede all'identità del marchio che ha segnato da tempo il confine tra tradizione e modernità, la silhouette è asciutta ma non esasperata, le giacche ben tagliate, le camicie riassumono l'essenza stessa di una camicia. I dettagli tradizionali - le assimetrie, le zip nascoste, i materiali trattati tecnologicamente - creano il distinguo. Nulla in più, tutto è calibrato e l'audacia si manifesta nella sottrazione. Tra i nomi istituzionali si sono distinti Fendi, Missoni, Laura Biagiotti; Giorgio Armani, con la sua prima linea. Più pulita del solito anche la prossima estate di Ferré. Dopo stagioni incerte, la collezione di Trussardi è finalmente sobria, dinamica, intelligente. Il lavoro dello stilista oggi è davvero complesso. Purtroppo questo confuso periodo di transizione viene spesso male interpretato e ci si ritrova a vedere giovani inesperti che si esibiscono in produzioni sartoriali, senza saperlo fare, e vecchi saggi della couture che perseguono modernismi rischiosi e fuori luogo. Il bianco, l'ecru, il kaki, sono i colori piu visti. Perfino Calvin Klein e Jil Sander, irriducibili amanti del nero, hanno immaginato una stagione chiara. Bianco lattiginoso per lo sport di Prada, con echi familiari e punte di fantascienza nelle consistenze. I dettagli sono sottolineati, il collo della camicia e la cravatta definiscono il perimetro di un'idea: che sia un particolare o l'accessorio, l'abito a volte assume un ruolo quasi secondario. Rivalutazione del borsello, mitico reperto archeologico ripescato dalla periferia del gusto; ridisegnato piatto, accompagna e completa ogni capo del guardaroba. Un giallo limone mediterraneo, un nocciola spento, sono i rari colori nuovi. La proposta più forte rimane un incalzante, narcisistico interesse per il proprio corpo. Attraverso gli abiti la moda ha sempre parlato anche di identità, ora sembra trattare quasi esclusivamente di questa. Si oscilla tra il bravo ragazzo e il gay, nella sua accezione più spettacolare: queste le due vere e uniche alternative emerse. Un pò noiosa la prima e prevedibile e facile la seconda. Riteniamo inoltre che i grandi veicoli popolari come la moda, debbano assumersi delle responsabilità sociali: il processo di emancipazione dell'omosessualità, purtroppo, non è ancora concluso. Al contrario si mettono tutt'ora in discussione principi ritenuti scontati e consolidati, per cui la fisiologica femminilizzazione del guardaroba maschile, non dovrebbe passare attraverso modelli di stereotipi facili e controproducenti, ma contribuire seriamente al fluire delle idee. Si è scelto di rivolgersi a un pubblico sempre più grande, i fatturati esponenziali e la comunicazione massiccia hanno innescato un processo di esaurimento, di saturazione, per cui la moda è vittima di se stessa.
Bisognerà decidersi: o si ritorna a discorsi elitari, che significa investire in un'idea tanto forte da trasformarsi in modello, o si brucia un patrimonio, annullando il desiderio con l'eccedenza di offerta, come sta già succedendo. L'inseguimento del marketing, l'adesione al denominatore comune più basso, rischia di uccidere la moda. Per concludere: una stagione dannunziana, sensuale, tattile, bianca, in attesa, indecisa tra prudenza e superficialità. La moda sta vivendo un paradosso: in perenne mutamento per accezione, sembra in una fase di stasi. Il falso movimento. Tutti si agitano, i riti mantengono lo stesso stile di sempre, lo spettacolo della gente e la rappresentazione proseguono come se nulla fosse, ma tutto è sostanzialmente fermo.