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Mauro D'Agati



 
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6/5/2003

Detenuti

Libreria Agora, Torino

Le fotografie di Mauro D'Agati ci propongono la quotidianita' (offesa e ridotta ai minimi termini) della vita penitenziaria.


comunicato stampa

Fotografie di MAURO D'AGATI

Dal libro 'Detenuti ' di Mauro D'Agati, Cal.co Editore, Firenze 2001

' Qualcuno forse ricorda chi è Michel Niaussat, il monaco cistercense che per 20 anni ha fatto il cappellano (aumônier) nella casa di arresto di Mans.
Niaussat alla fine della sua lunga esperienza ha scritto un libro 'Les prisons de la honte' che merita di essere letto perché descrive con passione, ma anche con fedeltà, le difficoltà e i drammi che ha incontrato. Il cappellano cistercense è noto anche in Francia per aver indirizzato nel 1997 una 'lettera aperta' al Ministro della Giustizia, Mme Elisabeth Guigou... Nel luglio 1999, dopo la pubblicazione della lettera e del libro, 'Famille Chrétienne' ha intervistato Niaussat e gli ha posto alcune domande. Vale la pena di riportarle integralmente con le risposte.
'Lei ha parlato con Elisabeth Guigou dello stupro in carcere?'
'Si'
'E lei che le ha detto?'
'Lei mi ha risposto: 'E' una delle nostre preoccupazioni principali''
'E della droga in carcere?'
'Si'
'E lei che le ha detto?'
'Mi ha risposto: 'E' una delle nostre preoccupazioni principali''
'E del sovraffollamento delle celle?'
'Si'
'E lei che le ha detto?'
'Mi ha risposto: 'E' una delle nostre preoccupazioni principali''
Non vorrei che la parte di chi rappresenta l'Amministrazione penitenziaria assomigliasse troppo a quella assunta da Mme Guigou nel colloqui con Niaussat.....
Gian Carlo Caselli

Non vi sorprenda: fra la galera e la fotografia c'è un rapporto inaspettatamente ricco. Fin dall'iniziazione. Entrate in galera, vi prendono le impronte e vi fanno la fotografia. Tre scatti: frontale, profilo sinistro, profilo destro... Le foto segnaletiche ora vengono fatte con una specie di Polaroid, ciò che rende più sbrigativa e meno solenne la procedura. Da lì comincia comunque quella metamorfosi della persona in qualcosa d'altro, sfuggente, spaventoso e misterioso, in cui consiste la prigione. Si deposita all'ingresso il proprio nome e cognome, e si riceve in cambio un numero, si perde la faccia e se ne prende una attonita e irresponsabile. Il trapasso fra avere e perdere la faccia è appunto nella cerimonia della fotografazione... Quando esponete la vostra faccia ­ la vostra faccia, cioè tutto quello che avete ­ all'agente fotografatore, dovete decidere: cercare nonostante tutto una posa, la meno sfavorevole; prendere un'espressione ­ di sfida, di disprezzo, di naturalezza, di disinteresse, di coraggio, di avvilimento; cercare di essere voi stessi, cercare di non essere voi stessi. Vedete che subito la questione della fotografia investe il cuore della prigionia. Qualcuno cercherà di non assomigliarsi, per essere riconosciuto più difficilmente in un eventuale prossimo reato, qualcuno darà una faccia falsa, e un nome falso... Bisognerebbe avere sempre un'istantanea di prima e una di dopo...
Adriano Sofri

Le fotografie di Mauro D'Agati ci propongono la quotidianità (offesa e ridotta ai minimi termini) della vita penitenziaria.
Sono state realizzate tra marzo e ottobre 2001 nelle carceri di: San Vittore, Rebibbia, Poggioreale, Pozzuoli, Ucciardone, Pagliarelli, Forte San Giacomo, Gorgona, Pisa e Piazza Lanza, e negli ospedali psichiatrici giudiziari di Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo del Gotto e Castiglione delle Stiviere.

Mauro D'Agati è nato a Palermo nel 1968. Si è laureato in Giurisprudenza nel 1994. E' fotografo professionista dal 1995. Collabora con i settimanali 'D', 'Il Venerdì' e 'L'Espresso' e altre testate nazionali e internazionali. E' membro dell'agenzia tedesca Focus. Conduce da anni una ricerca fotografica sulla vita dei quartieri popolari, nel territorio palermitano e realizza reportage a sfondo sociale in Italia e all'estero.

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