Le fotografie di Mauro D'Agati ci propongono la quotidianita' (offesa e ridotta ai minimi termini) della vita penitenziaria.
Fotografie di
MAURO D'AGATI
Dal libro 'Detenuti ' di Mauro D'Agati, Cal.co Editore, Firenze 2001
' Qualcuno forse ricorda chi è Michel Niaussat, il monaco cistercense che
per 20 anni ha fatto il cappellano (aumônier) nella casa di arresto di Mans.
Niaussat alla fine della sua lunga esperienza ha scritto un libro 'Les
prisons de la honte' che merita di essere letto perché descrive con
passione, ma anche con fedeltà , le difficoltà e i drammi che ha incontrato.
Il cappellano cistercense è noto anche in Francia per aver indirizzato nel
1997 una 'lettera aperta' al Ministro della Giustizia, Mme Elisabeth
Guigou... Nel luglio 1999, dopo la pubblicazione della lettera e del libro,
'Famille Chrétienne' ha intervistato Niaussat e gli ha posto alcune domande.
Vale la pena di riportarle integralmente con le risposte.
'Lei ha parlato con Elisabeth Guigou dello stupro in carcere?'
'Si'
'E lei che le ha detto?'
'Lei mi ha risposto: 'E' una delle nostre preoccupazioni principali''
'E della droga in carcere?'
'Si'
'E lei che le ha detto?'
'Mi ha risposto: 'E' una delle nostre preoccupazioni principali''
'E del sovraffollamento delle celle?'
'Si'
'E lei che le ha detto?'
'Mi ha risposto: 'E' una delle nostre preoccupazioni principali''
Non vorrei che la parte di chi rappresenta l'Amministrazione penitenziaria
assomigliasse troppo a quella assunta da Mme Guigou nel colloqui con
Niaussat.....
Gian Carlo Caselli
Non vi sorprenda: fra la galera e la fotografia c'è un rapporto
inaspettatamente ricco. Fin dall'iniziazione. Entrate in galera, vi prendono
le impronte e vi fanno la fotografia. Tre scatti: frontale, profilo
sinistro, profilo destro... Le foto segnaletiche ora vengono fatte con una
specie di Polaroid, ciò che rende più sbrigativa e meno solenne la
procedura. Da lì comincia comunque quella metamorfosi della persona in
qualcosa d'altro, sfuggente, spaventoso e misterioso, in cui consiste la
prigione. Si deposita all'ingresso il proprio nome e cognome, e si riceve in
cambio un numero, si perde la faccia e se ne prende una attonita e
irresponsabile. Il trapasso fra avere e perdere la faccia è appunto nella
cerimonia della fotografazione... Quando esponete la vostra faccia  la
vostra faccia, cioè tutto quello che avete  all'agente fotografatore,
dovete decidere: cercare nonostante tutto una posa, la meno sfavorevole;
prendere un'espressione  di sfida, di disprezzo, di naturalezza, di
disinteresse, di coraggio, di avvilimento; cercare di essere voi stessi,
cercare di non essere voi stessi. Vedete che subito la questione della
fotografia investe il cuore della prigionia. Qualcuno cercherà di non
assomigliarsi, per essere riconosciuto più difficilmente in un eventuale
prossimo reato, qualcuno darà una faccia falsa, e un nome falso...
Bisognerebbe avere sempre un'istantanea di prima e una di dopo...
Adriano Sofri
Le fotografie di Mauro D'Agati ci propongono la quotidianità (offesa e
ridotta ai minimi termini) della vita penitenziaria.
Sono state realizzate tra marzo e ottobre 2001 nelle carceri di: San
Vittore, Rebibbia, Poggioreale, Pozzuoli, Ucciardone, Pagliarelli, Forte San
Giacomo, Gorgona, Pisa e Piazza Lanza, e negli ospedali psichiatrici
giudiziari di Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo del Gotto e Castiglione delle
Stiviere.
Mauro D'Agati è nato a Palermo nel 1968. Si è laureato in Giurisprudenza nel
1994. E' fotografo professionista dal 1995. Collabora con i settimanali 'D',
'Il Venerdì' e 'L'Espresso' e altre testate nazionali e internazionali. E'
membro dell'agenzia tedesca Focus. Conduce da anni una ricerca fotografica
sulla vita dei quartieri popolari, nel territorio palermitano e realizza
reportage a sfondo sociale in Italia e all'estero.
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