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24/9/2003

Alfredo D'Amato

Libreria Agora, Torino

Cocalari 'Iron people'. Fotografie. Nel 1989, in Romania, in seguito alla rivolta che porto' alla caduta del regime comunista, molte famiglie restarono senza casa. Da allora molta gente vive in modo assolutamente precario, nella periferie e zone limitrofe di Bucarest. Alfredo D'Amato, con queste sue immagini recenti, ci racconta la vita quotidiana di questa gente, a cui tutto e' stato tolto, perfino l'identita' personale, la certezza di esistere.


comunicato stampa

COCALARI 'IRON PEOPLE'
Fotografie

Nel 1989, in Romania, in seguito alla rivolta che portò alla caduta del regime comunista, molte famiglie restarono senza casa. Da allora molta gente vive in modo assolutamente precario, nella periferie e zone limitrofe di Bucarest.
A Calea Vacaresti, nel sud-est, quattro famiglie, nel 1998, hanno costruito delle baracche, usando mattoni, cartoni e plastica, tra le rovine di una grande fabbrica metallurgica, in mezzo al bacino prosciugato di un lago artificiale, realizzato durante la dittatura di Ceausescu.
Calea Vacaresti era un luogo sicuro per nascondersi dalla polizia, che veniva comunque regolarmente ogni primavera a demolire le baracche per 'bonificare' la zona. La gente qui è tutta analfabeta e impossibilitata a trovare un lavoro perché la loro nascita non è mai stata registrata e quindi non hanno cittadinanza, non hanno diritti, di fatto 'non esistono'.
E, di conseguenza, il loro unico mezzo di sostentamento, la loro unica possibilità di trovare da campare, è di scavare il lago disseccato alla ricerca di pezzi di acciaio, rame e alluminio, da rivendere nei mercatini di roba vecchia o ai demolitori d'auto.
Durante l'inverno, con la temperatura che tocca tranquillamente i meno 20°, è impossibile scavare il terreno congelato. Unica, estrema risorsa è il cercare qualcosa di commestibile o di vendibile tra i rifiuti, oltre a qualcosa di combustibile per cercare di sopravvivere ai freddi glaciali. Il fumo di gomma e plastica bruciata invade le baracche, creando un ambiente, se possibile, ancora meno salutare e vivibile.

Alfredo D'Amato, con queste sue immagini recenti, ci racconta la vita quotidiana di questa gente, a cui tutto è stato tolto, perfino l'identità personale, la certezza di esistere.
E il suo è veramente un racconto, non un reportage; una lirica per immagini, non una documentazione asettica e 'oggettiva'. Lo sguardo, l'inquadratura, il taglio, l'uso della luce, rispecchiano conoscenze approfondite di pittura e storia delle arti figurative, rimandano alla scuola fiamminga, a Vermeer, soprattutto, per il gioco sapientissimo dei contrasti tra ombra e luce.
Tutto questo, però, non serve ad idealizzare la realtà, a trasfigurarne la durezza, a toglierla dal contesto, a renderla 'teorica' o peggio 'concettuale', anzi qui si traduce in un rafforzamento della conoscenza e della denuncia del fenomeno.
E questo aggiunge merito a merito.

Alfredo D'Amato nasce in Sicilia il 7 ottobre 1977.
Ha studiato fotografia al University Wales College of Newport in Galles. Il suo progetto Cocolari 'Iron People' ha vinto, nell'agosto di quest'anno, il prestigioso Hodge Award organizzato ogni anno a Londra dall'Observer.
Da qualche anno lavora su un progetto complesso, a lungo termine, sui paesi dell'est nuovi entranti nella comunità europea.
In Italia collabora con alcune riviste come L'Espresso e D La Repubblica delle Donne.

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