Cocalari 'Iron people'. Fotografie. Nel 1989, in Romania, in seguito alla rivolta che porto' alla caduta del regime comunista, molte famiglie restarono senza casa. Da allora molta gente vive in modo assolutamente precario, nella periferie e zone limitrofe di Bucarest. Alfredo D'Amato, con queste sue immagini recenti, ci racconta la vita quotidiana di questa gente, a cui tutto e' stato tolto, perfino l'identita' personale, la certezza di esistere.
COCALARI 'IRON PEOPLE'
Fotografie
Nel 1989, in Romania, in seguito alla rivolta che portò alla caduta del
regime comunista, molte famiglie restarono senza casa. Da allora molta gente
vive in modo assolutamente precario, nella periferie e zone limitrofe di
Bucarest.
A Calea Vacaresti, nel sud-est, quattro famiglie, nel 1998, hanno
costruito delle baracche, usando mattoni, cartoni e plastica, tra le rovine
di una grande fabbrica metallurgica, in mezzo al bacino prosciugato di un
lago artificiale, realizzato durante la dittatura di Ceausescu.
Calea Vacaresti era un luogo sicuro per nascondersi dalla polizia, che
veniva comunque regolarmente ogni primavera a demolire le baracche per
'bonificare' la zona. La gente qui è tutta analfabeta e impossibilitata a
trovare un lavoro perché la loro nascita non è mai stata registrata e quindi
non hanno cittadinanza, non hanno diritti, di fatto 'non esistono'.
E, di conseguenza, il loro unico mezzo di sostentamento, la loro unica
possibilità di trovare da campare, è di scavare il lago disseccato alla
ricerca di pezzi di acciaio, rame e alluminio, da rivendere nei mercatini di
roba vecchia o ai demolitori d'auto.
Durante l'inverno, con la temperatura che tocca tranquillamente i meno
20°, è impossibile scavare il terreno congelato. Unica, estrema risorsa è il
cercare qualcosa di commestibile o di vendibile tra i rifiuti, oltre a
qualcosa di combustibile per cercare di sopravvivere ai freddi glaciali. Il
fumo di gomma e plastica bruciata invade le baracche, creando un ambiente,
se possibile, ancora meno salutare e vivibile.
Alfredo D'Amato, con queste sue immagini recenti, ci racconta la vita
quotidiana di questa gente, a cui tutto è stato tolto, perfino l'identitÃ
personale, la certezza di esistere.
E il suo è veramente un racconto, non un reportage; una lirica per
immagini, non una documentazione asettica e 'oggettiva'. Lo sguardo,
l'inquadratura, il taglio, l'uso della luce, rispecchiano conoscenze
approfondite di pittura e storia delle arti figurative, rimandano alla
scuola fiamminga, a Vermeer, soprattutto, per il gioco sapientissimo dei
contrasti tra ombra e luce.
Tutto questo, però, non serve ad idealizzare la realtà , a trasfigurarne
la durezza, a toglierla dal contesto, a renderla 'teorica' o peggio
'concettuale', anzi qui si traduce in un rafforzamento della conoscenza e
della denuncia del fenomeno.
E questo aggiunge merito a merito.
Alfredo D'Amato nasce in Sicilia il 7 ottobre 1977.
Ha studiato fotografia al University Wales College of Newport in Galles. Il
suo progetto Cocolari 'Iron People' ha vinto, nell'agosto di quest'anno, il
prestigioso Hodge Award organizzato ogni anno a Londra dall'Observer.
Da qualche anno lavora su un progetto complesso, a lungo termine, sui paesi
dell'est nuovi entranti nella comunità europea.
In Italia collabora con alcune riviste come L'Espresso e D La Repubblica
delle Donne.
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