Spazio Laboratorio Hajech
Milano
via Camillo Hajech, 27
02 713443 FAX 02 76110185
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La scuola del silenzio
dal 23/11/2014 al 19/12/2014
lun - ven 9.30-14, sab 9.30-12.30

Segnalato da

Spazio Hajech




 
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23/11/2014

La scuola del silenzio

Spazio Laboratorio Hajech, Milano

Monocromi rossi. Molti autori italiani hanno spesso utilizzato il monocromo come espressione di contestazione con forte carica idealistica in un periodo di grandi mutamenti... In mostra opere di 10 artisti.


comunicato stampa

Artisti: Giuseppe Amadio, Pino Di Gennaro, Enzo Forese, Bruno Mangiaterra, Armando Marrocco, Vincenzo Parea, Vincenzo Pellitta, Pino Pinelli, Eugenia Serafini, Turi Simeti

a cura di Emilia Ametrano e Carlo Franza

Scrive Emilia Ametrano: ROSSO! Rosso porpora, rosso corallo, rosso magenta, rosso carminio, rosso rubino, rosso ciliegia, rosso come gli aceri in primavera, come le viti in autunno, rosso co me i tramonti sul mare, rosso come la passione, quando è passione... Un degradè di toni che esplode dalle tele e dalle installazioni in modo dirompente e commovente. Una degna entreè di un calendario di eventi, mostre, manifestazioni celebrative e commemorative che quest’anno lo Spazio Hajech di via Marcona si appresta ad ospitare, degna cornice alle opere di talenti illustri e dei giovani talenti dei nostri alunni, che da essi traggono mestiere e ispirazione. Valenti professori li attraggono verso queste opere e li tra ghettano verso la loro espressività, rendendola materia.
Vi aspettiamo, lasciatevi emozionare!

Scrive Carlo Franza: All’inizio degli anni Cinquanta del Novecento — ripr endendo talune accensioni già proposte dal dadaismo e dall’astrazione costruttiva dei primi decenni del Novecento — molti artisti, in Europa e negli Stati Uniti, sviluppano un’astrazione radicale che sfocia nell’azzeramento della pittura attraverso il monocromo e il vuoto. Con queste ricerche il superamento “materiale” e “concettuale” delle ar ti tradizionali torna con forza al centro della pratica artistica, attraverso una serie di manifestazioni parallele che dilagano dag li Stati Uniti all’Europa.

Dal 1950 Mark Rothko aveva già individuato in forma defi nitiva quello che il critico americano Harold Rosenberg ha definito «il suo simbolo dell’assoluto disincarnato», cioè la campitura sulla tela di ampie velature rettangolari, modulate emotivamente, che manifestano la sua aspirazione ad un colore puro e privo di ogni possibile referente esterno. Tra il 1949 e il 1950 Robert Rauschenberg realizza i propri monocromi bianchi ( White paintings ) che costituiscono la precisa realizzazione pittorica delle sugges tioni estetiche proposte dal compositore John Cage. Lo sconfinamento oltre i canoni della pittura, della scultura e dell’architettura tradiziona li comporta, infatti, una nuova centralità delle strutture non immediatamente materiali dell’ arte (come il ritmo e il concetto) in parallelo con le innovative proposte della musica contemporanea. La figur a di Cage costituisce senza dubbio un importante punto di riferimento per la maggior parte degli artisti che si aff acciano sulla scena internazionale negli anni Cinquanta. Le sue composizioni e i suoi scritti teorici ebbero ampia di ffusione nell’ambiente artistico (non solo musicale, ma anche pittorico e teatrale) newyorkese; ad essi sono, in parte, riconducibili, solo per fare alcuni esempi, il rinnovato interesse per Duchamp ed alcuni spunti teorici presenti in Robert Rauschenberg e Jasper Johns, il recupero del pensiero estetico orientale, alcune procedure di compar timentazione e straniamento impiegate dal Living Theatre e dagli artisti degli Happenings o di Fl uxus. In contemporanea in Europa, i Concetti spaziali dell’attività matura di Lucio Fontana, le Proposizioni monocrome , il Vuoto e le Zone di sensibilità pittorica immateriale di Yves Klein rappresentano le prime significative svolte contro lo sbordante sensualismo dell’informale internazionale, inaugurando un complesso panorama di nuove tendenze artis tiche neo-dadaiste, radicalmente neo-costruttive e ottico-cinetiche, nelle quali l’attitudine dell’autore e l’esperienza estetico- percettiva dello spettatore prevalgono sulla presenza materiale dell’oggetto artistico. Alla fine del decennio, nella primavera del 1960, lo Städtisches Museum di Leverkusen, diretto dal critico Udo Kultermann, offrirà la prima mostra di sintesi sul fenomeno della pittura monocroma ( Monochrome Malerei appunto), dedicata a una valorizzazione ecumenica di una corrente pittorica che ormai aveva raggiunto ampi esiti di affermazione sulle due sponde dell’Atlan tico.

In Italia, forse per l'esistenza di una forte tradizione storica squisitament e figurativa, il monocromo difficilmente ha i toni del radicalismo che lo caratterizza in America, tuttavia, neg li anni '50-'60, complice una diffusa tendenza verso uno stile minimalista di importazione americana, questo stile pitto rico ha raggiunto significative affermazioni anche da noi. Sulla scia di varie esperienze europee, ovvero dell'Informale, dell'Astrattismo e dello Spazialismo di Lucio Fontana, parecchi artisti italiani si sono confrontati con il tema del monocromo, spesso utilizzandolo in chiave polemica, non fine a sè stesso ma come espressione di contestazione con forte carica idealistica in un periodo di grandi mutamenti, di completa rottura con la tradizione e il passato. In qu esto contesto, in cui l'Astrattismo pare giunto al capolinea delle sue sperimentazioni, lo scotto che la pittura ha dovuto pagare per poter capire ed esprimere la sua concettualità è stato quello di annullarsi per rinascere (c ome non-pittura). La differenza tra ciò che il monocromo rappresenta in America ed in Europa sta nella sua diversa strumentalizzazione da parte degli artisti, si può dire, in un certo senso, che quello che là è un fine, qui è un mezzo, quello che là è un comportamento qui è un atteggiamento. Alighiero Boetti propone la tela trattata con un solo colore come traccia dell'assoluto e utilizza il monocromo in complesse installazioni ambientali, Lucio Fontana travalica il limite della superficie monocromatica piana bidimensionale per aprire l'opera allo spazio tr idimensionale, Enrico Castellani movimenta lo spazio bidimensionale della superficie crea ndo sulla tela rilievi ed avvallamen ti secondo un preciso ritmo compositivo in un sapiente gioco di luci e ombre che suggeriscono la ter za dimensione. Piero Manzoni inventa i suoi “Achrome” stendendo sul supporto impasti di gesso e caolino che lasci ano inalterato il non-colore della materia grezza, opere impersonali e auto-significanti, Maurizio Cattelan ne fa il mezzo per prender in giro in modo sarcastico i famosi tagli di Fontana squarciando la tela con il segno di Zorro. E via via su questa linea hanno proseguito Agostino Bonalumi, Pino Pinelli, Turi Simeti, Armando Marrocco, Gi useppe Amadio, Vincenzo Parea, Vincenzo Pellitta, Pino Di Gennaro, Bruno Mangiaterra, Eugenia Serafini, Enzo Forese, e altri che seppure non totalmente catturati dal monocromo vi hanno però dedicato almeno un capitolo.

E’ così che, soprattutto in Europa, il monocromo è un mezzo di analisi dei fondamenti stessi della pittura attraver so i suoi elementi formali più essenziali, il colore e la materia, sui quali l'artista esercita un controllo estremo, spesso con una programmatica negazione di tutti i valori tradizionali in grado di decretare l'inevitabile "unicità" dell'opera d'arte. E in un tempo di forte crisi morale e sociale, in cui l'arte non può essere che autoreferenziale per una diffusa mancanza di valori, il monocromo è l'unica soluzione possibile, il punto estremo di una ricerca tesa al raggiungimento di un campo neutro di discussione e di confronto per recuperare il senso dei processi formativi della pittura. E dunque, la proposizione di questa mostra articolata come “La Scuola del Silenzio. Monocromi rossi”, an che con la sola scelta di un colore, il rosso, ha vita come trama di percorso del terzo millennio, dove a una globale povertà di idee e a un mondo in crisi con se stesso e con gli altri, può seguire e ritrovarsi, fi nalmente, una soglia di riflessione forte, perché il monocromo rosso è ormai soglia di attenzione, attesa e speranza.

Inaugurazione Lunedì 24 novembre 2014, ore 18.00

Testo e Presentazione: Prof. Carlo Franza

IL DIRIGENTE SCOLASTICO
Emilia Ametrano

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO D’ISTITUTO
Monica Casali

ALLESTIMENTO
Proff. Marisa Settembrini, Giuditta Margnelli, Walter An gelici, Matteo Cannata, e classe di Scenografia 4D

SPAZIO LABORATORIO HAJECH – LICEO ARTISTICO STATALE DI BRERA
via Hajech, 27 - 20129 Milano (Ingresso via Marcona, 55)
Orario:
Da lunedì a venerdì ore 9.30/14.00
Sabato ore 9.30-12.30

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