Galleria Civica
Pilsen
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Marco Bagnoli
dal 6/5/2009 al 24/6/2009

Segnalato da

Ufficio Stampa Mazzotta



 
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6/5/2009

Marco Bagnoli

Galleria Civica, Pilsen

Mistica della forma - Mystika formy. La mostra, dopo la prima tappa a Praga, si sposta a Pilsen. La ricerca di Bagnoli, il concetto dello spazio relativo al tempo - che l'artista esprime con la scritta spazio x tempo che diventa il simbolo io x te - e' tesa a scoprire e a rendere visibile quello che altrimenti non viene percepito.


comunicato stampa

A cura di Miroslava Hajek

Mistica della Forma è la mostra di Marco Bagnoli nella Repubblica Ceca, presso il Museo di Belle Arti di Praga (11 marzo - 26 aprile 2009) e la Galleria Civica di Pilsen (7 maggio - 25 giugno 2009).
Per la prima tappa a Praga, i curatori Miroslava Hajek e Olaf Hanel hanno scelto gli spazi romanici sotterranei del Museo Ceco di Arte Moderna, in quanto l’artista li ha trovati particolarmente suggestivi e ha voluto creare appositamente per essi un’installazione.

Visitando Praga l’artista ha notato un’immagine dell’architettura barocca riflessa nella facciata di vetro di un edificio moderno che aveva una delle finestre semiaperta. Egli ha riconosciuto in questa immagine parte della propria memoria che gli ha richiamato alla mente un verso tratto dalle poesie alla notte, del grande poeta di origini praghesi Rainer Maria Rilke che dice più o meno così:"SPESSO STUPITO TI CONTEMPLAVO A UNA FINESTRA COMINCIATA IERI".

Quella finestra diventa un passaggio attraverso il quale è possibile inoltrarsi nello spazio multiforme di una consapevolezza al di fuori del tempo reale. Partendo da questa dimensione Bagnoli ha creato presso il Museo di Praga l’idea di un giardino sotterraneo essenziale. Una scultura e le radici dorate di un albero, che da solo può essere un simbolo, il modello di un universo che si espande, che si nutre di energie da una parte e che le dona dall’altra. Come egli stesso ha sottolineato in alcuni versi, che creano un nodo ideale tra le due mostre:

Il giardino è il giardino
il giardino è ovunque
nel giardino ci sono le pietre
due giardini non sono un giardino
il giardino non è il giardino
giardino non c'è
nel giardino le pietre cantano
due giardini sono sempre un giardino

Due lastre di cristallo di Bohemia impregnate di rosso cinabro ricordano la finestra come un simbolo e sono collegate alla scultura. Una è inserita nella statua e ne fa parte, sull’altra ne è proiettata l'ombra. Si presentano quindi due modi di percepire: vista e visione. Attivando e ampliando queste facoltà diventa possibile l'incontro delle tracce parallele di memorie che in un certo istante si riconoscono e si incrociano anche se prima si ignoravano.

La ricerca estetica di Bagnoli, il concetto dello spazio relativo al tempo - che l’artista esprime con la scritta spazio x tempo che diventa il simbolo io x te - è tesa a scoprire e a rendere visibile quello che altrimenti non viene percepito. La sua arte ci aiuta a renderci conto delle complesse relazioni tra diverse possibilità della realtà rispetto a come la possiamo intendere.
Miroslava Hajek

Marco Bagnoli, nato a Firenze, vive e lavora tra Empoli e Naintal.
Nel 1982, in una mostra intitolata Il buon luogo come modello della teoria dei colori, presentò a Bolognano per Lucrezia De Domizio l’opera che è un po’ il seme del lavoro futuro: il Tunnel impossibile, un parallelepipedo trasparente che rappresenta l’unione di vista solare e visione mentale. Nella stessa mostra per la prima volta apparve il disegno della Mongolfiera, che è il rovesciamento ideale del Tunnel impossibile.
Tra la mostra nella Villa di Artimino, Golem, Dolmen, Gödel (1981), dove un tetto ne conteneva un altro, e quella nella Cappella dei Pazzi a Firenze, Metrica e mantrica (1984), rappresentazione di forme sonore nello spazio-tempo, Marco Bagnoli fece innalzare la Mongolfiera su un terrapieno in cui erano composti i due volti, uno occidentale e uno orientale, nelle Terre Basse d’Olanda (1985).
Ridotta al suo scheletro geometrico, la Mongolfiera proseguì poi il suo volo sul limite tra la chimica e l’alchimia, per posarsi infine nella Sala Ottagonale della Fortezza da Basso in Firenze (L’anello mancante alla catena che non c’è, 1989). Qui la sua struttura, rovesciata rispetto alla cupola brunelleschiana, testimoniava, riflettendosi in una pozza di mercurio, della moltiplicazione degli sguardi e della loro scomparsa.
Fu poi la volta dei Sette dormienti (1990), i sette santi di Efeso che, cullati dagli angeli, stettero per duecento anni tra la vita e la morte, per testimoniare, venuto il momento del risveglio, della possibilità di una resurrezione. Per il Magasin di Grenoble, Bagnoli costruì La parola (Come la Colonna ogni parola nel silenzio una colonna, 1991), un labirinto impenetrabile, e vi pose accanto la Mongolfiera, quasi a suggerire una vista dall’alto che poteva svelarne l’arcano.
Seguì la serie delle parabole (Janua Coeli, 1987), poi due, una in acciaio e una in alluminio, di grandi dimensioni (1991), lucidate a specchio, poste in un corridoio laterale della chiesa di San Miniato al Monte, a illustrazione delle Due porte del XIII canto dell’Odissea, quella di Borea e quella di Noto, discusse da Porfirio nel suo libro L’antro delle ninfe; poi una sola, gigantesca e tecnologica, in San Miniato al Tedesco (1996) che faceva sfuggire gli sguardi dando loro un andamento centrifugo, fino a che, avvicinandosi, si arrivava a un punto cieco.
Per San Miniato al Monte (1994) Bagnoli aveva costruito anche un altare in forma cubica di mattoni, pietra di confine fra interno ed esterno, in cui è contenuta, vuota, una croce tridimensionale.
Seguì poi la serie Come figura d’arciere (1991), un elemento della quale con il nome di Progetto per Arciere (1993) è rappresentato in questa mostra. La sua freccia, scoccata con l’occhio rivolto all’infinito, torna su se stessa a disegnare una parabola, ma nell’ombra si eleva a vir eroicus per indicare col dito alzato un possibile testimone.
Per il Museo di Rivoli, a Torino, aveva composto una istallazione (1992) intitolata Colui che sta con un vortice che disegna due volti, occidentale e orientale, parzialmente avvolti da una grata che rappresenta il cielo. La statua, fusa in bronzo, viene ripresa nella Campana presentata nella mostra di Forte Belvedere a Firenze, la quale, seminterrata, emette il suono sordo che, scomposto nelle sue ottave, viene mandato alle 72 canne che compongono la piantagione disposta a quinconce.
Nella Galleria Fornello di Prato, nell’ottobre 2004, Marco Bagnoli ha messo in scena, con meraviglie visive e rovesciamenti arcani, l’ascesa verso giardini paradisiaci zoroastriani.
Del marzo 2005, presso Quarter in Firenze, infine, è la Terra delle madri, una distesa di campane in gestazione, ricoperte ancora della terra argillosa in cui sono state fuse e poste secondo un disegno a quinconce. Nel 2001 Bagnoli ha fondato un gruppo di artisti denominato Io x Te, con il quale ha dato vita a tutte le opere successive.
Marco Bagnoli è da anni presenta nelle grandi mostre internazionali, come le Biennali di Venezia del 1982, 1993, 1997 e Documenta di Kassel del 1982 e 1993.

Catalogo con testi di Olaf Hanel, Miroslava Hajek e Fulvio Salvadori, in ceco, italiano ed inglese. Edizioni Gabriele Mazzotta

Inaugurazione 7 maggio ore 17

Galleria Civica di Pilsen
Dominikánská 2 Pilsen Repubblica Ceca
Orario: 10-12/13-18; chiuso lunedì

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Marco Bagnoli
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