Attraversare le contingenze allargando le prospettive

11/07/2008
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Traslochi

Essere o non essere: il dubbio amletico tradotto in quasi ogni lingua del mondo. O il meditare sull'impermanenza, sul sorgere e poi passare di tutte le cose come suggeriva Buddha. Il Memento mori (ricordati che devi morire) ai vincitori romani, "Il trionfo della morte" dipinto da uno sconosciuto cinquecentesco a Palermo, la "livella" di Toto', l'iscrizione sulla lapide di Marcel Duchamp: "D'altronde sono sempre gli altri che muoiono".
Una specchiera, 25 lampadari, vecchi armadi, la collezione di ceramiche... Associare nella "lista" oggetti a riflessioni piu' o meno laiche e' la poetica evocativa di Flavio Flavelli che ondeggia, come un novello psicopompo (o Caronte dantesco se preferite) fra ricordi privati e memorie domestiche condivise.
Nell'intervista parla del suo intervento di riqualificazione del Pantheon alla Certosa di Bologna, uno spazio destinato negli anni '90 a veglie funebri, di un casolare in campagna dal quale attingere "all'infinito" immagini d'altri tempi, delle sue "stanze mentali"... Il pensiero sposta gli oggetti di Favelli fra le righe di un elenco: ditirambi e prefiche, danze macabre e mesmerismi, mille forme di divinazione e infine legge dei grandi numeri; poi torna ai "mi ricordo" di Perec...














Intervista a Flavio Favelli
A cura di Antonella Miggiano


Comincerei a parlare del progetto di riqualificazione del Pantheon alla Certosa di Bologna, una sala d'attesa laica, senza simboli religiosi destinato alle veglie funebri. Penso anche alla Salle des Departs realizzata da Ettore Spalletti presso l'Ospedale di Garches in Francia, un luogo asettico e discreto dove dare l'ultimo saluto ai propri cari. L'arte quindi si avvicina al quotidiano e sostituisce, in qualche modo, la funzione consolatoria che ha sempre avuto la religione.

In che misura l'arte può entrare in una sfera così intima e personale e quali possono essere le sue potenzialità in questo senso?


La questione penso sia abbastanza ampia, ovviamente trattandosi di arte pubblica questo luogo assume una rilevanza veramente forte per la cittadinanza. Di solito io calibro e misuro tutto il mio lavoro su quella che è la mia poetica e praticamente ho interpretato quel luogo un po' come se fosse una stanza per il proprio funerale. E' un discorso che vale in generale anche per i miei lavori non di carattere "pubblico". Più un'opera è intima e personale è più si amplia e diventa utilizzabile, anche esteticamente, dal pubblico.


Nell'opera c'è un forte rimando all'ambiente familiare: la Sala d'attesa presenta alcuni elementi domestici come la pavimentazione in marmo bianco e nero, i tendaggi, la specchiera, e i 25 lampadari...


Si, ho pensato che quella stanza dovesse avere una connotazione "domestica" e anche in altre interviste ho dichiarato che l'idea è un po' quella di un saloncino da ballo. Oltre ai lampadari la cosa che è più interessante, a mio parere, è che sotto queste panche, che accolgono il pubblico, ho posizionato delle mie piccole opere, degli assemblaggi di diversi vasi, di piatti di ceramica, dalle collezioni Ginori fino all'amarena Fabbri... E' un po' un riferimento agli oggetti delle tombe egizie - mi viene in mente la famosa tomba di Tutankhamon - dove tutti questi oggetti, che fanno parte della vita di tutti i giorni, accompagnano la persona anche nella vita eterna.


Un'idea che si ricollega un po’ ai tuoi lavori Progetto per tomba personale, Terrazzo con decori o Terza Camera; quasi tutte opere site-specific ma che partono sempre da una riflessione su oggetti comuni e personali.


Io per fortuna non ho avuto delle esperienze di lutto in prima persona, però vedo che quello che si avverte di più, soprattutto nelle camere mortuarie degli ospedali, ma anche in questo caso rispetto all'aspetto originario della stanza, è la freddezza, l'asetticità, lo squallore di questi ambienti.
Con l'inserimento delle tende, ad esempio, lo spazio perde quella dimensione da stanzone e diventa subito una saletta; tra l'altro mi hanno detto che con questo intervento è migliorata anche l'acustica. Ho inoltre deciso di posizionare due scalinate dove le persone hanno la possibilità di guardarsi e dove il posto per la cassa del defunto è decentrato.
All'inizio pensavo fosse un'idea po' azzardata, ma in fondo credo che ci si debba riunire "in ricordo di", ma fra le persone che rimangono, al contrario di quanto avviene nelle celebrazioni religiose dove si cerca di convogliare l'attenzione in una sola direzione. Ho inserito anche una specchiera realizzata con tanti frammenti di vecchi armadi che riflettono, anche un po' malamente qualche pensiero che può sfuggire, o semplicemente possono servire per “specchiarsi” in questi momenti così intimi e difficili.
Comunque credo che alla fine sia sempre una questione personale, in fondo nessuno vive in una torre d'avorio. Le mie vicende appartengono tutte a determinati periodi, adesso ad esempio sto tirando fuori questi vasi delle amarene Fabbri piuttosto che le bottiglie di Martini, che provengono da ricordi legati alla mia casa, ma che alla fine rappresentano dei mondi universali sui quali scrivere tante cose. Io pesco sempre da immagini del mio passato che evidentemente sono state molto forti e significative. La stessa connotazione hanno anche i titoli dei miei progetti, riconducibili sempre ad esperienze passate. A volte le persone mi chiedono se alcuni oggetti provengono ancora dalla casa di mia nonna - perché una volta avevo scritto questa cosa - come se questo casolare fosse un intero hangar dove tirar fuori oggetti all'infinito...
Questo vale anche per il progetto sull'aereo di Ustica - che spero di realizzare a Bologna - di cui una piccola parte è stata presentata già alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo un anno e mezzo fa. La genesi di questa idea è una foto apparsa su tutti i giornali all'indomani della tragedia: un cadavere che affiora dal mare nero, che vidi quando avevo 12-13 anni. Una cosa che m'impressionò molto e che dopo tanti anni è ritornata nella mia testa e mi ha spinto a leggere tanto e ad informarmi sull'episodio. Credo che senza il ricordo di quell'immagine così forte non sarebbe venuta fuori questa esigenza.

Per quanto riguarda il livello organizzativo, come si è sviluppato il progetto? So che ha collaborato con te un architetto...


Si è stata una collaborazione con Flavio Gardini; devo dire che è stata un'operazione molto interessante e, non lo nascondo, anche molto difficile dal punto di vista burocratico. La stanza è sotto tutela dalle Sovrintendenza e ovviamente non si può "toccare" nulla. Per fare la pavimentazione, ad esempio, ho costruito un piano sopraelevato ed infatti il pavimento di marmo è galleggiante; anche i lampadari non possono essere agganciati al soffitto perché affrescato e allora ho realizzato un castello di ferro che poi ho "decorato" con sportelli di vecchi armadi.
Inoltre la realizzazione di questo castello, ma anche delle panche, hanno portato diverse problematiche, proprio in relazione all'uso pubblico; anche se conosco i problemi perchè sono un tipo di lavori che realizzo già da diversi anni, ci sono state molte misure di sicurezza e normative da rispettare quindi alla fine non è stato un lavoro molto "libero". Di solito quando si realizza un ambiente o una grande installazione e poi la si chiude in una sala museale o in una galleria non si da' conto a queste condizioni, qui, invece la situazione era molto diversa.


Un'altra tematica ricorrente nei tuoi lavori è il concetto di memoria. Molto spesso le tue opere parlano di déjà vu, di percorsi fatti a ritroso nel tempo, di ricerche nella memoria personale e, attraverso la manipolazione dei ricordi, descrivi il modo in cui questi persistono ed entrano in relazione con la quotidianità. Puoi spiegare meglio questo processo?


Elaboro e cambio la connotazione di molti oggetti e di molti ambienti perché penso che di fondo ci sia un senso di insoddisfazione nei riguardi di quello che “passa il convento”. Così come i nobili avevano la residenza estiva, a me piace pensare ad una stanza, che sia in un museo o in uno spazio abbandonato, dove poter mettere tante immagini; immagini poetiche che diventano opera, fatte sia con oggetti che con arredi. Mi piace pensare che sto seminando in diverse parti queste visioni, è un po' l'esigenza di avere una sorta di città mentale, una piccola residenza fatta di tante stanze o di tanti palazzi.


Ti piacerebbe intervenire su qualche tuo progetto già realizzato? Come agirebbe in questo contesto il concetto di rivisitazione del passato?

E' una domanda molto interessante, ma che non mi ero mai posto. Credo che infondo ognuno nel proprio lavoro cerchi di scavare sempre più a fondo per raggiungere un ipotetico centro, che nel mio caso fa rima con l'intensità, ma poi alla fine queste sensazioni si dimostrano sempre transitorie e momentanee. Credo che cambierei proprio questa sala d'attesa arricchendola ancora di più di oggetti, la farei più carica, quasi soffocante. ..


Diventerebbe una Stanza delle Meraviglie, non credi che tutti questi oggetti possano distrarre?


Ma in barba a tutti i pareri sapienziali sia laici che religiosi, io credo molto nelle cose, credo nel potere degli oggetti e do loro un significato molto forte, perché spesso sono pieni di ricordi e di immagini. Gli oggetti possono avere un potere consolatorio e in qualche modo possono aiutare a sostenere un'esistenza e ad affrontare nel modo più adatto la questione della morte. Penso che per certi versi questa distrazione possa essere salvifica.


Ultimamente hai partecipato insieme ad altri 4 artisti italiani al progetto di residenza presso gli spazi della Galleria Francesco Pantaleone. Qui hai presentato Palazzina Cinese, un'opera che prende in esame il complesso settecentesco in stile eclettico che porta in evidenza un certo gusto esotico ed orientale. Come hai pensato di sviluppare questo tema? E quali altre suggestioni ti ha dato lavorare in una città come Palermo, scelta da molti registi stranieri come Pina Bausch o Wim Wenders per il suo fascino e le sue contraddizioni?


Sono nato a Firenze e vissuto in Emilia e per me Palermo e la Sicilia rappresentano dei luoghi carichi di esotismo. Ho pensato che questa Palazzina Cinese rappresentasse una specie di esotismo nell'esotismo. In pratica ho preso delle cartoline della Palazzina e le ho un po' modificate, poi ho scoperto che i vasi che raccolgo dell'amarena Fabbri sono disegnati con un motivo cinese...Ho mischiato un po' tutte queste cose che alla fine ruotano intorno al tema dell'esotismo, un tema che contiene molte suggestioni e una forte fascinazione che può anche portare a dei veri e propri disastri.
Nei giorni trascorsi a Palermo ho visto tante cose ed è stato molto difficile scegliere fra il piacere e l'orrore; mi viene in mente Persia Capta un'espressione che si usava per la Persia; in un certo senso potremmo dire Palermo Capta. L'idea di Laura Barreca di queste mini residenze per artisti da' la possibilità di lavorare veramente sulla città su mille piani e su mille questioni che solamente una città come Palermo può avere. Ho scelto di fare questo ulteriore salto mortale realizzando questo lavoro perché mi sembrava racchiudesse mille scatole, un po' come le matrioske russe.


Quali sono i tuoi progetti futuri? Prevedi altri interventi di riqualificazione?


Mi piacerebbe continuare il progetto su Ustica che è un lavoro un po' differente dal mio standard tradizionale. L'asse portante dell'idea è quello di ricostruire dei gadgets, come se la linea area Itavia ci fosse ancora, una specie di collezione di quel velivolo, come di solito fanno le compagnie con modellini, cartoline, o foulard... E' chiaro che questa collezione avrebbe un significato diverso e molto importante dal momento che l' Itavia è l'unica linea area scomparsa subito dopo l'incidente.
Per quanto riguarda i progetti di riqualificazione penso che questi ambienti pubblici ti diano una grande forza e un'energia che va un po' depositata, e quindi per il momento non ho altri progetti in serbo.



Flavio Favelli, Sala d'attesa. Riqualifica del Pantheon della Certosa di Bologna
intervento permanente presso il Pantheon alla Certosa, Via della Certosa, 18 Bologna


Da un’idea di:

Francesco Amante, Presidente dell’Associazione degli Amici della GAM di Bologna e da lui promossa con l’Ufficio Nuove Istituzioni Museali del Comune di Bologna - Settore Cultura e rapporti con l’Università.

 

Progetto architettonico ed esecutivo:

Flavio Gardini Architetto - NOBO project lounge


Con la collaborazione di:

Associazione Viafarini, Milano

Per informazioni: tel. +39 0266804473

pressoffice@viafarini.org

http://www.viafarini.org

 

Il comunicato stampa pubblicato su Pressrelease

 


Immagini:
Flavio Favelli, sala d'attesa, Pantheon della Certosa di Bologna, 2008. Fotografie di Dario Lasagni
Flavio Favelli, I-TIGI n.1 (Saluti da Roma), 2007. Cartolina dipinta con cornice, 26x22



Antonella Miggiano è esperta in Comunicazione e didattica per l'Arte Contemporanea. Collabora con UnDo.Net, vive e lavora a Milano.

 

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