Attraversare le contingenze allargando le prospettive

15/07/2008
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Spazi Temporaneamente Dimenticati

Non proprio TAZ ma spazi in attesa di nuovi usi e identita': centrali idroelettriche, parcheggi, complessi doganali, ex-linee ferroviarie, monumenti... L'architetto Luca Emanueli parla di ToReplace.bz, una ricerca sui luoghi potenzialmente adatti ad ospitare attivita' artistiche nel territorio altoatesino. L'idea di base e' riposizionare siti dimenticati, trascurati, scomparsi dalle mappe. Non solo spazi ex-industriali, ma anche strutture periodicamente sottoutilizzate, fabbricati nuovi non ancora locati, edifici in agonia. Luoghi che possono mutare in funzione di nuovi ospiti; ambienti a "bassa definizione" dove l'evento da corpo allo spazio piu' dei muri, come le necessita' del presente hanno sempre fatto con la storia.



(grado 2) Lago artificiale, piattaforma sul lago di Fortezza.Vista


(grado 2) Lago artificiale, piattaforma sul lago di Fortezza. Plan (particolare)


(grado 0) Cava Flor. Foto Matteo Serri


(grado3) Pac Laives area produttiva Vurza. Vista esterno


(grado3) Pac Laives area produttiva Vurza. Vista interno


(grado 0) WOC. Foto Matteo Serri


(grado1) Galleria n.11. Vista


(grado 1) Galleria n.11. Plan


Intervista a Luca Emanueli

A cura di Elvira Vannini

Una riflessione sul concetto di architettura a bassa definizione, la riconversione di spazi ex-industriali, la logica del low-fi applicata alla dimensione progettuale: cosa focalizza ToReplace.bz ?

ToReplace.bz è una ricerca svolta per l'Ufficio Cultura Italiana della Provincia Autonoma di Bolzano finalizzata a suggerire luoghi del territorio altoatesino in cui ospitare attività artistiche promosse da singoli, operatori pubblici e privati, prodotte dal nuovo Museion e in attesa della settima edizione di Manifesta. Ambienti di piccole e medie dimensioni satelliti delle sedi istituzionali, un tempo utilizzati e oggi senza senso e orientamento in attesa di nuovi usi e identità. Dunque prima di tutto ToReplace.bz è un riposizionamento sulle mappe del Trentino Alto Aldige di luoghi abbandonati - per esempio dighe, centrali idroelettriche, laghi artificiali, fortezze, complessi doganali, sbarramenti, ex-linee ferroviarie - localizzati in modo diffuso nel territorio, con l'individuazione di più di 70 spazi possibili per l'arte e la cultura.
La logica del low-fi applicata alla dimensione progettuale porta ad enfatizzare l'uso degli spazi rispetto alla loro forma. L'idea che è alla base di ToReplace.bz è riposizionare, riconoscendone le potenzialità d'uso, luoghi dimenticati, trascurati, scomparsi dalle mappe. Non solo spazi ex-industriali, a volte, sono anche aree di parcheggio, strutture attive ma periodicamente sottoutilizzate, fabbricati nuovi non ancora locati, edifici in agonia, che attendono di essere demoliti, ecc. la variabile temporale è essenziale: spesso si è cercato di individuare i tempi morti durante i quali delle architetture o degli ambienti sono inutilizzati, sospesi.

Dunque un progetto di mappatura degli spazi post-industriali in Trentino Alto Adige. Quale panorama ne è emerso? Come è avvenuto questo processo di mapping, questa strategia di riattivazione degli spazi, di conversione e riuso temporaneo, quale metodo avete assunto?

Io sostituirei il concetto di 'disponibili' a quello di post-industriali. Non è una ricerca sull'estetica dello spazio ‘ex’ o ‘post’ industriale ma una ricerca utilitaristica per trovare luoghi anomali e disponibili ad ospitare eventi, allestimenti, installazioni. Oltre ad osservare il territorio con uno sguardo laterale, estraneo rispetto alla ripetitività di un paesaggio quotidiano, abbiamo avuto un forte supporto da operatori e abitanti locali. L'idea del progetto diventa un'operazione strategica, una complessità figurale per gestire il caos, nello scenario della città e del territorio.
Attraverso una valutazione progettuale abbiamo definito quattro gradi di avvicinamento: i luoghi che non necessitano di alcun intervento e sono pronti per essere utilizzati (il grado 0), basta accorgersi della loro presenza, verificarne la disponibilità, riconoscerli senza che sia necessaria alcuna modifica della loro condizione. Altri necessitano di lavori minimi (il grado 1) come porre in sicurezza, attrezzare e fornire i servizi di base. Per altri ancora (il grado 2) sono previsti interventi parziali con cui si altera la percezione attraverso l'inserimento di un singolo elemento per suggerire nuovi usi o indurre a un bisogno di recupero totale con il tempo. Infine i veri e propri progetti (il grado 3) ossia quei luoghi che cambiano identità con l'inserimento di una struttura elementare. Il procedimento consiste nell'aver posto una serie di requisiti nell'ambito di una strategia del basso profilo e secondo criteri selettivi radicali. Sono esempi fattibili ed economici.

In che modo i luoghi di ToReplace.bz possono diventare spazi alternativi e nuovi canali per l'arte? Altri esempi in Italia a all'estero di casi di occupazione temporanea, con scenari provvisori di attivazione urbana?

Credo che questi fenomeni si possano sviluppare in termini molto proficui. La stessa Manifesta ha sempre operato in questa logica, i casi eclatanti e noti sono comunque legati allo sfruttamento commerciale. L'uso temporaneo di spazi e ambienti non è comunque una novità, anzi rientra in alcune strategie di marketing sempre più diffuse, dai Guerrilla Stores nati a Berlino, che aprono e chiudono a una velocità sconvolgente, al ristorante The Reindeer di Londra, per fare alcuni esempi sull'idea che il concetto di temporaneo e quindi molto esclusivo, crei l’evento, proprio per la sua durata limitata.

Infatti in termini di marketing, esistono i temporary shop, come accennavi ai Guerrilla Store: aprono all' improvviso, spesso in spazi occupati da negozi dismessi nelle periferie urbane, quasi delle TAZ o zone temporaneamente autonome nell'accezione di Hakim Bay. Anche molte pratiche artistiche assumono come modello paradigmatico il mercato, il souk, il bric à brac, sempre con modalità transitorie, precarie, di passaggio. In che senso intendete il concetto di temporary? Quali dinamiche si attivano?

Per cultura siamo legati all'inerzia dei luoghi, alla loro storia e ostacolati dalla lentezza di ogni processo di modificazione. L'uso temporaneo dei luoghi è quasi utopia ma l'arte può rivelarsi un grimaldello per una strategia pubblica di uso temporaneo dello spazio.
Alcuni esempi di ambienti a bassa definizione sono la Stazione Leopolda di Firenze, le Corderie dell'Arsenale di Venezia, l'Hangar Bicocca di Milano, il Palais de Tokyo di Parigi, ovviamente con alcuni distinguo nell'assimilarli, in cui l'operazione di replacements mette a disposizione uno scenario spaziale poco finito, trattato con discontinuità, pronto per continue metamorfosi e sempre nuovi allestimenti a ogni manifestazione, conferendo nuove immagini e forme allo spazio in funzione di un nuovo ospite. E nonostante questo continuo processo di adattamento e mutevolezza, l'edificio è sempre più riconoscibile. Questi ambienti a bassa definizione diventano per le loro caratteristiche – spazi informali, diffusi, adattabili – una nuova risorsa offerta a chi definisce le politiche, gestisce e promuove la ricchezza di un territorio.
La variabile del tempo è fondamentale. Gli ambienti sono spesso a disposizione per un tempo limitato, a volte per un tempo alterno, nei vuoti che si trovano all'interno di ogni programma pubblico. A prescindere dalla destinazione futura, in molti degli edifici analizzati, per ora, nel lasso di tempo delle scelte sospese, si usa una parte senza interferire nel loro destino.
Un caso estremo, nella direzione della temporalità, è stato quello di alcune strutture frontaliere del Brennero: una scheda era pronta, è stata cancellata prima della pubblicazione perchè la struttura è stata demolita.

Il Terzo paesaggio, secondo l'accezione di Gilles Cléments, è un'area residuale, in cui non sono avvenuti processi di omologazione, un territorio di rifugio per la diversità, per ciò che rimane marginale rispetto a ciò che è sistemico... c'è una confluenza con questa idea di residuo?

Nel nostro caso forse sarebbe meglio parlare di assenza di paesaggio, i luoghi di ToReplace.bz sono spazi dimenticati, temporaneamente, dei veri e propri buchi nella geografia urbana. Il processo diventa l'innesco per una operazione, come ti dicevo, di riposizionamento, un primo passo per far sì che i loro nomi, le loro identità cancellate o sbiadite delle mappe dell'Alto Adige possano tornare ad essere leggibili. Lo spazio creativo spesso è un luogo ricavato. Nella pubblicazione ci sono una serie di interviste curate da Denis Isaia che affrontano queste problematiche, mentre il lavoro di ricerca era in corso, senza che gli intervistati avessero visto ancora i contenuti della pubblicazione, mentre Matteo Serri ha fotografato alcuni dei luoghi schedati, quasi una risposta per immagini alle questioni sollevate.
Una nota: per questo lavoro devo ricordare soprattutto tre persone che nella fase iniziale hanno contribuito in maniera significativa e sono Francesca Bergamini, Sara Carlini e Giorgia Lupi.

I Raqs Media Collective, una delle tre unità curatoriali della prossima Manifesta7, hanno dichiarato di voler costruire un atlante dell'abbandono, ricollegandosi all'interesse nella loro ricerca per i luoghi residuali in cui è avvenuta un'attività produttiva. Nella costruzione di questo atlante, che ruolo potrebbe avere ToReplace.bz, la vostra mappatura?

Alla fine non mi risulta che questa idea abbia trovato applicazione per Manifesta7. Raqs Media Collective, lavorerà in uno degli spazi rilevati, l'ex stabilimento Alumix, una costruzione dell'ex industria nazionale dell'alluminio realizzata nel 1936, un complesso costituito da due edifici, a due piani, che ospitavano uffici, attività produttive e spazi aperti; una struttura dismessa, in attesa di un progetto di conversione, già molto conosciuta ed utilizzata per altre manifestazioni.
Il nostro interesse resta comunque legato alle potenzialità d'uso di un luogo dimenticato, scomparso dalle mappe, dalla geografia, che assume valore non tanto per la memoria che veicola, ma per le potenzialità e le possibilità che potrebbe attivare in futuro.

Sei stato invitato da Francesco Garofalo - il curatore del Padiglione Italiano all’11. Mostra Internazionale della Biennale di Architettura, diretta da Aaron Betsky, che si svolgerà il prossimo settembre a Venezia - a partecipare alla mostra "L’ITALIA CERCA CASA. Progetti per abitare e riabitare le città": ci racconti di questa esperienza? Di cosa si tratta e come l'hai sviluppata?

Il lavoro che stiamo facendo riguarda la “casa essenziale”. Il testo introduttivo afferma “la casa essenziale è sproporzionata nella composizione: alcune parti sono ridotte allo stretto necessario, all'indispensabile mentre altre crescono. Una casa, per questo disequilibrio, è vocata all'uso temporaneo quando un aspetto del proprio vivere diventa preponderante e con prepotenza riduce tutto il resto. Una divisione dello spazio estremamente selettiva con una gerarchia esasperata. Se lo spazio è il lusso, rendendo marginali le funzioni accessorie, di servizio, riducendo l’estensione a loro dedicata al minimo, all'essenziale, per giungere, in alcuni casi, all'esclusione della funzione dalla casa. Non permettere che ciò che è servizio, accessorio, consumi lo spazio a discapito della funzione dominante che è essenza, è eccesso e spreco.”
Se il ragionamento fosse portato alle estreme conseguenze, questo processo diventerebbe fattibile, superando alcuni degli ostacoli che si frappongono in termini normativi e di mercato. E' quindi necessario porre alcune condizioni riguardo la norma - come modificarla - e le consuetudini - come superarle. La ricerca sull'abitare è un tema ricorrente da anni nel nostro percorso, nell’installazione che cureremo sarà compreso un video che presenterà lo sviluppo del tema centrato sul rapporto tra normalità e anomalia, tra norma e normalità che si evolve, si modifica nel tempo, tra normalità e disturbo.

Prossimi progetti in corso?

Stiamo lavorando alla nuova sede per ZoneModa a Rimini. Un progetto, in fase iniziale, di recupero dell'ex-macello, che abbiamo sviluppato con Mario Lupano. Un altro progetto riguarda la trasformazione di una grande area destinata a parcheggio in parco urbano, che ospiterà automobili alcuni giorni della settimana e in alcuni orari della giornata. La cosa che comunque attualmente mi impegna maggiormente è seguire il laboratorio sealine con sede a Riccione, sul tema degli ambienti iper-naturali.
Sealine è un laboratorio di ricerca permanente nato per studiare e formulare proposte sul tema dello sviluppo sostenibile delle coste attraverso lo sguardo rivolto dal mare (dinamico, fluido, liquido) alla terra (ferma); mappare quello che c’è sott’acqua per dimostrare che anche il mare è urbanizzato, iper-naturale.
Nato dall'incontro tra il Dipartimento di Architettura dell'Università di Ferrara, il Comune di Riccione e alcuni finanziatori privati, sealinelab è un caso, raro, di collaborazione attiva tra mondo della ricerca, l’amministrazione pubblica e l’economia reale. Riccione è la location ideale per sviluppare questa sinergia, sublimazione degli aspetti più innovativi e dinamici di tutta la Riviera Adriatica, rappresenta la realtà più feconda da cui partire per sperimentare.
Il gruppo di lavoro stabile, che ha seguito e segue con me questi lavori è composto da Barbara Stefani, Carlo Ruyblas Lesi e Gianni Lobosco.

http://www.lucaemanueli.net

Elvira Vannini è storica dell'arte, critica e curatrice indipendente. Vive e lavora a Bologna.

 

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