Attraversare le contingenze allargando le prospettive

28/06/2013
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bip bop



Radio Città Fujiko ON AIR, Bologna





Iron (2012) di Francesca Grilli, on air, Radio Città Fujiko, Bologna





Elisa Fontana, ascoltando bip bop. Foto di Elisa Fontana





Alice Militello, Radio Città Fujiko, Bologna





Come una possibilità di incontro, I incontro di lettura, 15/02/2013, Bologna. Foto di Richard Crow





Come una possibilità di incontro, II incontro di lettura, 14/04/2013, Londra. Foto di Richard Crow





Elena Biserna e Giorgio Andreotta Calò, Radio Città Fujiko, Bologna





Elena Biserna, Rita Correddu, Giorgio Andreotta Calò, Francesca Clementoni, Radio Città Fujiko, Bologna





Il suono di un'astronave che atterra. Una conversazione

bip bop, un progetto di Elena Biserna, Rita Correddu e Alice Militello sulle frequenze di Radio città Fujiko 103.1, da gennaio a giugno 2013 è stato un appuntamento radiofonico a cadenza mensile pensato come uno spazio espositivo volto a indagare le potenzialità estetiche, sociali e culturali della radio attraverso la pratica artistica e musicale contemporanea

bip bop, estratto da Episode 2, finale:

Rita Correddu: Pensavo allo spazio, al suono, all'ascolto, agli incontri casuali e ad una naturalezza e spontaneità che mettessero in relazione tutto ciò.
Poi succede che da un dialogo con Francesca Clementoni di Radio Città Fujiko, sul ruolo attuale della radio e le sue possibilità di essere presente al presente, si apre uno spazio per sperimentare nuovi contenuti e ascolti.
Da qui il dialogo continua con Elena Biserna e Alice Militello e inizia la vicenda di bip bop, con il suono di un'astronave che atterra ( 1 ).

Elena Biserna: Sono sempre stata affascinata dalla radio come mezzo mobile, immateriale, delocalizzato.
La trasmissione radiofonica, così analogica e datata, potrebbe sembrare obsoleta nel panorama mediale attuale, ma invece continua ad essere uno spazio amato, frequentato, resistente.
Sin dalle origini la radio è stata un luogo dell'immaginario e dell'immaginazione; una piattaforma generativa in grado di violare i limiti di spazio e tempo, di collegare luoghi e persone, di riposizionare la creazione estetica nelle maglie della quotidianità.
La radio è stata anche una cassa di risonanza delle voci “altre”, un laboratorio di indagine sulle modalità stesse della comunicazione culturale: la sua storia è attraversata da correnti di contestazione, dissenso e trasgressione delle forme culturali assodate e delle convenzioni linguistiche e narrative del panorama mass-mediale moderno.
Poi la radio è anche uno spazio pubblico diffuso, che amplifica e diffonde l'ascolto e la parola come pratiche connettive. Sono questi vettori della radio, della sua storia e delle sue contro-storie, che mi hanno sempre affascinato e, se ripenso a quando abbiamo iniziato a pensare a bip bop, è questa costellazione di elementi che avrei voluto tentare di esplorare.

Alice Militello: L'importanza del mezzo radiofonico sul piano storico e politico, sociale e culturale è ben nota. La radio come strumento di propaganda o veicolo di contestazione, la radio come movimento d'opinione o luogo di ricerca, e ancora la radio come sottofondo del vivere quotidiano ha attraversato generazioni, accompagnato fasi storiche diverse e contaminato vari ambiti culturali.
La storia dell'arte contemporanea, tra gli altri, registra numerose sperimentazioni in questo senso, si pensi al futurismo, solo per citarne uno. Inoltre, la radio ha “subìto” e “risposto” alle evoluzioni tecnologiche che, in taluni casi, ne hanno messo fortemente in discussione il ruolo e le funzionalità.
Nel nostro paese poi il medium radiofonico può vantare una tradizione di grande valore. Nella città di Bologna, ad esempio, numerosi progetti di radiofonia indipendente hanno trovato un humus fertile che ha permesso loro di radicarsi nel territorio. Non a caso è proprio qui che nel 1976 nasce Radio Alice.
Per queste e molte altre ragioni, la radio ha sempre suscitato in me una forte dose di curiosità, per cui ho accolto con entusiasmo la proposta di Rita di pensare a tre un progetto per Radio Città Fujiko che coniugasse il mezzo con l'arte contemporanea.

Rita: Però, come inizia bip bop? Serve un jingle! È Francesco Brasini che interpreta le nostre deliranti suggestioni: un po' swing, un po' surf, un po' fuori, un po' strong, un po'... Eccolo... Fantastico, ci piace!
Definiamo una durata di due ore, una cadenza mensile da gennaio a giugno, una struttura interna attraverso la quale articolare i contenuti, e poi si parte.

bip bop, il jingle di Francesco Brasini:

Alice: Il percorso per la messa in onda della puntata inaugurale di bip bop è stato piuttosto articolato sotto diversi punti di vista.
Il primo interrogativo era come relazionarsi con lo strumento? Che tipo di contenuti produrre? Come consentire all'ascoltatore di seguire il programma? Come avrebbero risposto gli artisti all'iniziativa?
Un'iniziativa priva di sostegno economico e realmente prodotta dal basso. Come porsi rispetto a un tipo di fruizione ormai sempre più accessibile?

Elena: Sin dall'inizio abbiamo immaginato questo spazio come un dispositivo di display, visualizzandolo in modo molto fisico e articolandone la struttura in “sezioni”: dei contenitori che, sebbene flessibili, ci consentissero di integrare contributi diversi (progetti di artisti, documenti della storia della radio, brevi letture, interazioni con altre emittenti...).
Questa “struttura” si è rivelata però più immaginaria e progettuale che evidente nell'ascolto delle puntate perché, dopo molte discussioni, abbiamo deciso di attualizzare questi materiali nello spazio radiofonico in forma di flusso, senza alcuna presentazione o cornice che permettesse di distinguere chiaramente l'ossatura del programma e i vari contributi (affidandoci invece ai titoli di coda e al nostro blog per dare informazioni sui progetti, gli artisti invitati, ecc.).
Da questo punto di vista, bip bop ha alimentato molte domande sui parallelismi e le differenze fra uno spazio espositivo e uno spazio time-based, sulle potenzialità di questi slittamenti e sul come abitarli.

Rita: Fa sorridere ripensarci, ma nessun passaggio nell'ideazione delle puntate è stato immediato.
Muoversi concettualmente nello spazio dell'etere ci ha portato a ragionare concretamente sull'entità di uno spazio temporale di pochi secondi, riconoscendogli la stessa rilevanza di uno spazio temporale più dilatato.
Costruire ogni singola puntata di bip bop è stato riattivare costantemente differenti modalità di azione, scardinare la stessa struttura definita in partenza per assecondare liberamente l'opera e il suo spazio, nel suo rivivere.

Elena: Ogni puntata è stata progettata e costruita attorno a un tema ampio pensato come centro di gravità: la relazione fra oralità, linguaggio e identità individuale e collettiva; le articolazioni della memoria e del ricordo con la dimensione dell'ascolto; la coralità, la polifonia e la voce collettiva; il rapporto suono-spazio...
Abbiamo aperto una dimensione temporale fragile e anche molto vulnerabile, nel tentativo di delineare i contorni di aree discorsive diversificate, costruite per relazioni e connessioni, ma senza mirare a fornire panoramiche esaustive o totalizzanti o cercare di rinchiudere i diversi contributi in circoscrizioni di campo.
Al contrario, per me bip bop è stato un percorso di ricerca che ha aperto numerose strade di indagine, spesso confluenti fra loro, che si sono alimentate vicendevolmente e che rimangono ancora aperte.

bip bop, lettura di Elena Biserna, Episode 4:

Rita: Infatti intorno all'indicazione di un tema, di un intrecciarsi di questioni, si sono accordate le nostre personali ricerche: memorie, simpatie, curiosità, riflessioni.
Così, come una sorta di remix dei propri background le due ore di diretta sono diventate un percorso uditivo di variazioni sul tema. bip bop è stato il luogo effimero e concreto di innumerevoli incontri, anche improbabili, anche impossibili: Lawrence Abu Hamdan, Laura Malacart, Steve Roden, Chris Burden, Adrian Paci, Francisco Meirino, Radio Papesse, Walter Prati, Brandon LaBelle, Giorgio Andreotta Calò, Luca Vitone, William Basinski, Daniela Cascella, Alessandro Bosetti, Libia Castro e Ólafur Ólafsson, Mikhail Karikis, Francesca Grilli, Emilio Fantin, Felix Hess, Saout Radio (Anna Raimondo e Younes Baba-Ali), Luciano Maggiore, Marco Lampis, Cristian Chironi, Giula Casula, Bernhard Leitner, Terry Fox, Walter Ruttmann, Max Neuhaus, Sounday, Francesco Brasini, Meris Angioletti, Jochen Dehn, Ryan Gander, Louise Hervè & Chloé Maillet, Benjamin Seror, Gernot Wieland, Marco Belpoliti e Luca Cerizza.
Ogni puntata come una sorta di staffetta, non per percorrere una distanza, ma per ridarsi un tempo: il tempo di ascoltare.

Elena: Esattamente: l'altro aspetto di cui per me era necessario tener conto era la ritmica interna e la dimensione dell'ascolto.
Come preservare l'autonomia di progetti artistici diversi pur disponendoli in sequenza e non incorniciandoli con una presentazione? Come creare uno spazio-tempo sonoro che contenesse accelerazioni e pause, impennate e dilatazioni?
Queste domande rimangono una sfida ancora aperta: in alcuni casi abbiamo reiterato i materiali creando echi e rimandi all'interno della puntata, in altri abbiamo costruito delle intensificazioni...
Non ci sono formule predefinite.
Ci siamo lasciate guidare dalle relazioni interne ai lavori e spesso abbiamo usato le nostre brevi letture live come una punteggiatura, come delle cesure e, allo stesso tempo, degli spazi di amplificazione di alcune delle questioni teoriche sollevate dai lavori stessi.

Alice: Ciascuna puntata è stata costruita come un percorso fatto di salite e discese, di andamenti talvolta lenti e talaltra battenti, di voci, suoni e silenzi.
Ogni lavoro si richiamava al successivo, e quindi ad una lettura, poi ad un altro lavoro sonoro, e ancora ad un altro intervento, fino a formare una catena di elementi che si davano forza e ragion d'essere l'uno con l'altro.

Rita: Abbiamo deciso di preservare anche gli errori, le titubanze, i respiri delle letture in diretta. Un segnale di verità, di reale presenza dall'altra parte del mezzo.
Abbiamo privilegiato la diretta, con tutte le sue difficoltà e gli imprevisti, supportate alla regia da Matteo Ferrari (Super Babe). Abbiamo così potuto essere anche noi spettatrici di ogni puntata di bip bop, mentre prendeva forma.

Alice: Sì, e per questo abbiamo deciso, almeno nell'immediato, di non utilizzare il supporto del podcast, ma di puntare tutto sulla dimensione live: una decisione forse anacronistica rispetto ai tempi correnti, che ci ha esposto a qualche critica e penalizzato nella diffusione del progetto, ma che abbiamo deciso di rispettare per conferire maggiore risalto a ciascuna puntata e per rispetto di quegli artisti che hanno chiesto di non riprodurre ulteriormente la traccia, se non addirittura di distruggerla.
Inoltre, la preferenza della messa in onda dal vivo credo sia scaturita anche dalla necessità di trovare una modalità di affiliazione del pubblico, cercando di creare un appuntamento fisso, unico e non replicabile.

Elena: In corso d'opera, sono poi emersi nodi problematici che ci hanno costantemente portato a interrogarci sul senso della nostra operazione e a cui via via abbiamo dato risposte solo in via euristica confrontandoci con gli artisti stessi: se inizialmente avevamo pensato di presentare esclusivamente lavori realizzati per la trasmissione radiofonica, sin da subito ci siamo trovate ad allargare il nostro spettro a progetti nati in dimensione installativa, performativa o su altri supporti.
Che senso ha questa decontestualizzazione? Cosa significa ri-attuare in radio un lavoro inizialmente pensato per un altro luogo, per un'altra fruizione?
Da questo punto di vista, la puntata che per me è stata forse più problematica (ma anche generativa di interrogativi sul progetto) è stata quella sul rapporto fra ascolto e spazio, sia perché molti dei progetti presentati erano contestuali, sia perché indagare questa dimensione non poteva sganciarsi da una riflessione sulla spazialità radiofonica.

Alice: Gli interrogativi non sono mancati neanche sul piano della comunicazione. Come spiegare agli ascoltatori le nostre proposte mensili per il programma?
Dopo numerosi confronti, si è scelto di redigere una guida all'ascolto che contenesse le informazioni necessarie sulle opere trasmesse, sugli artisti, curatori e studiosi invitati ad intervenire.
Un po' come quando si va a teatro: ci si accomoda, si attende che si spengano le luci, si prende il libretto e si segue l'opera.

Rita: Gli appuntamenti mensili con bip bop hanno attivato sempre ricerche e riflessioni, mai scontate.
bip bop ha preso la forma di un ragionamento in atto che esclude conclusioni: c'è un tempo/spazio definito/indefinito, c'è chi sta da una parte e parla e ascolta, c'è chi sta dall'altra e parla e ascolta.
C'è una distanza che non c'è, nella radio come uno spazio espositivo, dove l'opera raggiunge chi l'ascolta e forse così esiste di più, forse...

bip bop, sigla finale, Episode 6:

Alice: Ad ogni modo, anche dopo alcune puntate certi dubbi restano. Sicuramente bip bop è stata un'esperienza positiva e stimolante, mi ha dato modo di conoscere altre prospettive e pratiche artistiche, di interagire per la prima volta con diversi rappresentanti dello scenario artistico culturale contemporaneo.
Alcuni aspetti del programma vanno certamente approfonditi e implementati, ma nel complesso l'impressione personale, confortata dai feedback ricevuti da più parti, è che il programma abbia funzionato e bene.

Elena: A posteriori, l'elemento che forse mi ha più colpito è la porosità fra lo spazio radiofonico e quello esterno. Lavorare in FM, da questo punto di vista, è fondamentale. Ti pone nelle condizioni di finire nelle case e nelle automobili di chiunque, cambiando stazione di ascolto, si sintonizzi sulla tua frequenza, senza alcuna intenzionalità. Si tratta di un fatto banale ma ricco di implicazioni.
Radio Città Fujiko non è una radio connotata in senso artistico. bip bop ha una cadenza mensile, è fuori-fase rispetto alla programmazione radiofonica.
Prende temporaneamente il posto della trasmissione normalmente pianificata in quel giorno della settimana. Quasi sempre il presentatore del programma precedente ha annunciato la trasmissione che usualmente sarebbe dovuta andare in onda. In questo modo bip bop, nonostante il blog e la nostra comunicazione, è rimasto quasi un'incursione.
Da alcuni punti di vista, mi sono resa conto che la cosa, nel suo piccolo, stava funzionando quando uno dei coordinatori di Radio Città Fujiko ha ricevuto delle chiamate di ascoltatori che, imbattendosi in bip bop, lo volevano avvertire del fatto che uscivano dei suoni strani dalla radio!

Rita: Sì. E ad un certo punto anche bip bop è uscito dalla radio per poi rientrarci con il progetto di Lucia Farinati che presenteremo nell'ultima puntata:"Come una possibilità d'incontro". Una lettura corale di Autoritratto di Carla Lonzi.
Abbiamo creato dei gruppi di lettura, fuori dalla radio, in un'atmosfera domestica e conviviale, coinvolgendo alcuni degli artisti, alcuni dei più affezionati ascoltatori e, insieme, altre nuove conoscenze a ridare voce alle parole del testo di Carla Lonzi. Incontri informali fuori dalla radio così come la radio altrettanto informalmente incontra chi la ascolta.

(1) bip bop é l'onomatopea che indica questo suono


Il blog


Elena Biserna (1982). Ha studiato Lettere e Storia dell'arte contemporanea all'Università di Bologna ed è Dottore di ricerca in Studi audiovisivi presso l'Università di Udine. I suoi interessi vertono sulle aree interdisciplinari della ricerca estetica concentrandosi, in particolare, sul suono espanso, sull'ascolto e sulle pratiche contestuali, urbane, effimere, partecipative. Ha collaborato con diverse organizzazioni per lo sviluppo di progetti culturali, curatoriali ed editoriali, ha tenuto lectures e seminari e, attualmente, è docente a contratto all'Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha scritto articoli, saggi e interviste per riviste, cataloghi e libri.

Rita Correddu (1983) è artista, vive e lavora a Bologna. Nel 2009 vince il Premio Iceberg (sez.arte pubblica) e nel 2011 rappresenta la città di Bologna alla XV Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo. La sua ricerca contempla visioni e ascolti, per questi collabora con Michele Braga, musicista e sound designer. Tra le ultime mostre: (2013 )Festival PerAspera Drammaturgie possibili VI edizione, Villa Aldrovandi Mazzacorati, Bologna; Geografie della memoria, Cittadella dei Musei, Cagliari (CA), a cura di Laura Vittoria Cherchi; (2012) Correddu, Genchi, Trevisani, Vitone, Casabianca, Zola Predosa (BO); Out of focus, Padova, a cura di Superfluo Project; Cuore di Pietra. Un progetto di Public Art a Pianoro, Pianoro (Bo), a cura di Mili Romano.

Alice Militello (Siracusa, 1983). Si è laureata in Storia dell'Arte nel 2008 presso l'Università di Bologna. Recentemente ha conseguito il diploma presso la Scuola di Specializzazione in Beni storico-artistici dell'Università di Udine. Nel 2010 ha frequentato il Corso di perfezionamento MuSec (Economia e Management dei Musei e dei Servizi Culturali) presso l’Università degli studi di Ferrara. Dal 2007 al 2009 ha collaborato all'attività della galleria d'arte contemporanea neon>campobase di Bologna, seguendo, insieme a Rita Correddu, il progetto “Container: laboratorio/osservatorio mobile di arte pubblica “e “gAP – Giovani per l'Arte Pubblica”. Di recente (2011) si è occupata dell'organizzazione e coordinamento di Ælia Media, un progetto dell'artista Pablo Helguera, vincitore della prima edizione del Premio di Arte Partecipativa, a cura di Julia Draganovic e Claudia Löffelholz, promosso dall'Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna. Da gennaio a marzo 2012 ha svolto un periodo di tirocinio e ricerca presso il Center for Contemporary Arts (SCCA) di Ljubljana. Nel Luglio 2012 ha curato il progetto di Rita Correddu, “Everybody needs a place to think (da qui e altrove)”, realizzato presso il Museo della Musica di Bologna nell'ambito dell'iniziativa “CentoCage”. Al momento sta lavorando alla realizzazione di un festival di Arti Contemporanee a Siracusa.