di Marianna Liosi
Tra la miriade di eventi che quotidianamente si susseguono nella capitale culturale tedesca, azzarderei che il
Berlin Documentary Forum edizione 2014, potrebbe essere annoverato come l’evento più interessante, meglio concepito e sviluppato a cui ho potuto partecipare, per lo meno in questi primi sei mesi dell’anno.
Dal 29 maggio al 1 giugno
diciassette progetti - ognuno con diversi formati e forme - sono stati presentati presso l’Haus der Kulturen der Welt. Tra questi, seminari e tavole rotonde con la partecipazione, fra gli altri, di Catherine David, Roee Rosen, Nikolaus Hirsch, Beatriz Colomina, Jorge Otero Pailos, Parviz Kimiavi, Koyo Yamashita, Sakai Ko, Eduardo Thomas, Hamaguchi Ryusuke, proiezioni di film, le installazioni di Harun Farocki e Smadar Dreyfus e infine dj set per ogni serata.
“La realtà è il risultato di una lotta” è la prima frase stalattitica del testo scritto dalla direttrice artistica del forum,
Hila Peleg, curatrice di origine israeliana residente a Berlino.
Il concept dell’intero progetto ruota attorno alla messa in discussione delle nozioni di Realtà e Storia come narrative coerenti e prive di contraddizioni, attraverso le quali la società e la cultura vengono strutturate e definite. Quando l’esplorazione di questa narrativa diventa parte di una strategia artistica, è possibile intervenire nelle strutture gerarchiche delle realtà e nella loro dimensione politica.
E’ così che nella conversazione con proiezione “Indigeneus Activism in the Americas”, Maria Thereza Alves, Jimmie Durham, Ampam Karakras e Richard Hill hanno ripreso in mano l’archivio di Andrea Tonacci, un film maker italiano vissuto in Brasile e che negli anni ’70 aveva condotto video interviste a diversi capi indigeni delle comunità degli indiani d’America.
“Narco-Capitalism. Mexico on the Brink” suddiviso in tre capitoli tematici, è il progetto collaborativo di Sylvère Lotinger, il documentarista Jesse Lerner e il giornalista Sergio Gonzalez Rodriguez . Attraverso documentari, interviste originali, musica popolare, film low-budget i partecipanti hanno analizzato la narco-cultura, cioè le intersezioni che il traffico di droga è riuscita a creare con la politica e gli apparati statali, l’economia locale e internazionale, la società, la questione di genere e la cultura popolare.
La lettura performativa a più voci della graphic-novel
“An Oral History of Picasso in Plaestine” è un progetto di Michael Baers. L’artista è venuto a sapere nel 2010 dell’intenzione di trasportare il celebre dipinto di Picasso datato 1943 “Buste de Femme” a Ramallah per una mostra all’Accademia Internazionale di Arte, Palestina nel 2011. Il difficile coordinamento del prestito da parte del Van Abbe Museum ha creato una sorta di caso emblematico impregnato di problematicità e sfociato immediatamente nell’ambiguità di concetti come confine, appartenenza, nazione, occupazione.
La graphic-novel è pubblicata on line su berlindocumentaryforum.de
Shaina Anand e Ashok Sukumaran hanno esplorato come la digitalizzazione abbia aperto nuove possibilità nella sorveglianza e nella circolazione, impiegate entrambe da e contro egemoniche formazioni di potere. I due artisti presentano tre categorie di media centrali nell’articolazione del controllo sociale in India negli ultimi anni: intercettazioni telefoniche, giornalismo investigativo di intrattenimento e video di vigilanza.
Gli accadimenti che hanno segnato nel 2011 la vita politica del Nord Africa sono stati il tema della tavola rotonda curata da Sohrab Mohebbi
“Al Jazeera Replay (Feb 1-4, 2011)”.
Mohebbi, insieme alla corrispondente AJE Rawa Rageh, che ha documentato da Il Cairo e Alessandria d’Egitto la rivoluzione e Scott Bridges, autore del libro recentemente pubblicato “18 Days: Al Jazeera English and the Egyptian Revolution”, esplorano una serie di questioni di grande attualità. Tra queste, il ruolo dei mainstream media nella documentazione di fatti storici e l’identificazione della stessa AJE come mezzo della rivoluzione (e non solo come tramite documentativo), il valore dell’immagine in uno specifico qui-ora, il cui senso cambia totalmente nell’arco di poche ore.
Di particolare impatto è stata la pièce teatrale di Rabih Mroué
“Riding on a Cloud”, basata su una vicenda vera che riguarda il fratello dell’artista, Yasser Mroué.
All’età di diciassette anni Yasser viene colpito in testa da un proiettile durante la guerra civile in Libano, incidente che ha causato la paralisi della parte destra del suo corpo e un’afasia permanente. Questo tipo di disturbo cerebrale determina un problema con le rappresentazioni. Il ragazzo poteva riconoscere persone e oggetti quando erano fisicamente di fronte a lui, ma non era in grado identificarli se vedeva una loro immagine.
Attraverso musica e canto, la proiezione di dialoghi, pensieri e immagini, Yasser racconta le tappe del suo tentativo di reagire al disturbo. Sotto consiglio medico, infatti, ha iniziato come consuetudine a girare video.
Il coinvolgimento emotivo dello spettatore è forte sin dall’incipit. La narrazione si svolge in maniera estremamente semplice e lineare, per questo immediata e di grandissimo effetto. Come avviene attorno al tavolo quando la famiglia si riunisce, una vicenda privata di un membro, strettamente interconnessa alla Storia drammatica di un intero popolo e di una nazione, diventa rapidamente per gli altri un caso altrettanto personale, soggettivo, proprio.
Unico dubbio che interroga lo spettatore durante tutto il corso della performance è se Yasser-attore insceni effettivamente sé stesso. Il mistero è svelato con la leggiadria e la poesia che solo un gesto d’amore fraterno può raggiungere, nell’ultima scena finale in cui l’attore arrangia alla chitarra un brano suonando lo strumento con la mano sinistra, coadiuvato dal fratello Rabih con la destra.
Ulteriori informazioni su
Berlin Documentary Forum
Marianna Liosi è laureata in Progettazione e Produzione delle Arti Visive presso lo IUAV di Venezia. Dopo diverse esperienze presso istituzioni internazionali, è stata nel 2008 assistente alla produzione per Manifesta7 e dal 2009 lavora come curatrice indipendente. Predilige la pratica collaborative ed è interessata a indagare il ruolo del curatore come mediatore tra l'arte e la società. Attualmente svolge una ricerca a lungo termine sulla relazione tra tempo libero e lavoro. Vive e lavora a Berlino.