Attraversare le contingenze allargando le prospettive

14/12/2015
stampa   ::  




Non c'e' 7 senza 8

Vincenzo De Bellis è un giovane curatore e critico, co-fondatore e direttore dello spazio non profit milanese Peep Hole, ha partecipato a diversi progetti come il Gas Curator a Museion di Bolzano ed ha effettuato attività di ricerca e docenza negli Stati Uniti dove ha tenuto un master presso il Centre for Arts and Curating a New York. De Bellis è il curatore della mostra “Ennesima - una mostra di 7 mostre inaugurata il 25 novembre alla Triennale di Milano.



De Bellis


Pietro Roccasalva, Study from Just Married Machine I


Marisa-Merz, Senza titolo


Ketty La Rocca, Appendice per una supplica


Vincenzo Agnetti, Autoritratto


Alessandro Pessoli, Osservatori


Gino De Dominics, Senza titolo


Maurizio Cattelan, A perfect day


Intervista a Vincenzo De Bellis a cura di Annalisa Cattani

Anzitutto perché è stato scelto questo titolo?

“Ennesima” ha diversi significati e si rifà, secondo la lingua italiana, a qualcosa di ulteriore, in questo caso un ulteriore approfondimento sull’arte italiana. Ennesima significa anche che ci sono “N possibilità” di affrontare un tema vasto come questo, ma Ennesima è anche e soprattutto la citazione di un’opera di Giulio Paolini del 1973 che è divisa in 7 tele, da cui ho tratto spunto per immaginare 7 diverse possibilità, 7 formati espositivi differenti per raccontare la storia dell’arte italiana.

Mi piace l’idea di creare 7 mostre autonome, senza fare quindi un unico punto della situazione anche se in Italia ci sono state molte mostre sull’arte italiana, (sempre troppo poche a mio parere). E' interessante l’idea di fare 7 mostre autonome che definiscono una vera e propria grammatica espositiva, diventando un percorso di conoscenza e di modalità espressive.

È esattamente questo, cioè è una meta mostra. Per Ennesima ho scelto, insieme ai miei collaboratori, 7 formati espositivi tra i più diversi e più diffusi: quello di mostra collettiva tematica, sul movimento, una personale, sulla scelta di un mezzo espressivo (un medium), una esposizione d'archivio, una generazionale, una con installazioni site specific. Questi sono i 7 formati scelti; ognuno di questi formati è stato affrontato in un modo specifico, come ognuno di essi necessita, secondo il mio punto di vista.
Come dicevi tu, Ennesima non vuole fare il punto della situazione, non vuole decretare cosa sia giusto e sbagliato, cosa resterà e cosa no della storia dell’arte italiana nel futuro. È un racconto in 7 tappe autonome, ma legate tra loro, in modo molto personale, a seconda della visione del curatore che è stato invitato a realizzarle.

Sono molto d’accordo su questo e mi viene in mente quanto è venuto fuori al Forum dell’arte contemporanea al Museo Pecci di Prato, dove ci si interrogava su molteplici argomenti tra i quali il concetto di formazione. Una mostra, infatti, può essere altamente formativa diventando meta-mostra, sviluppando cioè un pensiero critico e trattando, sia chi vi partecipa da addetto ai lavori che gli spettatori, da persone intelligenti, per creare quasi una sfida...


Sì, il pubblico dell’arte deve essere costantemente allargato e bisogna cercare di evitare il più possibile, nelle istituzioni pubbliche, di essere esplicativi. Ennesima può sembrare complessa nella sua costruzione ma poi, entrando in mostra, le sue declinazioni sono chiare. Il visitatore la può affrontare come un percorso unico o come 7 mini storie. A me piaceva che ogni visitatore potesse crearsi la propria storia sulla base di un tracciato che io ho definito. Infatti anche le pubblicazioni che accompagnano Ennesima sono 7, tante quanti i formati espositivi, ne esiste una per ogni stanza oltre a una guida generale di tutta la mostra.

Puoi illustrarci il percorso espositivo?

Il punto di partenza è una grande opera di Luciano Fabro “Due nudi che scendono le scale ballando il Boogie-Woogie” che è esposta per la prima volta in Italia nonostante sia stata realizzata nel 1989. Si tratta di una grande installazione composta da più elementi, tra cui due in marmo e uno in lamiera per il sonoro. Quest’opera dà il là al formato espositivo della mostra, quello di tipo tematico, dove il curatore sceglie un argomento e lo sviluppa nel modo che crede più corretto.
È il formato più soggettivo di tutti quelli esistenti, ho deciso di affrontare il tema della scrittura dell’immagine (dell’iconografia) presentando opere di 23 artisti che dagli anni '70 ad oggi hanno lavorato, alcuni in connessione tra loro, altri in modo totalmente indipendente, alla realizzazione di opere per ottenere un’immagine o un immaginario molto personale. Oltre a Fabro ci sono artisti come Alighierio Boetti, Mario Merz, Gino De Dominicis, Marisa Merz, Luigi Ontani; più una schiera di giovani artisti a partire da Lara Favaretto, Giuseppe Gabellone, Diego Perrone e altri ancora…
Successivamente si passa a una mostra su un movimento artistico: la poesia visiva. L’ho scelta innanzitutto perché nasce in Italia, nel 1963, con un convegno a Firenze e successivamente perché è uno di quei movimenti artistici italiano poco conosciuti, ma con un valore storico a livello internazionale molto alto. Molti artisti della poesia visiva entrano a far parte del movimento internazionale chiamato Fluxus, un’avanguardia del secondo dopoguerra tra i più importanti in assoluto.
La poesia visiva è il complemento dell’iconografia: infatti se l’iconografia è la scrittura dell’immagine, la poesia visiva è l’immagine della scrittura, si tratta cioè di tutti quegli artisti che hanno lavorato sulle relazioni che ci sono tra il linguaggio e le arti visive. Questa parte di Ennesima affonda le radici in un periodo storico: gli anni '60 e '70.
Il terzo passaggio (o terza stanza) è dedicato a Alessandro Pessoli, c’è una sua personale. Artista italiano, nato a Cervia nel 1963, risiede all’estero da tanti anni ed è alla sua prima mostra personale in un’istituzione italiana pubblica. Di Alessandro presentiamo 5 opere, di cui una mai presentata prima che racconta di 1560 disegni da lui realizzati nel 1990, durante il servizio militare.
Il quarto formato è dedicato a un mezzo espressivo, ho scelto di concentrarmi sulla performance e ne ho scelto un tipo particolare che implichi uno stato di fissità del corpo, un elemento vivente ma fisso. Questa tipologia prende il nome, in gergo, di tableau vivant (quadro vivente) nella stanza sono presenti 7 Tableau vivant/performance dal vivo, più una serie di altre opere realizzate con mezzi diversi quali fotografia, video, scultura, slideshow, dipinti che alludono all’idea di performance, o che sono la documentazione di essa.
Poi si passa al quinto formato, dedicato all’archivio. Forse uno degli aspetti più interessanti degli ultimi anni.
Le ricerche sugli archivi sono state infatti una caratteristica degli ultimi anni, sia da parte degli artisti che da parte dei curatori. Io scelgo di presentare un nuovo archivio che abbiamo costituito in occasione della mostra stessa. Abbiamo creato infatti l’archivio dello spazio di via Lazzaro Palazzi, un’esperienza di autogestione di 12 artisti che, tra gli anni '80 e '90, hanno fondato lo spazio nel quartiere di Porta Venezia e hanno ospitato più di 25 mostre.
In questo archivio abbiamo raccolto una documentazione che presentiamo al pubblico come una timeline, una cronologia dove il pubblico potrà leggere, mese per mese, cosa è avvenuto in quegli anni, fuori e dentro lo spazio.

La sesta stanza è dedicata a una generazione di giovani artisti, volevo lasciare spazio al futuro dell’arte italiana, qui sono presentati i lavori di 12 artisti nati a cavallo tra gli anni '70 e '80.
Infine il settimo formato non occupa un luogo fisico ben preciso ma tutti gli spazi della Triennale, infatti si tratta di installazioni site specific, quindi opere pensate per il luogo nel quale gli artisti sono stati invitati a lavorare.

Aggiungerei un appunto sul catalogo, edito da Mousse, perché anche il catalogo è un importante strumento di ricerca; De Bellis ha coinvolto critici e curatori che si sono distinti in questi ultimi anni invitandoli a collaborare. Per fare così uno spaccato sulla ricerca.

Maggiori informazioni sulla mostra Ennesima


Annalisa Cattani è artista-curatrice, Ricercatrice di Pubblicità e Arte vs Retorica, insegna all'Accademia di Belle Arti di Bologna, al LABA di Rimini e all'Università di Ferrara.

Si ringrazia Giacomo Pigliapoco per la gentile collaborazione nella trascrizione dell'intervista.

Questa intervista, realizzata da Annalisa Cattani, è frutto della collaborazione con il programma radiofonico Humus condotto da Piero Santi su Radio Città del Capo a Bologna.