In mostra gli scatti di Valentina Piccinni: lo sguardo dell'autrice si abbandona alla totale osservazione delle proprie innumerevoli 'nudita'', con la consapevolezza disarmante di un'assenza di confine fra immagine e sostanza.
Le fotografie di Valentina Piccinni nascono dall’esigenza espressiva di
un’interiorità di dare forma al quesito “Chi sono di me?”, necessario al
fine di sentirsi consapevole e baciarsi nel suo centro riflesso.
L’individualità tenta disperatamente di liberarsi delle sue molteplici
rappresentazioni orchestrate in quel circo che è la quotidianità, di ruoli
confezionati con cura e poi disposti su punti cardinali per rimanere
immobili, meccanici ingranaggi resistenti agli urti perché non dotati
preventivamente di occhi; quella stessa individualità che inscena qui la
dissacrazione di se stessa e la conquista della propria perdita, e che
eccezionalmente si rivela universale, hic et nunc, nella ricerca di
Valentina Piccinni.
Nella prima serie di scatti l’artista si pone la fatidica domanda, la estrae
dalla propria coscienza in un’autopsia-autocritica vigile e irrequieta, le
rende la possibilità della ricerca, del viaggio verso la meta agognata…una
meta che però si rivela ingannatrice: ad accoglierla in riva non vi è una
risposta, ma l’assenza di ogni definizione, di ogni predicato, di ogni
darwiniana finitezza.
L’umanità che si dispiega interrogata è evanescente, si compone di mille
mute ugualmente essenziali perché nude, sincere e indifese. Qui il punto di
partenza e il punto di arrivo coincidono: il corpo si fa epifania di se
stesso. L’immagine però si rivela inafferrabile, instabile e momentanea
lasciando al contempo le proprie tracce che intersecandosi convergono solo
apparentemente in una forma univoca, una forma che in realtà rimane
precaria, come i sedimenti risparmiati dal vento. Nella seconda sezione di
fotografie l’obbiettivo diventa una lente d’ingrandimento in cui il tempo è
dilatato e che si posa sull’epidermide senza riuscire a catturarlo in
maniera definitiva: lo sguardo dell’autrice si abbandona alla totale
osservazione delle proprie innumerevoli “nudità”, con la consapevolezza
disarmante di un’assenza di confine fra immagine e sostanza.
Il filo sottile che connette il sé alla realtà (o illusione?) che lo
circonda è il prolungamento della visione, che rimane suscettibile a ogni
mutamento e evoluzione, dell’artista, nonché di una donna, che raccoglie e
accoglie all’interno del proprio raggio esistenziale la propria percezione
dell’altro: in istanti fuggenti il punto di vista di chi osserva si
sovrappone in strati e “spazi”, più che in “tempi”, alla realtà delle
cose…che pertanto allo spettatore rimane ignota. Infatti la terza e ultima
serie di fotografie, le quali sono quasi ritratti “votivi” di un soggetto
che non è più se stessa, si pone come termine di chiusura della ricerca
intrapresa in “Chi sono di me?”: il quesito giunge spontaneo alla sua
negazione, viene frantumato e rimane nient’altro che il verbo di una nudità,
per l’appunto, oltre ogni limite temeraria.
*Around Nekedness* si inaugura il 7 aprile all’Antù, sarà accompagnata nel
giorno di apertura dalla performance live per contrabbasso solo di
Alessandro Ceccangeli ed è promossa dall’associazione cinematografica
V-Idea.
Valentina Piccinni nasce a Bari nel 1982 e compie i suoi studi universitari
prima a Firenze poi a Roma, dove si laurea in Storia dell’Arte
Contemporanea; attualmente è impegnata in una ricerca sul tema
dell’autoritratto e dell’autoriflessività attraverso lo studio dell’opera di
Francesca Woodman, artista che ha una forte risonanza nel suo personale
percorso espressivo.
Nel 2009 espone al C.S.O.A. Forte Prenestino di Roma la serie di
scatti “Silenziose
Alchimie o di-amanti. Diegesi per immagini” e nel 2010 partecipa alla
collettiva “Febbre” presso l’Acrobax, sempre nella capitale.
Francesca de Cesare
Inaugurazione mercoledì 7 aprile 2010, ore 18
Antù
via G. Libetta 15c, Roma
orari: dalle 18 alle 23
Ingresso libero