Ossidiana. Personale dell'artista noto per le sue ricerche sulle infinite varianti del bianco, che per la prima volta espone una serie di opere dedicate all'esplorazione del nero, nei suoi risvolti affascinanti e misteriosi.
a cura di Silvia Pegoraro
Inaugura presso la Galleria d’arte Marchetti di Roma la mostra PAOLO RADI. OSSIDIANA, a cura di Silvia Pegoraro, una personale dedicata all’artista romano, classe 1966, tra i più interessanti artisti italiani contemporanei in ambito aniconico, e tra i migliori “eredi” di Lucio Fontana. Noto per le sue raffinate ricerche spaziali, “oggettuali” e “metafisiche” sulle infinite varianti del bianco, per la prima volta Radi espone una serie di opere - intitolata appunto Ossidiana - dedicata all’esplorazione del nero, nei suoi risvolti affascinanti e misteriosi. L’esposizione sarà documentata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, con testi, oltre che della curatrice, di Vittoria Biasi, Lorenzo Canova e Flavio Ermini.
"Non voglio fare un quadro: apro uno spazio, una dimensione nuova nell'orientamento delle arti contemporanee..." . Così scriveva Lucio Fontana nel Manifesto del Movimento Spaziale per la Televisione (1952). Questo solco tracciato da Fontana, Paolo Radi ha voluto seguirlo, nello sforzo di dominare lo spazio, misurarsi con l'infinito, dare un volto all'invisibile: ecco l’eredità di Fontana raccolta da Radi. In Radi come in Fontana l'opera si offre all'attraversamento, diventa la soglia che dà sull'abisso, su uno spazio non codificato né esperibile. Radi, come Fontana, propone una sostanziale monocromia e la trasforma in poesia; esprime lo spazio attraverso la luce, grazie anche all’intuizione sintetica e musicale della superficie curva, che rende elastico lo spazio stesso. E’ forse proprio la luce modulata e plastica dello spazio bianco, conquista estrema di Fontana, a costituire il punto di partenza di Paolo Radi , l’intonazione prima dei suoi ormai celebri bianchi: i suoi lavori in legno, carta, cera, in perspex e pvc, così ricchi di straordinari effetti pittorici - pur in assenza di pittura - di affascinanti effetti plastici - pur in assenza di tradizionali tecniche e materiali scultorei . Superfici ondulate e modulate, estroflesse e introflesse, bagnate di luce tonale, dalle cui trasparenze affiorano forme primarie, lamine sottili e soffuse d’oro e d’argento, velate di mistero come simboli arcaici, come antiche architetture.
Al nero, l’artista romano giunge solo di recente, tra il 2008 e il 2009. Ossessione è il titolo della sua prima opera nera, qui presente e realizzata per la mostra Cromofobie. Percorsi del bianco e del nero nell’arte italiana contemporanea, all’Ex Aurum di Pescara nel 2009 (a cura di S. Pegoraro, catalogo Mazzotta) : come se quella del nero fosse appunto un’ossessione nascosta, criptica, inconscia, venuta improvvisamente alla luce. “Colore per eccellenza o assolutamente non colore, ora divino, ora diabolico, sempre sinonimo di eleganza...” . Così scrive del nero lo storico e antropologo Michel Pastoureau, in un suo splendido libro dedicato a questo colore-non colore.
Sotto il segno del nero troviamo la Genesi biblica e il buio delle caverne preistoriche; il mito delle tenebre, del nulla, preesistenti alla creazione divina, e i miti dell'oltretomba; i vasi greci a figure nere del IV secolo a.C., e i bestiari delle demonologie medievali; la storia dell'araldica e della stampa, e quella della riforma protestante, che nel XVI secolo avvia una battaglia “cromoclastica”, imponendo “codici quasi interamente costruiti intorno a un asse nero-grigio-bianco”. Il lavoro di Radi sul nero sembra contenere tutto ciò, e con tutto ciò fa dialogare il nostro immaginario. Non “supera” il bianco, ma sembra contenerlo, condividere con esso il mistero della luce, che pare usare proprio il bianco e il nero come strumenti principi nella costruzione dello spazio fisico, e soprattutto nell’evocazione di quello metafisico : il sogno umano dello spazio come l’”oltre”, quel sogno che portava lo stesso Fontana - ma anche, ad esempio, un altro grande artista di sublime eccentricità, Giulio Turcato - a identificare questo spazio come lo spazio siderale, lo spazio delle conquiste astronautiche, lo spazio delle comete e delle nebulose. Lo spazio del nero più profondo e assoluto, eppure improvvisamente acceso di bagliori.
Paolo Radi sembra condividere con un grande del Novecento, Mark Rothko – che per gli ultimi cinque anni della sua vita tentò di illuminare il colore nero, sino a infiammarlo di una presenza sacra – la convinzione che “astrazione e figurazione sono un falso problema”: il vero problema è quello della luce – fisica? metafisica? – che è tanto più potente quando si sprigiona dalle tenebre del nero. Come la luce nera di cui scintilla la pietra ossidiana, mitica pietra vulcanica a cui sembrano rinviarci queste Opere al nero di Paolo Radi .
Note biografiche
Paolo Radi nasce a Roma nel 1966 e qui si diploma nel 1988 presso l’Accademia di Belle Arti. Si orienta subito verso il lirismo aniconico e verso lo studio delle qualità formali dell’immagine, influenzato anche dallo studio di personalità come Kazimir Malevič e Ben Nicholson . Fin dalle opere dei primi anni ’90 – alcune delle quali costituiranno l’esordio espositivo dell’artista alla IV Edizione della Rassegna Giovani Artisti (Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1992) Radi sostituisce al medium grasso e corposo dell’olio la trasparenza degli acquerelli ed oppone a telai e iuta una materia duttile e al contempo fragile come la carta. Questo percorso tessuto tra sensibilità lirica e euritmie formali si sviluppa verso una progressiva strutturazione più razionale della superficie. Infatti nelle opere realizzate ed esposte nella mostra personale Forme Perenni nel 1996 presso la Galleria A.A.M. di Roma- le cromie precedenti si integrano ad un’articolazione più asciutta della superficie e la carta viene lavorata con foglia d’argento e rame. Nelle opere della seconda metà degli anni ’90 avviene una ridefinizione del piano, in cui i rilievi delle opere precedenti divengono veri e propri aggetti, acquistando così una spazialità nuova. In questi stessi anni l’artista sperimenta la dimensione dello spazio scenico.
L’apertura verso l’ambiente, la ridefinizione delle relazioni spaziali, si riversa parzialmente nei lavori degli ultimi anni del nuovo decennio e dei primi del nuovo millennio – ad esempio nelle opere esposte ad Anteprima – Napoli - XIV Quadriennale (Napoli, 2003). Sempre nei primi anni del nuovo millennio l’artista viene invitato a realizzare il proprio lavoro presso la Fondazione Sculpture Space di Utica, New York (2002), moltiplica la propria attività espositiva e riceve alcuni premi (tra cui il Premio San Luca nel 2002). L’artista introduce nel proprio percorso la sperimentazione di nuovi materiali, prodotti plastici come il perspex, il p.v.c. e la gomma siliconica, che usa ad esempio nelle opere esposte nella mostra Partenogenesi- poetiche del progetto con Agostino Bonalumi e Getulio Alviani (Galleria Civica d’Arte Contemporanea, San Martino Valle Caudina , Avellino, 2004) e nella personale alla Galleria Marchetti di Roma nel 2005. Dello stesso anno è la partecipazione alla mostra Lucio Fontana e la sua eredità a Castelbasso (Teramo), a cura di Silvia Pegoraro. Nel 2006 è invitato alla X Mostra Internazionale di Architettura-Biennale di Venezia, Nuovo Padiglione Italiano per VEMA, la città del futuro. Da ricordare, nel 2008, la partecipazione al ciclo di mostre promosse dal Ministero degli Affari Esteri Experimenta e Springs in White a New Delhi, Kolkata e Bangkok, che puntano alla promozione all’estero degli artisti italiani delle ultime generazioni. Del 2008 anche una nuova personale alla galleria Marchetti e l’invito al LIX Premio Michetti - I labirinti della bellezza. Nel 2009 partecipa alla mostra Cromofobie. Percorsi del bianco e del nero nell’arte contemporanea italiana, curata da Silvia Pegoraro all’ Ex Aurum di Pescara. Proprio in occasione di questa mostra realizza la sua prima nera, dal titolo Ossessione, e inizia la ricerca sul nero da cui ha origine la serie Ossidiana, presentata in questa personale (aprile-maggio 2010) alla Galleria Marchetti di Roma.
Inaugurazione giovedì 29 aprile 2010, ore 18
Galleria d’arte Marchetti
Via Margutta 18/a, Roma
Orari: 10.30-13.00/16.30-19.30, lunedì mattina chiuso
Ingresso libero