Vedere le cose che nessun occhio ha scrutato. In mostra 15 ritratti in bianco e nero di personaggi dell'arte e della cultura che animano o hanno animato la scena internazionale, tra cui Louise Bourgeois, Andy Warhol, Francesco Clemente, Gillo Dorfles, Joseph Beuys, Alberto Moravia, Dario Fo', Sonia Delunay, piu' 20 fotografie a colori, lavori cosiddetti astratti, di architettura, di dettagli e immagini di citta'.
a cura di Mario Pellegrino
Giochi visivi, una fotografia che tradisce la prima vocazione, quella della pittura, una ricerca portata avanti nel corso degli anni senza mai rinunciare a trasferire nelle sue opere visive (come Gillo Dorfles preferisce chiamarle, non piacendogli l’espressione “fotografia d’arte”) la sua personalità, la sua sensibilità. Il suo stile, il suo credo.
Il 12 maggio prossimo (inaugurazione alle 18,00) Maria Mulas espone nella galleria Al Blu di Prussia (via Gaetano Filangieri 42): “VEDERE LE COSE CHE NESSUN OCCHIO HA SCRUTATO” (da Emily Dickinson) è il titolo dell’esposizione, che è curata da Mario Pellegrino, direttore dello spazio multisciplinare riaperto da Giuseppe Mannajuolo, divenuto nel giro di pochi mesi uno dei centri di attività artistico - culturali più attivi e frequentati della città.
Maria Mulas esporrà in via Filangieri i ritratti di personaggi celebri, opere per le quali è diventata famosa in tutto il mondo, anche se ha attraversato molti generi della fotografia, dalla pubblicità al teatro, divenendo un sicuro punto di riferimento per quelli che lei stessa chiama i ”riti sociali”. Nella galleria “Al Blu di Prussia” si potranno ammirare 15 ritratti in bianco e nero di personaggi dell’arte e della cultura che animano o hanno animato la scena internazionale, scrittori, attori, attrici, artisti tra cui Louise Bourgeois, Andy Warhol, Francesco Clemente, Gillo Dorfles, Joseph Beuys, Valentina Cortese, Alberto Moravia, Dario Fò, Sonia Delunay. E 20 fotografie a colori, lavori cosiddetti astratti, di architettura, di dettagli, immagini di città, i suoi sono giochi visivi con forme spiazzanti e geometrie immaginarie di forte impatto.
Maria Mulas nasce a Manerba, sul Lago di Garda, da dove giovanissima si trasferisce a Milano, dove ben presto abbandona tavolozze e pennelli per darsi alla fotografia, instradata dal fratello Ugo che le regala una macchina fotografica, una Laica, : “A un certo punto - ha un volta affermato parlando con Emilio Tadini - non mi è bastato più scattare una foto e metterla lì. Io sogno di rompere questo schema. La fotografia in sé è per me oggi un limite: ho bisogno di sequenze, di metamorfosi, di ripetere fino all’ossessione. In alcuni di questi lavori il soggetto ritratto riflette, alla lettera, ciò che a sua volta stà guardando: la laguna e il vaporino, negli occhiali. E come se si ribellasse così alla propria condizione di preda, alla propria passività. Per un momento l’occhio del fotografo insegue qualcosa che riesce invece a sfuggirgli e ”ferma”, o meglio cattura, proprio questa fuga. Nelle fotografie “sconnesse” il gioco completa questo pensiero. La macchina fotografica allarga le proprie possibilità: non si limita a fissare un momento e cioè un punto, ma conquista una durata - come se si potesse vedere il trascorrere di quel momento per qualche secondo, il suo slittare nel prima e nel dopo di quell'attimo, nel sopra e nel sotto di quello spazio. Ma soprattutto si cerca, di quel punto, l'interna incoerenza e la vertigine che ci può procurare”.
E sempre Tadini racconta che le fotografie di ritratti di Maria Mulas non sono soltanto la registrazione tecnica di una fisionomia, di una faccia, di un corpo: “Si potrebbe dire che nei suoi ritratti più belli si mette in scena un affetto. Questi ritratti sono il frutto di un incontro. L’altro si fa avanti, si offre allo sguardo (non all’obiettivo) che pretende di vederlo e di conoscerlo. E’ lo sguardo di Maria Mulas che guarda e conosce. E lo sguardo, letteralmente, che produce la fotografia. La macchina fotografica registra questo incontro, questo “affetto”. Docilmente, ne fissa una traccia. Chi è stato fotografato anche soltanto una volta da Maria Mulas non ricorda soltanto di essere stato fissato da una macchina fotografica. Ricorda di essere stato guardato dagli occhi di Maria Mulas. Ricorda, magari, anche qualche parola che ha scambiato con lei - prima, durante e dopo il momento dello scatto. In qualche modo, ogni ritratto di Maria Mulas e anche un effetto di amicizia. E questo, forse, che ne definisce la qualità”.
Ma Maria Mulas non è solo questo, la sua ricerca è lo specchio della sua anima, sempre aperta a cogliere il nuovo e a confrontarlo con quello che ha già visto, vissuto, metabolizzato:”Se fotografare è un modo di raccontare senza essere interrotti (né contraddetti) - ha scritto di lei nel 1985 Lea Vergine - si potrà ben sostenere, nel caso di Maria Mulas, che il suo non è solo un discorso ma una girandola, addirittura un fuoco di artificio, con esiti clowneschi e raggelati al tempo stesso”.
Le emozioni, più dell’istinto, muovono l’artista. Che secondo Philippe Daverio è una fotografa particolare perché attraversa con disinvoltura le categorie in cui si dividono quelli che fanno ricerca per immagini, “documenta non una cronaca, ma un’analisi. Ne risulta oggi un opus colossale che lei stessa forse non sa di possedere. Ha continuato il suo gioco trasversale nelle varie lingue alle quali accede la meccanica fotografica. Ha perseverato con convinzione nel mantenere viva la dimensione ludica dell’impegno”.
Maria Mulas ha cominciato a fotografare negli anni Settanta perché era un …vizio di famiglia, “ anche se nessuno di noi - racconta - né mio fratello Ugo né gli altri fratelli, volevano fare questo lavoro. Già nel ’64 ho cominciato ad andare in studio da Ugo, ma non l’ho mai imitato come qualcuno insinua, sono andata subito per la mia strada. Mi ha subito interessato il ritratto, da Ugo ho imparato bene a stampare, a spuntinare, a togliere le imperfezioni dai provini: la stampa l’ho trovata sempre molto creativa. Oggi con le nuove tecniche è tutto facile, ma allora era complicato. Fin da subito ho deciso di fare soltanto le cose che piacevano a me evitando le commissioni”.
Inaugurazione 12 maggio ore 18
Al Blu di Prussia
via Gaetano Filangieri, 42 - Napoli
Orari di apertura: dal martedì al venerdì ore 17,00 – 20,00; sabato ore 10,30 – 13,00 e 17,00 – 20,00
Ingresso libero