Guido Costa Projects
Torino
via Mazzini, 24
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Leigh Ledare
dal 9/6/2010 al 9/9/2010
lun-sab 15-19 (Agosto chiuso)

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Guido Costa Projects



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Leigh Ledare



 
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9/6/2010

Leigh Ledare

Guido Costa Projects, Torino

Le Tit. L'erotismo tra le mura domestiche, i legami di parentela e l'amore filiale sono alcuni dei buchi neri nelle maglie della morale comune, di cui parla l'artista. Sono gli spazi tra detto e non detto, gli angoli ciechi della nostra coscienza, proibiti addirittura all'immaginazione. Ledare lavora proprio su queste parentesi oscure, e lo fa senza censure, con un candore che a tratti sfiora l'improntitudine.


comunicato stampa

Giovedi 10 giugno 2010, dalle ore 19.00, presso Guido Costa Projects in Via Mazzini 24, a Torino, si inaugura la mostra Le Tit, dell'artista statunitense Leigh Ledare. Frutto di alcuni anni di lavoro e costantemente aggiornata al variare delle occasioni espositive, Le Tit è una mostra esemplare, di rara sincerità e crudezza, che fin dalla sua prima versione, risalente ad un paio di anni fa, ha generato scandalo e dibattito su entrambe le sponde dell'oceano.

Sono pochi i temi su cui grava la più completa interdizione, morale ed estetica, pur essendo espressione di un mondo in cui tutte le barriere ideologiche ed etiche sembrano essere state oltrepassate. L'erotismo tra le mura domestiche, i legami di parentela e l'amore filiale sono alcuni di questi buchi neri nelle maglie della morale comune, luoghi vuoti, proibiti addirittura all'immaginazione. Sono gli spazi tra detto e non detto, gli angoli ciechi della nostra coscienza.

Leigh Ledare lavora proprio su queste parentesi oscure, e lo fa senza censure, con un candore che a tratti sfiora l'improntitudine. Detto così, ci si potrebbe aspettare una semplice operazione di arte- verità, a cui, negli anni convulsi di questo inizio millennio, ci siamo tranquillamente abituati; una delle tante prove di oltremorale a cui ci hanno allenati intere generazioni di artisti, spesso soltanto alla ricerca dello scandalo a tutti i costi, scientemente ricercato in questa piatta rincorsa dell'estremo.

Le Tit potrebbe essere facilmente confusa con tutto questo, ne sarebbe anzi quasi un'epitome, se nel progetto non ci fosse qualcosa di più, anzi, molto, molto di più. I confini della storia che ci narra il giovane artista di Seattle sono presto delineati nella loro cruda semplicità: una famiglia piccolo borghese di una metropoli industriale statunitense; una villetta a schiera, anonima e decorosa; la convivenza forzata di tre generazioni sotto uno stesso tetto; una macchina fotografica ed una telecamera come unici testimoni. Ma non appena le pareti si fanno trasparenti, portando alla luce la realtà quotidiana, paradiso e inferno si spalancano in tutta la loro complessità, si confondono, ci confondono.

Da soggetto, da artista, Leigh diventa puro specchio, producendosi in una vertiginosa analisi degli affetti e dei desideri, senza nulla celare, senza abbellire alcunché. Protagonista di tutti gli scatti e dei video-confessione correlati è Tina Peterson, la mamma di Leigh, ex reginetta di bellezza alla soglia della mezza età, donna di grande carisma e di altrettanto grandi contraddizioni: un angelo e un mostro. Lei, che ha fortissimamente voluto queste fotografie, rivendicando nell'esporre il proprio corpo il ruolo di autore, di artista. E, come un'etera postmoderna, precipitata dalla classicità nei suburbi di Seattle, ribadisce qui il proprio ruolo fondante, il ruolo di colei che, "donandosi allo straniero", salva l'anima della città stato.

La dimensione sacrificale in cui si articola la sua storia di donna e di madre esorcizza ogni voyeurismo: offrendosi all'obbiettivo impietoso del figlio, ricostruisce la solidità dei legami, dando voce ad un'unità più alta, superiore alle stesse convenzioni che fondano le relazioni filiali. Ciò che viene messo in scena in Le Tit è uno stringente esercizio analitico dei rapporti di parentela dai risvolti assolutamente tragici. E come nella tragedia classica, attraverso pietà e terrore nei confronti delle disavventure dei protagonisti, si purifica l'animo di chi assiste al dramma.

Difficile non riconoscere nell'intera mostra la deliberata messa in scena di uno schema classico: gli elementi ci sono tutti, dal coro dolente che commenta il progredire dell'azione (il secondo figlio, fragile e tossicomane; gli anziani genitori di lei, cristallizzati nell'atemporalità della malattia; i tanti accompagnatori di Tina, giovani e non più giovani). Ma affinchè l'esorcismo tragico abbia effetto, tutto deve essere disvelato e reso pubblico: dal desiderio, alla gioia, dalle lacrime, all'ira, passioni trasformate nelle coordinate emozionali in cui si mette in scena il dramma. I ruoli sociali, fondamento della polis (o della vita comunitaria della famiglia), vacillano fino a scomparire: ciò che resta è la forza primigenia del femminino, che via via assume tutte le sue maschere rituali, dalle Erinni, a Medusa, da Antigone a Ecuba, fino a Lilith.

La potenza di Le Tit è tutta in questo surplus analitico, in questo suo essere un apologo terrorizzante del teatro del mondo.

Difficilmente chi vi assisterà potrà conservare il proprio distacco e, se dotato di occhio critico, farà sicuramente tesoro dei suoi effetti terapeutici. Come di fronte alla tragedia di Edipo, di colui che "dotato di un occhio di troppo", ha scoperto la bontà dell'ethos proprio nel suo oltrepassarne le regole in direzione del divino.

La mostra di Leigh Ledare sarà visibile in orario di galleria fino al 10 settembre 2010 (Agosto chiuso).

Leigh Ledare (Seattle, Washington, 1976), è stato per alcuni anni assistente del fotografo Larry Clark. Vive attualmente a Los Angeles. Ha esposto negli Stati Uniti e in Europa. Il ciclo di opere dedicato alla madre è stato esposto per la prima in forma completa a New York, nel 2008, presso Rivington Arms e, nel 2009, durante i Rencontres di Arles, su invito di Nan Goldin. L'intero progetto è documentato in un libro, Pretend You're Actually Alive, pubblicato nel 2008 dalle PPP Editions, di New York. Questa è la sua prima mostra in Italia.

Inaugurazione giovedi 10 giugno 2010 - dalle 19 alle 24

Guido Costa Projects
Via Mazzini 24 - Torino
Orario: dal lunedi al sabato, dalle 15 alle 19
ingresso libero

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