Sorella morte. L'artista presenta due recenti lavori realizzati appositamente per l'esposizione legati alla tematica di riflessione sulla morte e alla sua possibile interpretazione estetica. Il titolo infatti si rifa' alle parole di San Francesco d'Assisi quando, nell'ultima parte del 'Cantico delle Creature' appella la morte come 'la nostra sorella morte corporale'.
sorella morte
La galleria francesca kaufmann presenta la personale di Adrian Paci, nato
nel 1969 a Shkodra in Albania.
Vive e lavora a Milano.
L'artista presenta due recenti lavori realizzati appositamente per
l'esposizione legati alla tematica di riflessione sulla morte e alla sua
possibile interpretazione estetica.
Il titolo infatti si rifà alle parole di San Francesco d'Assisi quando,
nell'ultima parte del 'Cantico delle Creature' appella la morte come 'la
nostra sorella morte corporale'.
Il primo lavoro è un video intitolato Vajtoica, ovvero piangitrice.
Documenta e racconta il tentativo dell'artista di costruire un dialogo di
vita con la presenza ineluttabile della morte. Adrian Paci prende spunto da
una vecchia usanza delle regioni dei Balcani, tuttora praticata al suo
paese, secondo la quale esiste il vero e proprio mestiere di piangere i
defunti secondo norme rituali ben precise.
Il video si sofferma sulla convivenza tra pensiero estetico e momento della
morte, tra possibile lieto fine' e finale tragico e inapellabile: Adrian
Paci mette in scena la sua stessa morte e per l'occasione ha chiesto a una
donna di piangere su di lui, sul suo corpo. Per diversi minuti la
professionista del lutto piange l'artista che rimane immobile e subisce il
dolore della sua morte. Poi, terminato il rito, la storia ricomincia e,
come per miracolo, si assiste ad una resurrezione: Paci si rialza da terra,
ringrazia la sua piangente con le sue lacrime e se ne va.
Il secondo lavoro è un'installazione dal titolo Tell me the truth composta
da due immagini fotografiche e il testo che si sviluppa lungo le pareti
della galleria. Il soggetto riprende una tradizionale usanza secondo la
quale le tracce del caffè turco, lasciate sul fondo di una tazza, possono
essere interpretate in quanto messaggio di una personale verità futura.
Adrian Paci ha fotografato un tazza sporca di caffè e ha chiesto ad una
donna di leggere i segni nascosti e misteriosi, dimmi la verità , appunto,
come ricorda il titolo.
A differenza della prassi comune, l'interpretazione parte dalla lettura
dell'immagine fotografica non più dall'oggetto della tazza che non si
riconosce più, lasciando il posto a una strana immagine bianca e nera,
assai simile ad un dipinto astratto informale.
Dalla volontà di ricerca della verità nasce invece un'ennesima ambiguitÃ
interpretativa. La donna è costretta, senza saperlo, a leggere l'opera
stessa dell'artista, non solo i fondi lasciati dal suo caffè. La donna in
questo modo non è solo medium tra la realtà e una verità esistenziale altra
ma diviene intreprete di un'opera d'arte, ovvero critico d'arte. Parla però
della vita, del passato e del futuro, non certo di estetica.
L'artista gioca sull'ironico paradosso che a volte la critica d'arte si
impegna a parlare e scrivere del passato e del futuro di un artista come se
le opere d'arte fossereo esse stesse fondi di caffè.
Adrian Paci presenta l'installazione Chiosco per la mostra inaugurale della
nuova sede della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino, 'Exit. Nuove
Geografia della Creatività italiana', a cura di Francesco Bonami.
Galleria Francesca Kaufmann
via dell'Orso 16
Milano