L'erba del re non fa crescere i fiori. La prima personale dell'artista e' concepita come un viaggio fisico e mentale dello spettatore all'interno di un labirinto creato negli spazi espositivi, dove si incontrano una serie di lavori preparati per l'occasione.
La prima mostra personale di Sergio Breviario alla galleria Fabio Tiboni è concepita come un viaggio fisico e mentale dello spettatore all'interno di un labirinto creato negli spazi espositivi. La mostra assume dunque una sua propria identità come se fosse il corpo stesso di una scultura gigante che accoglie lo spettatore e lo guida in un percorso prestabilito.
Breviario, che dal suo esordio utilizza per le sue esigenze espressive diversi media gestendoli con la capacità di un prestigiatore (i disegni sono in tutto e per tutto dei quadri, le sculture assumono identità solo all'interno degli spazi che le ospitano), ha pensato il percorso della mostra come un viaggio in cui ci troviamo ad “incontrare” una serie di lavori preparati appositamente per l'occasione.
Nella prima sala lo spettatore si imbatte in una "testa", tema/immagine ricorrente nella poetica dell'artista, che si presenta nelle forme di una scultura in acciaio e gesso e ha per volto una foto montata su un light-box; latesta, evocata figurativamente dalla posizione di estremità nella scultura, è un luogo dove può nascere unpensiero. Successivamente si entra nel labirinto, le cui dimensioni e proporzioni sono il risultato della sezione degli spazi della galleria attraverso un elemento scultoreo che si ripete; tale presenza, la cui identità rimane intenzionalmente ambigua, è però confortante: la forma è molto simile ad alcune sculture del sud-estasiatico aventi come soggetto il fallo eretto di Shiva; la sua qualità è quella di essere senza dimensione, e di funzionare su differenti scale, senza perdere fascino. Essa assume il ruolo di una persona/segnale che ci guida nella direzione da prendere. La minuscola stanza all'interno della galleria si trasforma nella stanza dei disegni: appoggiati su mensole applicate alle pareti dipinte - alternativamente in azzurro e a pois bianchi su fondo nero -, e quindi già fortemente influenzati nella visione delle stesse, siamo inoltre invitati a fissare una spirale rotante posta al centro della saletta che ci spinge ulteriormente a modificare il nostro modo consueto di "vedere", ubriacati dall'illusione ottica che ci procura. Uscendo ci ritroviamo di fronte a un' altra “testa”, “L'otto”, la medesima che, sola, ci accoglie nel secondo spazio della galleria; la stessa “testa” si presenta cioè in due versioni, in due vesti distinte: nel primo caso, quella che ci viene offerta, è una visione diurna e introversa che ci obbliga a carpire le immagini (e quindi il pensiero) spiando attraverso i buchi scavati dall'artista nella superficie della scultura. Nel secondo caso si tratta di una “testa” notturna, estroversa, che proietta sui muri, tramite l'ausilio di una lampada e lenti ottiche poste al suo interno, le forme delle proprie idee.
Un'ultima riflessione sul titolo dalle parole dello stesso Breviario " ...dire l’unica ragione per cui ho scelto questo titolo: intendo questa frase come una sorta di collage, composto da parole che richiamano alla mente immagini semplici quali il re, l’erba e i fiori, quindi la frase risulta chiara come immagine mentale, ma oscura nel significato. Esso si compone con lo stesso metodo che utilizzo per produrre le mie mostre. Tramite l’assemblaggio di elementi il più possibile definiti e chiari alla vista, alla ricerca della più pura complementarietà, questi elementi cambiano in maniera definitiva e radicale la loro natura, originando nuove visioni."
A documentazione della mostra un poster-pieghevole con un testo di Ludovico Pratesi.
Sergio Breviario vive e lavora tra Bergamo e Milano. Principali mostre: E’ ospite solo verso sera, (con Davide Rivalta), a cura di Davide Ferri, Fabio Tiboni Arte Contemporanea, Bologna; Non voltarti adesso./Don't look now. Artisti italiani a Ca' Pesaro, a cura di Milovan Farronato, Ca' Pesaro, Venezia; Diciannove novantasei: mi edifico e ti guardo, a cura di Milovan Farronato, Viafarini, Milano. Collezioni: MART, Biedermann Collection, Collezione Tullio Leggeri.
Ludovico Pratesi è critico d'arte e curatore. E' Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro, curatore scientifico di Palazzo Fabroni e Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. E' Presidente della sezione italiana dell'AICA e consigliere dell'AMACI (Associazione Musei Arte Contemporanea Italiana). E' critico del quotidiano La Repubblica.
Immagine: Sergio Breviario, Testa. Lo sposo si è sposato, la sposa anche, 2010. Gesso patinato, acciaio, soffietto da ingranditore fotografico, immagine fotografica (50x60cm), 230cm x 200x 150cm circa
Preview: venerdì 8 ottobre 2010 ore 18
Fabio Tiboni Arte Contemporanea
via Del Porto, 50d/52a - Bologna
martedì – sabato dalle 14 alle 19