L'unita' di misura e' il colore. La mostra, a cura di Chiara Bertola, e' pensata come un attraversamento del Museo. Un traghettamento dello spazio attraverso l'esperienza del colore. In dialogo con l'architettura medievale, con l'intervento di Carlo Scarpa e con le collezioni ospitate, il colore diventa per l'artista lo strumento di misura dello spazio, l'elemento, la parola che lascia la traccia del percorso individuale.
a cura di Chiara Bertola
La mostra di Maria Morganti a Castelvecchio è pensata come un attraversamento del Museo.
Una "passeggiata", "un traghettamento" dello spazio attraverso l'esperienza del colore.
In dialogo con l'architettura medievale, con l’intervento di Carlo Scarpa e con le collezioni ospitate, il colore
diventa per l’artista lo strumento di misura dello spazio, l'elemento, la "parola" che lascia la traccia del
percorso individuale.
Il corpo centrale della mostra, curata da Chiara Bertola in collaborazione con Paola Marini, direttrice del
Museo di Castelvecchio, è costituito da una serie di carte e vetri, concepita un anno fa per la Galleria di
Caterina Tognon a Venezia, che, all'interno delle suggestive sale di Castelvecchio, assume nuova forma.
L'atteggiamento è quello di ascolto, di ‘empatia’, non certo impositivo nei confronti dello spazio, ma piuttosto
di accostamento ad esso con delicatezza, avvicinandosi alle opere, infilandosi negli interstizi e negli ambiti
che il luogo lascia liberi. A partire dalle Gallerie delle Sculture al piano terra, in cui l’artista inserisce un
corpus di carte serigrafate - nate da un’esperienza con Fiorenzo Fallani - quasi a completamento
dell’architettura stessa.
Dal 1999 Maria Morganti dipinge con regolarità con pastelli a olio.
Il metodo è sempre lo stesso, pochissime sono le variazioni degli oli su tela rispetto a quelli su carta.
Così descrive Chiara Bertola il suo modus operandi: “A variare sono piuttosto gli ‘appunti’ e i diari cromatici
le cui pagine corrispondono agli strati della pittura. In questa prospettiva occorre svincolare le varie tele dai
limiti del finito in qui siamo abituati a pensarle, per vederle come parte di un unico movimento espressivo che
le unisce organicamente una all'altra, nella inesorabile scansione dei giorni. Se guardo il suo lavoro da
questo punto di vista e lo considero come un solo quadro che si sviluppa continuando ogni volta su un'altra
tela, ne colgo il procedere senza fine; un procedere che si avvicina a quello di altri artisti i quali, con metodo
rigoroso e ripetitivo, hanno elaborato un progetto esclusivo e infinito, che è coinciso con la propria vita. La
sua, dunque, deve essere letta come un'opera organica, dinamica, in continuo movimento, perché
inarrestabile e irreversibile è il tempo di cui è intessuta”; come precisa del resto l’artista: “In fondo è come se
dipingessi un solo ed unico quadro per tutta la vita, fatto di tanti strati possibili, ma ogni tanto lo interrompo e
lo continuo su un'altra tela...”.
Le carte sono tutte dipinte sempre in senso orizzontale. Quasi ogni giorno, con sistematicità Maria Morganti
applica un nuovo colore su una di esse.
“I quadri di Maria Morganti sembrano semplicissimi. Come molta arte minimale, anche la sua vive entro
pochi gesti ritmati, un colore sovrapposto ad un altro. Ma non è tutto così facile. In realtà si sta confondendo
la semplicità dei gesti con la difficoltà di un gesto concentrato, di un lavorare che prende tempo nel farsi, e
richiede attenzione alle minime variazioni delle qualità della materia.
Seguendo un giudizio affrettato i lavori di Maria potrebbero anche apparire tutti uguali e sempre risolti nelle
stesse cromie, in una ripetizione ossessiva di un’unica forma di colore che può sembrare audace o
incomprensibile.
In fondo, gli elementi su cui gioca sono pochissimi: oltre al colore c’è la direzione verticale e orizzontale in
cui viene steso e la grandezza del formato della tela. Ma tutto avviene all’interno di questa ‘cornice’,
all’interno di questi elementi, con il solo e lento stratificarsi di pigmenti nel tempo. Nei giorni e nella luce,
ascoltando, nel silenzio e negli incontri. Qualcosa che per essere compreso va inserito all’interno della
disciplina esistenziale che Maria si è data: dipingere ha a che fare con il suo tempo esistenziale, diario
scritto, come un’impronta, negli strati di colore” .
Dalla stratificazione dei colori sulle carte a quella della materia vetro nei mosaici, il passaggio è stato
magicamente naturale: nell'antica fornace Orsoni di Venezia, Morganti scopre, infatti, che la tecnica per
produrre il mosaico d'oro coincide con il suo 'modo' di pensare e di procedere nella pittura delle carte.
Tre strati di colore, uno sopra l'altro; alla base il vetro blu-acquamare, colore determinato dalla tecnica
stessa; poi l’oro e argento, in piccoli fogli quadri di cm. 7x7, e infine l'ultimo sottile strato in vetro soffiato che
determina il colore di volta in volta.
La differenza da un frammento all'altro è determinata dalla foglia di metallo e dal colore del vetro soffiato, ma
soprattutto dal taglio che l’artista effettua attorno al piccolo quadrato centrale della foglia d’oro. In questo
modo "ogni singolo pezzo sarà diverso da un altro - precisa l'artista - e ognuno di esso sarà un pezzo unico".
Come ghiaccio nella cui materia rimangono imbrigliante le trasparenze e le profondità delle cromie, così le
‘carte di vetro’ di Maria Morganti.
Tale passaggio è testimoniato anche a Castelvecchio, dove dalle ‘pitture di carta’ del piano terra si arriva alle
‘pitture di vetro’ delle sale superiori della Pinacoteca, in cui alcuni ‘elementi di mosaico’ sono proposti quasi a
completamento delle pareti vuote. In particolare, ci riferiamo a un intervento pensato ad hoc per la sala
dedicata alla pittura veneta cinquecentesca, in cui alcune pitture-mosaico campiscono una cornice scarpiana
temporaneamente lasciata libera da un’opera di Morone in restauro, in dialogo con una seconda opera del
Morone che l’affianca e con l’allestimento realizzato dall’architetto veneziano, con cui Maria Morganti si è già
confrontata in passato alla Querini Stampalia.
Un lavoro in cui è messa in luce tutta la nozione di relatività del colore, secondo cui un colore non è mai
assoluto e la sua qualità cambia non solo a seconda dei colori che gli stanno vicino e dietro, ma chiaramente
anche rispetto al suo contesto percettivo dato dalla luce, dalla dimensione, o dal contorno che lo determina,
ma soprattutto dall’occhio soggettivo di chi lo incontra.
“Ciò che un pittore indaga non è la natura del mondo fisico, ma la natura delle reazioni di fronte ad esse. Il
pittore non si preoccupa delle cause ma dei meccanismi di certi suoi effetti, il suo è un problema psicologico:
quello di evocare un’immagine convincente, a onta del fatto che non una delle sue pennellate corrisponde a
quella che noi chiamiamo ‘realtà’. Per arrivare a sciogliere questo enigma (nella misura in cui noi possiamo
pretendere di risolverlo) la scienza dovrà accingersi ad esplorare la capacità della nostra mente di registrare
rapporti anziché singoli elementi” .
Il lavoro di Maria Morganti presuppone questo sapere sul colore. “L’artista – come dichiara Chiara Bertola -
sa che i colori si compenetrano reciprocamente fra loro, come in una sorta di osmosi, fino ad arrivare a quel
determinato verde che riesce a ‘suonare’ con il viola di fianco. L’immagine finale di un quadro di Maria
quindi, non è che il risultato di un’interazione, di azioni reciproche di un colore su di un altro: il viola che
risulta alla fine è ogni volta diverso se il colore che c’è stratificato dietro è verde o rosso.
Ho già detto quanto il ruolo del colore nella pittura di Maria Morganti sia determinante. Lo è a partire non
solo dall’attenzione che mette nella ricerca delle minime variazioni timbriche della materia colore ma,
soprattutto, perché nel colore lascia impresso il tempo come un’impronta. Ma è chiaro che a lei non
interessa attraversare la pittura, risolvendo soltanto questioni scientifiche o centrate su rapporti retinici. Il
lavoro di Maria Morganti è piuttosto da inscrivere nella ricerca di quell’atto creativo celato nel processo
elementare della percezione: una ricerca che chiede tempo allo sguardo per percepire e vedere le variazioni
del colore.
Nel suo lavoro la parola colore si lega indissolubilmente a tempo [..] La questione del tempo è di nuovo
pervasiva di tutto il suo lavoro, perché materia necessaria al divenire del colore. Ci vuole tempo per
compiere quel movimento lentissimo di trasformazione del colore, che passa dal primo strato di colore
all’ultimo. Ci vuole tempo per sentire il tono e il suono del colore. Viene alla mente quasi un tempo legato ai
lentissimi movimenti geologici, quello incalcolabile che appartiene ai movimenti di trasformazione e
formazione della terra: da quelli dei ghiacciai a quelli delle stalattiti in una grotta [..] Quando realmente
capisci che ogni colore cambia col mutare delle circostanze, allora hai imparato anche, rispetto alla vita,
quello che sai del colore . Il colore cambia densità e intensità come cambiano gli stati vitali interiori.
E’ una questione di ascolto e di silenzio rimasti dentro.
E’ una questione di concentrazione e di capacità di rendere minimo ma fondamentale ogni gesto”.
Catalogo Silvana Editoriale, con i contributi di Chiara Bertola, Paola Marini, Alba Di Lieto, Raphael Rubinstein, Paul Hills.
Inaugurazione giovedì 14 ottobre, ore 18.30
Museo di Castelvecchio
Corso Castelvecchio 2 – Verona
orario 8.30-19.30 – lunedì 13.30-19.30
Biglietto d'ingresso Museo
intero euro 6,00; ridotto gruppi (superiori a 15 persone), anziani (oltre i 60 anni) e studenti (14-30 anni; solo con tessera studenti), euro 4,50; scuole e ragazzi (8-13): euro 1,00;
ingresso gratuito per i residenti con più di 65 anni
Ingresso unico 1° domenica dei mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, ottobre, novembre, dicembre: euro 1,00
Convenzione tra ArtVerona10 (14>18 ottobre 2010) e alcuni Musei Civici di Verona:
ingresso gratuito in fiera ai possessori di biglietto delle mostre
Maria Morganti. L’unità di misura è il colore / Museo di Castelvecchio
Intimate Travel / Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri
E-motion to cohabit / Galleria d’Arte Moderna Palazzo Forti
ingresso gratuito alle mostre sopra-citate ai possessori di biglietto, vip card, invito riservato ArtVerona10