Nomadismo Poetico. Il mondo figurativo dell'artista fiorentino si muove nell'arte del collage, nella scrittura automatica, nel repertorio di citazioni sugeritegli della decalcomania.
Marco Gerbi dopo le recenti mostre a Praga, Galanta, Varsavia, Budapest,
Cracovia e Turku arriva a Zilina, in Slovacchia, con oltre 100 opere che
ripercorrono quasi 20 anni della sua carriera artistica.
Proprio per la sua stessa filiazione fiorentina, Marco Gerbi porta la
“grande” arte nel DNA. Del resto è qualcosa di immediatamente percepibile:
non solo per quanto riguarda la cultura e l’arte del Rinascimento, Firenze è
infatti culla di musei e gallerie famosissime. Gerbi, in più, ha avuto la
possibilità concreta di vivere da vicino la pop-art europea, che ne ha
influenzato la sua produzione. Marco Gerbi - ovviamente in epoca successiva
- reagisce a modo tutto suo all’evoluzione dell’arte europea. E’ una persona
carica di espressività, di impulsi che si coniugano a una ricca inventiva,
di senso dell’ordine e di attrazione per settori dell’arte non ancora
esplorati e con una meravigliosa capacità di riuscire a trovare
l’ispirazione in quella quotidianità, che, nel suo atelier, viene
trasformata attraverso una miracolosa metamorfosi.
Donne, uomini, macchine, teschi e fiori: l’immaginario di Marco Gerbi è
molto variegato e esibisce evidenti legami con la poesia visiva, quella
corrente sperimentale tipicamente italiana che grazie a artisti quali
Lamberto Pignotti ed Eugenio Miccini e a poeti quali Adriano Spatola e
Giulia Niccolai, sostituisce “una comunicazione di tipo pragmatico con una
di tipo estetico” (Ballerini) recuperando in tal modo un significato degli
oggetti oltre a quello denotativo e referenziale.
Le figure qui rappresentate subiscono una risignificazione artistica: da
oggetti legati al consumo divengono immagini iconiche con una funzione
estetica, obbligando il loro fruitore ad interrogarsi sul significato stesso
della loro esistenza.
A volte i quadri sono vere e proprie opere aperte, a volte operette
dall’aria ironica. Quando vengono liberate dal loro significato
prestabilito, allo spettatore tocca scoprirne le diverse possibilità di
vita, il messaggio nascosto, il nuovo contenuto.
Con raro senso edonistico utilizza i processi del collage, allorché nel
quadro incolla pagine di giornale o altri materiali grafici o di stampa.
Bisogna dire che Gerbi utilizza il decollage nel senso vero e proprio del
termine; ciò significa che, con i suoi interventi, dà forma a delle
“conclusioni colorate” che, qualche volta vengono commentate da frammenti
di scrittura. Il colore spesso viene fatto cadere con la tecnica del
dripping o viene guidato attraversa una sagoma. Sulla superficie dell’opera
incolla fotografie, che completa poi con la gestualità del fare pittura.
Nei collage di Gerbi serpeggia, anche in modo abbastanza manifesto, un tono
erotico che, a tratti, si manifesta in maniera audace però, se si pensa che
in vari casi sono presenti dei vecchi ritagli collegati in un processo di
regolarità e con l’aggiunta di elementi che appartengono all’oggi, assumono
un senso di particolare ironia.
Tutta la serie delle “Mappe d’Italia”, che costituiscono un percorso del suo
*iter* artistico, realizzate con la tecnica del collage, costringe alla
lettura. Non conosco persona che ad un esame di questo tipo di lavoro non
resista alla tentazione di guardare più da vicino, esaminare frammenti di
vecchi giornali, fotografie e parole. La sua grande fantasia crea sempre
nuove forme, anche quando questa “cornice” è tutte le volte uguale. Abbiamo
davanti a noi sempre la solita mappa dell’Italia, il solito contorno, ma al
suo interno, continuamente, il “testo”. Possiamo assaporare questo processo
nello spirito che si completa con la parola.
Nelle mostre a Praga (2009), a Galanta (2010) e a Cracovia (2010) mi ha
colpito la pulizia della sua espressione pittorica e del collage ma anche la
logica sostenuta da una costruzione tradizionale, con varianti che ne
cambiano motivo. A volte, contemporaneamente, si intersecano azioni visuali
fino a un metodo non tradizionale di far pittura.
Marco Gerbi ha avuto il privilegio di incontrarsi con un personaggio attivo
nel periodo in cui è nata la Pop art in Italia e, segnatamente a Firenze,
Roberto Malquori (mostra collettiva a Firenze nel 1964 con G. Chiari, L.
Pignotti, E. Miccini e altri fondatori del Gruppo 70).
Il mondo figurativo di Marco Gerbi si muove nell’arte del collage, della
scrittura automatica, con un ampio repertorio di citazioni, con la
suggestione della decalcomania. L’autore è concentrato al massimo sulla
canzone che ha il solito refrain, ma sempre con un altro, con un nuovo
contenuto. Ma Gerbi, nella sua estrema essenza, è un poeta che si esprime
attraverso i quadri.
Vernissage 9 dicembre 2010 ore 17
Povazska galeria umenia
M. R. Stefanika c.2, Zilina
Orari: Martedì-Venerdì: 9-17 Sabato-Domenica: 10-17
Ingresso: 1€ intero e 0,50 €uro ridotto