In mostra una serie di opere astratte, essenziali, la cui carica espressiva e' data dalla resa brillante dei colori. I vari strati di pittura ad olio vengono cosi' coinvolti in un gioco proprio, che delimitano degli spazi irreali, spazi dell'inconscio.
Pensando alla principessa Ingeborg zu Schleswig-Holstein, appaiono quei colori da
una delicata veemenza. La loro stupenda forza domina i quadri di tutte le fasi
dell’artista, ma in maniere assai differenti! Nelle sue prime opere compaiono spinti da
un coraggio sconcertante ma entusiasmante. Attualmente si penserebbe a una sorta
di auto immersione nel colore che, a sua volta sviluppa un’intensità capace di
coinvolgerci nelle sue profondità e superficialità.
Ingeborg zu Schleswig-Holstein è una pittrice tra il mondo di New York e il mondo
una volta chiamato ‚vecchio‘ con tutte le sue epoche da Fra‘ Angelico al 21esimo
secolo. Lei è perciò anche un’artista tra i mondi che ha reso questo contrasto un
campo di tensioni nelle sue opere.
Nelle prime opere ancora si percepiscono oscillazioni di figure e proporzioni, di sopra
e sotto, di destra e sinistra della storia europea della composizione. Però che
provenienza hanno questi colori quasi definibili come indomabili?
La risposta più semplice è: da Andy Warhol, a cui assisteva a lungo nella famosa
Factory.
Solo la determinazione di lasciare campo libero all’effetto dei colori però fa
riferimento alla Pop- Art newyorchese. La libertà dei colori è anche libera
dall’attrazione clamorosa per cui usati da Warhol. I colori dei sui quadri sono apparsi
come successe in europa, beninteso da Yves Klein, dal blu dei pittori del Bauhaus e
infine anche da Fra’ Angelico.
Questo è legato ad un’essenziale passo nello sviluppo dell’astrazione da parte di
Ingeborg zu Schleswig-Holstein, superando così quello del mentore americano.
Essenziale al punto che all’apparenza non si nota alcun’affinità. Warhol diventa un
pioniere dell’abbandono del figurativo nella pittura interpretandolo così. Mentre a lui
sembrava interessass e solo la superficie delle cose, lei divenne una citazione della
loro obiettività. Ciò potrebbe essere interpretato come addìo al figurativo, sebbene in
una direzione che non segue quella dell’arte astratta. Pittori come Ernst Wilhelm Nay
hanno poi tolto ogni ricordo a cose a quelle superfici pur dando vita al colore. E infatti
Ingeborg zu Schleswig-Holstein studiò da alunno di Nay ad Amburgo. Da lei, dice lei
stessa, si guarda dentro il colore. I colori non servono più a figurare il conosciuto. A
questo modo i suoi molteplici piani portano all’inconscio. Gli strati non vengono chiusi
da acrilico. I vari strati di pittura ad olio vengono coinvolti in un gioco proprio al cui
interno sorgono spazi che però non vanno confusi con effetti di prospettiva centrale
dello spazio.
Che significa parlare di spazi? Quegli spazi, i veri spazi, si costiuiscono negli effetti di
tutto ciò che appare nel loro interno. Gli spazi relazionali. L’ottica fa da mediante
all’occhio nostro che, a sua volta fa da mediante alle nostre sensazioni celebranti, al
nostro vivere legandosi a emozioni, ai nostri pensieri esploranti e scoprenti.
Ogni volta che dentro di noi, probabilmenti in senso vago senza che ce ne
accorgiamo, si aprono spazi relazionali interni tra il nostro vivere e i nostri pensieri e
le impressioni dei nostri sensi, si apre soltanto un qualcosa dentro di noi che ci libera
dalle aspettative del mondo quotidiano, soprattutto dalle aspettative visuali di dover
riconoscere qualcosa di conosciuto.
Nella sua nuova vita l’un’o l’altro tono di rosso verso il blu a malapena percettibile
acquista quel senso che ci cattura.
„la percezione solita dell’uomo si muove all’interno di una banda di misure molto
selettiva“, dice Ingeborg zu Schleswig-Holstein. Ciò che accade nei suoi quadri
invece non sono tentativi di raffigurare altre dimensioni però odi a delle possibilità
che sommergono da tra i suoi colori – ci si nascondono.
Tuttavia la pittrice non tratta semplicemente l’apertura al molto grande o al molto
piccolo. Piuttosto esprime ciò che è importante oltre il quotidiano per ambedue gli
spazi attraverso le relazioni dei colori. Lei per questo fenomeno usa il termine verità.
Così dimostra che queste aperture possono soltanto contraporre l’arte nell’austerità e
nell’assoluto della sua esigenza e nella riflessione dei suoi mezzi tecnici ad un
mondo quotidiano. Un „guarda un po’“ o „lascia perdere“ appunto non bastano. La
passione per ogni diversità viene trasmessa soltanto se tutta l’audacia e tutto il
sapere, se tutta la poesia e tutta la provocazione vengono mobilizzati. La
raffigurazione di oggetti deve rispondere dell’apparizione di quegli oggetti, del loro
riguardo al mondo e dei loro effetti su di noi. Jeanne Hersch perciò chiese molto
criticamente di cosa dovesse rispondere l’arte astratta nelle sue opere. Le risonanze
e i disturbi nei quadri di Ingeborg zu Schleswig-Holstein dimostrano che si tratta del
significato colossale delle sue questioni e scoperte; quello non va rivelato, né per
compiacenza né per incertezza, soprattutto non per orgoglio.
Il fatto che lei rende ciò la sua disciplina provando accuratamente e senza fine
pigmenti, collanti, pennelli è un fatto di cui dovrebbe essere orgogliosa. Però ha di
più importante da fare, per se stessa e per noi. Far brillare quella „verità“ appunto.
(estratti di un testo di Rudolpf zur Lippe)
Inaugurazione Venerdì 14 Gennaio ore 19
Galleria Nove
Anna Louisa Karsch Strasse, 9 - Berlin
Orari: lun-sab 11-18
Ingresso libero