Nel periodo che va dal '60 al '70 l'artista sviluppa tutto il ciclo della sua creativita'. Il suo lavoro, iniziato sotto l'indubbia influenza di Fontana e molto vicino a quello di Castellani e Bonalumi, venne ad ancorarsi a quel drappello di artisti che Gillo Dorfles defini' ''artisti oggettuali'', proprio perche' artefici di 'quadri-oggetto'.
Con il Patrocinio della
Regione Emilia-Romagna
Con il Patrocinio e in collaborazione con il Comune di Parma
LA BREVE E INTENSA STAGIONE DI PAOLO SCHEGGI
catalogo ragionato a cura della Galleria d'Arte Niccoli
testi di Gillo Dorfles e di Luca Massimo Barbero
Sabato 23 novembre 2002 alle ore 18.00 presso la Galleria d'arte Niccoli verrà inaugurata una mostra dedicata a Paolo Scheggi (Firenze 1940 - Roma 1971).
In concomitanza di questo atteso avvenimento sarà presentata la più completa pubblicazione mai dedicata all'Artista, contenente il catalogo ragionato di tutte le opere fino a questo momento rintracciate, più numerose testimonianze ed un importante antologia critica.
Paolo Scheggi nel brevissimo periodo che va dal '60 al '70 sviluppa tutto il ciclo della sua creatività .
Il suo lavoro, iniziato sotto l'indubbia influenza di Fontana e al tempo stesso, molto vicino a quello degli altri due artisti, pure essi influenzati da Fontana, Castellani e Bonalumi, venne ad ancorarsi a quel drappello di artisti che Gillo Dorfles, all'epoca, definì "artisti oggettuali", proprio perché artefici di "quadri-oggetto". Ossia di lavori che non avevano più nulla della pittura a base di impasti cromatici e materici, o di figurazioni più o meno astratte ma che miravano a realizzare opere essenzialmente geometrizzanti il cui valore di "modulatrici spaziali" fosse sempre preminente e quasi sempre costituisse un fattore di composizione architettonica oltre che cromatica. Questo fare che si esprimeva molto efficacemente nelle tele estroflesse di Castellani, in quelle variamente sagomate di Bonalumi, e in parte in alcune di quelle monocrome di Piero Manzoni, nel caso di Scheggi procedeva verso una tridimensionalità più accentuata, attraverso la costruzione di "oggetti" realizzati con la sovrapposizione di due o tre tele (intersuperfici curve, intercamere plastiche, ecc.) e la presenza nelle stesse di squarci longitudinali o di aperture circolari, molto lontani dai "buchi" e dai "tagli" di Fontana perché quasi sempre essenzialmente geometrici, non lasciati al caso e all'azzardo.
Ma, mentre nel caso di Castellani e Bonalumi il problema della spazialità di solito si arrestava all'opera singola (salvo nei ben noti "ambienti" di Palazzo Trinci o di S. Benedetto al Tronto), nel caso di Scheggi si assiste a una decisa "invasione" dello spazio architettonico. Così nel caso dell'"Intercamera Plastica" del Naviglio (1967), nell'ambiente ideato per l'atelier di Germana Marucelli (1968), e nelle sale di Palazzo Trinci a Foligno. E permette di constatare, a distanza di quasi quattro decenni, il peso che il "quadro-oggetto" riveste in un periodo nel quale era appena spenta la fase concretista del MAC e quella dello spazialismo, e dove non era ancora esplosa del tutto l'epoca dell'happening e dell'installazione. Ed è appunto allo happening e all'installazione - trasformate in vere e proprie performances - che Scheggi doveva dedicare l'ultima fase del suo lavoro. Infatti l'operazione "Oplà -Stick" a Zagabria (1969) con la presenza di lettere-personaggi, o "Oplà " per una strada di Firenze, sono tutte prove di un fatto molto significativo: la consapevolezza che la "funzione" di pittura e scultura stava subendo una decantazione ed una necessaria mutazione verso forme espressive più vicine al teatro, e ad altre forme di comunicazione visiva. E, infatti, "Oplà -Stick" intitolato "Passione secondo Paolo Scheggi" consisteva in una "azione teatro" (interpretata da Alviani, Bento, Dall'Acqua, Simonetti): un'azione in 19 movimenti svolgentesi all'interno di un contenitore bianco con la presenza di uno schermo nero, con le lettere dell'alfabeto e una voce comunicante ai quattro personaggi i movimenti e le fasi dell'azione. Insomma una vera azione teatrale; come, del resto, quella dell'"Autospettacolo" (1969) ordinato a Caorle; e che come precisa Tommaso Trini nella sua presentazione: ''Può costituire l'anello estremo di un'interrotta serie di spoliazioni artistiche; ma potrebbe anche risultare uno dei primi contributi a quella permeazione estetica dell'anonimo o del massificato che molti artisti perseguono''.
L'"Autospettacolo", con la regia di Raffaele Maiello, la musica di Franca Sacchi, la critica di Franco Quadri, la scenografia di Scheggi, è indubbiamente un'anticipazione di molte performances "parateatrali" degli anni successivi.Scheggi si era evidentemente reso conto dell'eccessiva "staticità " e dell'eccessivo "costruttivismo" delle sue tele (ad esempio l'"inter-ena-cubo" e gli "spazi recursivi").
L'esposizione di Parma, quasi a completare il percorso che la Galleria d'arte Niccoli ha attuato negli ultimi anni, segna un importante momento di rivisitazione e messa a punto della figura di questo grande Artista per troppo tempo dimenticato, forse anche per la prematura scomparsa.
periodo 23 novembre 2002 - 22 febbraio 2003
inaugurazione sabato 23 novembre ore 18.00
orario 10.00 - 12.30 / 16.00 - 19.30 escluso lunedì e festivi
edizioni Galleria d'Arte Niccoli collana Attraverso le Avanguardie n°43
Galleria Niccoli Via Bruno Longhi 6 Parma