Mostra-evento nella quale lo spazio circoscritto della stanza si combina e ospita l'immagine effimera di una superficie riflettente.
Dario Picariello, Giusy Musto, Silvia Pretelli, Miriam Pascale
Lo specchio come strumento d’arte, motivo di introspezione , gioco in cui riscoprire l’indefinitezza dell’io, una miscela di spunti estetici e filosofici attraverso la quale ripercorrere la claustrofobica natura della coscienza umana. In questa occasione lo spazio circoscritto della stanza si combina e ospita l’immagine effimera di una superficie riflettente, che promette senza garanzia di concessione l’ampliamento degli orizzonti percettivi e dà vita ad un microcosmo fatto di solitudini e obblighi di introspezione. Una delle istallazioni costruisce il disorientamento di una ambientazione fatta di sospensione fisica e temporale, in cui lo spoglio arredamento rifugge la realtà e fluttua all’interno di uno spazio impraticabile, universo dove i soggetti sono ombre umane, proiezioni della nostra individualità. L’effimera apparenza della loro natura riflette se stessa ed enfatizza la sua forza visiva nella duplicazione della propria immagine.
L’identità non si concede e diventa soggetto universale, metafisica della coscienza, riflesso visivo e incompleto di una verità umana che stenta a rivelarsi autentica perché nascosta dietro le griglie della sua superficie. La seconda parte dell’evento mescola efficacemente i concetti di specchio e camera attraverso l’edificazione di momenti spaziali claustrofobici che tentano di dialogare con l’esterno attraverso la finestra di una cornice riflettente. Le presenze intrappolate tentano la via di fuga dall’apparenza, osservando e allungando la mano verso la possibilità ultima di definizione dei loro volti reali e della loro invisibile e autentica persona. La decontestualizzazione spaziale si complica con la presenza terrena di una maniglia incollata al pavimento, simbolo di speranza e possibilità di uscita dall’effimero mondo delle superfici visive, dove è possibile ritrovarsi e restituire alla nostra soggettività la forza che la pura fisicità esteriore le ha sottratto. Infine le voci degli artisti che si raccontano rendono tangibile l’estenuante lotta che l’io intraprende per scappare dalla gabbia dell’ignoto e raggiungere nuovi livelli di visibilità, laddove la vita si accorge e contempla con totale attenzione la reale metafisica della nostra persona.
Laura Rabottini
Accademia di Belle Arti di Urbino
TEMPORARY EVENTS at DECORATION CLASS
Dipartimento arti visive _ scuola di decorazione
via de Maceri, 2
Ore 15
Ingresso libero