Kunst Meran/o Arte
Merano (BZ)
via Cassa di Risparmio Portici, 163
0473 212643 FAX 0473 276147
WEB
Elliott Erwitt
dal 22/6/2011 al 24/9/2011
mart-dom 10-18. Chiuso lunedi'

Segnalato da

Anna Defrancesco



approfondimenti

Elliott Erwitt
Valerio Deho'



 
calendario eventi  :: 




22/6/2011

Elliott Erwitt

Kunst Meran/o Arte, Merano (BZ)

Merano Arte dedica un'ampia retrospettiva al fotografo americano attraverso 40 immagini, scelte tra i suoi lavori piu' celebri, tutte stampate da Erwitt stesso nel suo studio di New York. La mostra ripercorre la carriera di reporter e artista di Erwitt, attraverso le serie che hanno ormai conquistato un posto fisso nell'immaginario fotografico.


comunicato stampa

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ELLIOTT ERWITT
a cura di Valerio Dehò

Dal 24 giugno al 25 settembre 2011, MERANO ARTE dedica un’ampia retrospettiva al fotografo americano ELLIOTT ERWITT (1928), attraverso 40 immagini, scelte tra i suoi lavori più celebri, tutte stampate da Erwitt stesso nel suo studio di New York.
La mostra, curata da Valerio Dehò, ospitata dall’edificio Cassa di Risparmio (via Portici 163), organizzata in collaborazione con Sudest57, Milano e Galleria Spazia, Bologna, ripercorre la carriera di reporter e artista di Erwitt, attraverso le serie che hanno ormai conquistato un posto fisso nell’immaginario fotografico.

Molti dei suoi scatti sono diventati icone del Novecento, come quelli di Marilyn Monroe, di Nixon e Krusciov e soprattutto la serie di incontri tra i cani e i loro padroni, iniziata addirittura nel 1946. Erwitt fu attratto da un cagnolino con un pullover realizzato probabilmente dalla sua padrona di cui, nello scatto, sono rimasti solo i dettagli dei piedi. Da allora, il mondo del miglior amico dell’uomo è sempre stato indagato dal fotografo in modo spesso esilarante. I cani sono il soggetto di uno dei suoi libri fotografici più celebri come “Dog, dogs” in cui si miscela la satira sociale con una sorta di iperbole della condizione canina.
Molto importante è anche un suo libro dedicato al pubblico dei musei chiamato “Museum watching”, in cui non solo anticipa una tematica ripresa da ben più celebrati artisti come Thomas Struth, ma da cui emerge la sua intelligenza nel considerare sempre il rapporto tra l’opera d’arte e lo spettatore, come punto di vista privilegiato della pratica artistica.

Instancabile e sempre concentrato su nuovi progetti, Elliott Erwitt è un fotografo che lascia ancora il segno e che rappresenta non solo la storia della fotografia, ma anche un esempio di passione per un lavoro straordinario che lo ha portato a contatto con i grandi del Novecento, ma anche con le persone comuni e con la vita delle grandi metropoli.
Erwitt è un reporter sempre in viaggio. All’inizio della sua carriera ha lavorato per il Governo americano, ma è stato determinante l’incontro con Robert Capa, co-fondatore, con Cartier-Bresson, Rodger e Seymour, dell’agenzia Magnum, la celebre cooperativa di grandissimi fotografi che sono stati i testimoni dei grandi eventi del secolo scorso.
Nel 1953, poco prima della sua scomparsa durante la guerra di Corea, Capa fa entrare in Magnum il giovane Erwitt, che da lì a poco ne diviene presidente.

Parallelamente inizia a pubblicare i suoi servizi fotografici dando importanza ai dettagli, con la sua caratteristica ironia. Del resto, non ha mai voluto dare al suo lavoro enfasi o sacralità, si limita sempre al visibile. Numerosi volumi hanno accompagnato la sua produzione artistica e le sue mostre: tra i più famosi e riusciti, “Personal Best”, edito da teNeues, dove vien ben rappresentato il suo umorismo sottile e poetico che si muove sempre sul filo dell’inaspettato e del malinconico.
Grande narratore, Erwitt è unico nella sua generazione per la leggerezza del suo sguardo e per la capacità di saper trovare i lati più buffi e surreali di situazioni pur drammatiche.

Ironia che traspare anche in molte delle sue interviste come quella in cui gli fu chiesto “Perché lei deve pubblicare libri?”, “Perché - rispose - sono in giro da così tanto tempo che la maggior parte degli editori pensa che io sia morto!”.
Particolare è il suo rapporto con l’Italia e non solo per i motivi biografici (visse a Milano durante l’infanzia). Nel 2000, ha realizzato un calendario per la Lavazza e nel 2002 ha tenuto un’importante antologica allo Spazio Oberdan a Milano. Ha ritirato nel 2009 il Leica Lucca Digital Photo Festival Award.
Dal 20 maggio, l’International Center of Photography (ICO) di New York lo celebrerà con un’ampia retrospettiva che presenta una selezione di 100 immagini, effettuata dallo stesso Erwitt, scegliendo tra le sue preferite insieme con alcune stampe inedite dei suoi primi lavori.

Elliott Erwitt è nato in Francia da una famiglia di emigrati russi, nel 1928. Passa i suoi primi anni in Italia. A 10 anni si trasferisce con la famiglia in Francia e da qui negli Stati Uniti nel 1939, stabilendosi dapprima a New York, poi, dopo due anni, a Los Angeles.
Nei primi anni ‘50, Erwitt dopo essere transitato per Pittsburg, la Germania e la Francia, si stabilisce a New York, città che elegge sua base operativa fondamentale. Flessibilità e spirito d’adattamento necessari tanto alla sua professione che ai suoi interessi, lo hanno visto muoversi molto spesso intorno al pianeta prima di far ritorno alla base. Durante i suoi studi alla Hollywood High School, Erwitt lavora in un laboratorio di fotografia sviluppando stampe “firmate” per i fan delle star di Hollywood. Nel 1949 torna in Europa viaggiando e immortalando a lungo realtà e volti in Italia e Francia. Questi anni segnano l’inizio della sua carriera di fotografo professionista. Chiamato dall’esercito americano nel 1951 continua a lavorare per varie pubblicazioni e, contemporaneamente, anche per l’esercito americano stesso, mentre staziona in New Jersey, Germania e Francia.
La grande opportunità gli viene offerta dall’incontro, durante le sue incursioni newyorchesi a caccia di lavoro, con personalità come Edward Steichen, Robert Capa e Roy Stryker che amano le sue fotografie al punto da diventare suoi mentori. Nel 1953 congedato dall’esercito, Elliott Erwitt viene invitato da Robert Capa, socio fondatore, ad unirsi a Magnum Photos in qualità di membro fino a diventarne presidente nel 1968. Ancora oggi ne è membro attivo e resta una delle figure leader nel competitivo mondo della fotografia.

I libri di Erwitt, i saggi giornalistici, le illustrazioni e le sue campagne pubblicitarie sono apparse su pubblicazioni di tutto il mondo per oltre quarant’’anni. Pur continuando il suo lavoro di fotografo Elliot Erwitt negli anni ‘70 comincia a girare dei film. Tra i suoi documentari si ricordano Beauty Knows No Pain (1971) Red White and Blue Glass (1973) premiato dall’American Film Institute e The Glass Makers of Herat.(1997)
Negli anni ‘80 Elliott Erwitt produce 17 commedie satiriche per la televisione per la Home Box Office. Dagli anni ‘90 fino ad oggi continua a svolgere una intensa e varia vita professionale che tocca gli aspetti più disparati della fotografia.
Tra le sedi espositive più prestigiose dove Erwitt ha presentato i suoi lavori, si segnala The Museum of Modern Art a New York, The Chicago Art Institute, The Smithsonian Institution a Washington D.C., The Museum of Modern Art di Parigi (Palais de Tokyo), The Kunsthaus a Zurigo, il Museo Reina Sofia a Madrid, The Barbican a Londra, The Royal Photografic Society a Bath, The Museum of Art del New South Wales a Sydney.

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ELLIOTT ERWITT
curated by Valerio Dehò

From 24 June to 25 September 2011, MERANO ARTE will be holding a retrospective of the American photographer ELLIOTT ERWITT (1928): 40 shots chosen from among his most famous works, all printed by Erwitt himself in his New York studio.
The exhibition is being curated by Valerio Dehò and hosted by the Cassa di Risparmio (via Portici 163). It is a joint organization with Sudest57, Milan and Galleria Spazia, Bologna. Erwitt’s career as a reporter and artist will be covered in photo series that have found a permanent place in the history of the medium.

Many of his shots became icons of the twentieth century: Marylin Monroe, Nixon, Kruschev, and above all the dog-meets-dog series that goes back to 1946. Erwitt was drawn to a dog in a pullover presumably knitted by its mistress whose feet alone we glimpse in the picture. Since then the world of man’s best friend became a constant focus, often in comic terms. One of his most famous books, “Dogs, dogs”, mixes social satire with exaltation of the canine condition.
Another important book, “Museum watching”, observes the public at art galleries in anticipation of a subject that would make other artists, like Thomas Struth, into celebrities. The relationship between artwork and beholder, Erwitt’s keen eye told him, was a prime angle of artistic investigation.

Indefatigably engrossed in new projects, Elliott Erwitt still managed to strike home. More than just a representative of the history of photography, he evinces passion for an extraordinary metier which brought contact with twentieth-century leaders, but also the man in the street and life in the great metropolises.
As a reporter, Erwitt was constantly on the road. At the outset of his career he worked for the American government. But the decisive meeting was with Robert Capa. Together with Cartier-Bresson, Rodger and Seymour, Capa had founded Magnum, the celebrated cooperative of top photographers who would bear witness to the outstanding events of last century. In 1953, shortly before his death in the Korean war, Capa got the youthful Erwitt admitted to Magnum; he would in due course become its president.

Parallel with this were his first photo feature series magnifying details with his characteristic irony. Erwitt never overstated, was never self-important, reporting what he saw, no more. Many volumes came out of his artistic output and exhibitions; one of the best and most acclaimed, “Personal Best”, published by teNeues, captures his subtly poetic brand of humour, poised between melancholy and the unexpected.
One of he great narrators, Erwitt was unique in his generation for the lightness of his viewpoint, his ability to find the comic or surreal amid situations of drama. Irony also emerges from his interviews. Asked why he felt compelled to keep publishing books, he replied: “Because I’ve been around so long most publishers think I’m dead!”
His relationship to Italy was a special one (beyond the biographical fact of staying in Milan as a child). In 2000 he did a calendar for Lavazza and in 2002 he held an important anthological exhibition at Milan’s Spazio Oberdan. In 2009 he was given the Leica Lucca Digital Photo Festival Award.
As of May 20th, the International Center of Photography (ICO) in New York is holding a broad retrospective including a selection of 100 of Erwitt’s own favourites, as well as unpublished prints of his early oeuvre.

Elliott Erwitt was born in France in 1928, the son of Russian emigrés. He spent his first years in Italy. When he was ten, the family moved to France and from there in 1939 to the United States, first settling in New York, then two years later in Los Angeles.
In the early Fifties Erwitt spent time in Pittsburg, Germany and France before settling in New York which would become his operational centre. The flexibility and adaptability built into his profession and his interests led him to rove frequently around the globe but always returning to home base. During his student years at Hollywood High School he worked at a photographic laboratory developing “signed” portraits for Hollywood stars’ fans. In 1949 he returned to Europe where he travelled round Italy and France, immortalizing the scenes and faces he found – years that marked the beginning of a career as a professional photographer. Called up for national service in 1951, he continued to work for a number of publications as well as for the American forces with whom he was stationed in New Jersey, Germany and France.

The biggest break-through came on home leave as he roamed New York in search of work and met figures such as Edward Steichen, Robert Capa and Roy Stryker. They admired his photos and became his mentors. Demobilized in 1953, Erwitt was invited by Robert Capa to join Magnum Photos. From member he graduated to president in 1968 and is still part of the agency to this day – a leading figure in the competitive world of photography.

Erwitt’s books, journalistic essays, illustrations and publicity campaigns have appeared throughout the world for over forty years. In the Seventies, while continuing to take photos, he tried his hand at film work. Memorable documentaries include Beauty Knows No Pain (1971), Red White and Blue Glass (1973) (acclaimed by the American Film Institute) and The Glass Makers of Herat (1997).
In the Eighties Erwitt produced 17 satirical television sketches on Home Box Office. From the Nineties till today he has kept up a varied and intense professional life leading him into the oddest corners of photography.
Erwitt has exhibited at the most illustrious venues: The Museum of Modern Art in New York, The Chicago Art Institute, The Smithsonian Institution in Washington D.C., The Museum of Modern Art in Paris (Palais de Tokyo), The Zurich Kunsthaus, Madrid’s Museo Reina Sofia, The Barbican in London, The Royal Photographic Society of Bath, The New South Wales Museum of Art in Sydney.

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Image: Elliott Erwitt, Usa. New York. 1974. Felix Gladys and Rover © Elliott Erwitt

Anteprima riservata ai giornalisti 23 giugno 2011, ore 11

Kunst Meran/o Arte - edificio Cassa di Risparmio
via Portici 163 - Merano
Orari: da martedì a domenica, dalle 10:00 alle 18:00. Chiuso lunedì
Ingresso: € 5 intero; € 4 euro ridotto; gratuito fino ai 14 anni

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