CRAA - Centro Ricerca Arte Attuale - Villa Giulia
Verbania
corso Zanitello, 8
0323 503249
WEB
Hans Hartung - Jocelyne Alloucherie
dal 1/7/2011 al 24/9/2011
merc-ven 14-19, sab e dom 11-19
011 7640258

Segnalato da

Giuseppe Galimi




 
calendario eventi  :: 




1/7/2011

Hans Hartung - Jocelyne Alloucherie

CRAA - Centro Ricerca Arte Attuale - Villa Giulia, Verbania

Villa Giulia inaugura due nuove mostre: una restrospettiva sulle opere pittoriche di Hans Hartung - artista che si inserisce nel contesto internazionale legato all'Informale, in cui convivono le tendenze europee, come il Tachisme francese, e quelle statunitensi dell'Action Painting e dell'Espressionismo Astratto - e 'Jocelyne Alloucherie. Una realta' fluttuante', mostra che presenta un insieme di opere realizzate nel 2010 e 2011 dell'artista. Il percorso espositivo raggruppa all'inizio schizzi tridimensionali, disegni, fotografie e bozzetti, e prosegue con sculture e disegni di grandi dimensioni oltre a due installazioni composite, costituite per la maggior parte da fotografie.


comunicato stampa

HANS HARTUNG. BOEING, 1970

Hans Hartung (1904-1989), tedesco di nascita e francese di adozione, parte dallo studio dei grandi pittori classici del passato, prediligendo Goya e soprattutto Rembrandt, nel quale legge con straordinaria sensibilità tensioni nascoste e misteriose, espresse in macchie cromatiche fini a se stesse, per giungere a un decisivo incontro con la poetica astrattista di Kandinskij.
La sua vita è un continuo peregrinare: Dresda, Lipsia, Parigi, la Costa Azzurra, la Norvegia, Minorca, Berlino, sono solo alcune delle tappe della sua funambolica esistenza, segnata oltreché dalla morte del padre, dal dramma della guerra alla quale prende parte da combattente e nella quale perderà una gamba.

Dal punto di vista artistico Hartung si inserisce nel contesto internazionale legato all’Informale, in cui convivono le tendenze europee, come il Tachisme francese, e quelle statunitensi dell’Action Painting e dell’Espressionismo Astratto. Il linguaggio di Hartung, da subito non figurativo, unisce nei termini di eleganza assoluta e di equilibrato controllo l’irruenza pittorica, costruendo infinite variazioni giocate sul segno, lungo una parabola che percorre tutta la sua produzione. Durante gli anni Cinquanta e Sessanta l’artista sviluppa un grafismo in cui la linea si ispessisce considerevolmente fino a diventare paradigma di estrema tensione: con esso egli rivendica l’importanza dell’emozione dell’atto creativo, palesando una dimensione profondamente umana in cui lo psichismo interviene in un ponderato rapporto tra abbandono e padronanza. Si deve tener presente infatti che l’apparente casualità del gesto ha invece nelle opere del pittore un ritmo e una struttura “istintivi”, dovuti alla profonda conoscenza delle leggi che regolano il linguaggio dell’immagine. E non solo: i grandi lavori, almeno fino agli anni Settanta, non sono altro che la trasposizione ingigantita di progetti più piccoli, a loro volta meditati e “costruiti” con grande meticolosità. Quindi la componente puramente aleatoria è da ritenersi marginale nel processo di creazione dell’immagine, rispetto al modus operandi di tanti altri artisti della congerie informale a lui contemporanei.

Il 1960, anno cardine sotto molti aspetti, è anche quello della sua definitiva consacrazione: riceve il “Gran Premio Internazionale della Pittura” della Biennale di Venezia. Un desiderio costante di sperimentazione giunge a caratterizzare la sua pratica artistica, e ciò lo conduce, a partire dagli anni Sessanta e poi nei Settanta, a fare uso di numerosi strumenti (pistole, stiletti, larghe spazzole, rulli) per “operare sulla tela”, rinnovando così la propria concezione della pittura. Inoltre, si apre progressivamente anche all’utilizzo di vinilici e acrilici, materiali che consentono una maggiore rapidità d’intervento: questo nuovo metodo di lavoro genererà una vasta produzione di serie grafiche, fra cui quella realizzata per il modello Boeing della nota compagnia aerea Air France e quella intitolata Farandole – entrambe esposte in mostra –, che caratterizzerà il suo operato fino all’ultimo.
Nel 1973, si stabilisce ad Antibes in una tenuta in cui progetta casa e atelier, e in cui ha la possibilità di sfogare, lungo tutti gli anni Ottanta, il suo estro su grandissime tele, anche grazie all’utilizzo di compressori e aerografi. Hartung si spegne proprio qui il 7 dicembre 1989 e, pochi anni dopo, nel 1994, viene istituita la Fondazione intitolata a lui e alla moglie Anna-Eva Bergman.
 
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Jocelyne Alloucherie
Una realtà fluttuante

Una realtà fluttuante: con questo titolo la mostra presenta un insieme di opere realizzate nel 2010 e 2011. Il percorso della mostra – all’inizio un “passaggio” che raggruppa degli schizzi tridimensionali, dei disegni, delle fotografie e dei bozzetti – prosegue con sculture e disegni di grandi dimensioni oltre a due installazioni composite, costituite per la maggior parte da fotografie. L’allestimento tiene minuziosamente conto delle caratteristiche dello spazio che le accoglie stabilendo fra loro, ma anche fra ciascuno dei loro componenti, dei legami che si orchestrano in ritmi. Questa coerenza introduce la nozione di suite, come viene chiamata un ciclo di opere musicali.

Mettendo in evidenza il punto di vista di chi guarda, Jocelyne Alloucherie, come è solita fare, “inquadra” le sue foto appese ai muri posizionando una successione di volumi in forma di U davanti o molto vicini a esse. Questo “inscatolamento fuori asse” frammenta lo spazio, insinuandoci e facendoci navigare fra le fotografie e i volumi in uno spazio discontinuo e il riquadrato. Partendo da questa volontà di destabilizzazione fisica, l’artista sconvolge molto velocemente i limiti non solo spaziali ma anche sensoriali e persino mentali di questo punto di partenza generato dal minimalismo, per fissare la sua sottile e inventiva meditazione su altri fronti.

L’allestimento produce così per contaminazione un insieme di impressioni contraddittorie: come per rispondere all’incertezza di questa dinamica, la fotografia rende manifesta l’artificialità del suo presupposto di realtà. Qui, secondo la storica dell’arte Diana Nemiroff, in un testo pubblicato in occasione della mostra in Canada di cui era la curatrice scrive: «l’elasticità della fotografia viene sperimentata per ampliarne il potere espressivo con mezzi elementari».
In questo modo, la fotografia non elaborata, risulta la posta in gioco per una serie di cambiamenti e trasformazioni, mentre gli elementi architettonici gli conferiscono una propria monumentalità e un nuovo stato. Queste fotografie sono debitrici tanto ai gesti delle mani e dei corpi quanto alla fissità della loro registrazione meccanica. La scelta dell’iceberg e la maniera stessa con cui l’artista ha colto il soggetto, fa riferimento alla tradizione della fotografia d’esplorazione del XIX ° secolo che annullava le frontiere del mondo conosciuto trasformando i suoi confini in fotografie.

Questi spostamenti, attraverso l’allineamento sottilmente non lineare delle strutture e i diversi angoli e inquadrature che s’interpongono davanti alla fotografia, la molteplicità delle sequenze all’interno della stessa opera e la volontà di posizionarsi fra “il qui e ora” del dispositivo e “l’altrove” dell’immagine fotografica, il modo in cui vengono elaborate dal corpo come fossero disegni e il rapporto che stabiliscono fra l’astratto e il documentario: non facilita lo spettatore a destreggiarsi fra queste soglie, fra queste tensioni e fra alcuni di questi paradossi come se energie opposte si dessero appuntamento a turno. Si tratta piuttosto di coalescenza persuasiva e di pratiche di fusione.
Testimone di una “realtà fluttuante”, questa strategia rimanda sia all’evidente incapacità dello sguardo di cogliere la natura, sia all’ambizione di voler tradurre anche l’aspetto indefinibile del nostro rapporto con un luogo. E questo, per riprendere lo scritto di Diana Nemiroff, «con tutto quel che ciò presuppone dell’andirivieni tra spazio aperto e mondo intimo, tra percezione immediata e memoria».
René Viau

Ufficio stampa: Giuseppe Galimi
Tai – Turin Art International. Torino
tel. +39 011 7640258 e-mail: info@taiagency.it

Informazioni, Craa Villa Giulia
prenotazioni e gruppi tel. 0323 557691 / 329 9755545

Immagine: Hans Hartung

Inaugurazione sabato 2 luglio ore 17

CRAA – Centro Ricerca Arte Attuale, Villa Giulia
corso Zanitello 8, Verbania (Pallanza)
Orari: da mercoledì a venerdì ore 14 – 19
sabato e domenica ore 11 – 19
Ingresso: intero 5 euro
ridotto 3 euro (dai 6 ai 14 anni, maggiori di 65 anni e gruppi oltre 10 persone, soci Touring Club Italia)
gratuito Abbonamento Musei Torino Piemonte e residenti nel Comune di Verbania

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