Palazzo Ducale
Lucca
piazza Napoleone (Cortile Carrara)
800 747155, 0583 4171 FAX 0583 417326
WEB
Tre mostre
dal 18/11/2011 al 28/1/2012
19 nov - 11 dic: lun-dom 10-19.30; 12 dic-29 gen: mar-ven 15-19.30; sab-dom e 6 gen: 10-19.30
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Segnalato da

Studio Esseci




 
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18/11/2011

Tre mostre

Palazzo Ducale, Lucca

Le immagini di Lin Tianmiao e Wang Gongxin, che hanno la forma ovale delle finestre nei muri di cinta degli antichi giardini cinesi, rappresentano Pechino nella sua architettura antica, le nuove costruzioni, i palazzi di regime e il paesaggio naturale. La personale di Izu, intitolata Viaggio in Asia, propone scatti che trasmettono l'atmosfera dei luoghi sacri. Con le sue fotografie Francesco Jodice indaga il paesaggio sociale e urbano in Tokyo Baburu.


comunicato stampa

Lin Tianmiao e Wang Gongxin

Qui? o La'?

La mostra di Wang Gongxin and Lin Tianmiao Here? or There? fu esposta per la prima volta alla Biennale di Shanghai del 2002. La bellezza e il potere concettuale delle immagini colpirono profondamente il pubblico, tanto da essere definite inequivocabilmente come il lavoro di maggior spicco della rassegna. Lo straordinario successo della mostra è il tributo alla totale sintonia tra moglie e marito, il team di Lin Tian Miao e Wang Gongxin. Si tratta del raro esempio di due artisti con importanti carriere individuali, che sono riusciti ad amalgamare i propri talenti per produrre qualcosa che ha trasceso l’individualità.

Circa un anno prima della Biennale di Shanghai del 2002 sollecitati dal curatore Pi Li, Lin Tian Miao e Wang Gongxin decisero che avrebbero prodotto un’opera insieme. Per sei mesi tentarono invano di stabilire una sinergia, ma le loro idee erano molto diverse e in certi casi, inconciliabili.

All’improvviso, però, scoprirono un punto in comune nella propria visione della società contemporanea cinese. Prima di rientrare a Pechino durante la loro permanenza a New York (dal 1987 al 1995), avevano avuto, infatti, la sensazione di riuscire a comprendere i comportamenti sociali: il motivo per il quale la gente vestiva, pensava e viveva in un certo modo. Tutto ciò pareva prevedibile. Una volta tornati in Cina, però, improvvisamente questa sicurezza vacillò. Tutto sembrava precario. Sebbene la popolazione avesse adesso denaro e la possibilità di permettersi gli status di una vita solida, come la casa di proprietà, in realtà conduceva uno stile di vita privo di qualsiasi “fiducia sociale”.

Si era tornati alle vecchie superstizioni, come la pratica di visitare gli indovini prima di prendere decisioni importanti o consultare i maestri di fengshui. Mentalmente la gente aveva perso il controllo della propria vita. Era come se fosse stato aperto un varco tra la dimensione terrena e quella spirituale, sovvertendo gli equilibri, rendendo improvvisamente strano ciò che era sempre stato familiare, come succede nel romanzo della dinastia Qing Liaozhai Zhiyi che racconta una dimensione surreale in cui il mondo degli umani e quello degli spiriti si compenetrano.

Il tema della Biennale d’Arte di Shanghai del 2002, dal titolo “Urban creation” era l’architettura e la città.

In virtù di queste considerazioni, i due artisti decisero di concentrarsi sulla vita della città, con particolare enfasi sull’incertezza generata dal soprannaturale.

Essi si sentivano legati alla tradizione, ma non volevano rappresentarla in maniera scontata, cercarono, quindi di scavare più profondamente nella psicologia e filosofia cinesi. Per evocare la sensazione d’incertezza e superstizione, si prefissero di inserire elementi contraddittori in ogni singolo aspetto della loro produzione.

Le immagini, che hanno la forma ovale tipica delle finestre che si aprono sui muri di cinta degli antichi giardini cinesi, rappresentano scene in bianco e nero emblematiche di Pechino: l’architettura antica, gli hutong, gli edifici rasi al suolo e le nuove costruzioni, i palazzi di regime e il paesaggio naturale. Su questi sfondi sconcertanti si stagliano i costumi creati da Lin esplorando texture inedite, realizzate con materiali industriali: il vinile stampato con ingrandimenti giganti della pelle umana, è la base per il tessuto, chiome sintetiche e un certo quantitativo di capelli veri costituiscono l’altro materiale di base.

Preparare dei costumi utilizzando pelle artificiale e capelli, significava creare degli abiti con ciò che abitualmente è coperto dagli abiti stessi, con l’intento di sovvertire ciò che è normale, così come nel costume “white tube” punteggiato di corti capelli neri che richiamano il pelo pubico.

BIOGRAFIA AUTORE

Lin Tian Miao è nata nel 1961 nella provincia del Taiyuan Shanxi, in Cina. Si è laureata nel 1984 alla facoltà di Fine Art della Capital Normal University di Pechino e nel 1989 ha frequentato la Art Students League di New York.

Vive a Pechino.

Lin Tian Miao è un’artista che esplora le problematiche legate al ruolo della donna nella società cinese. La sua arte si distingue per avere una consistenza tattile, quasi una trama che mette in gioco tutti i sensi.

E’ attualmente una delle artiste cinesi più note ed esposte al mondo. Il suo lavoro spesso si fonda sulla raccolta di oggetti di uso quotidiano meticolosamente avvolti in candidi fili di spago o cotone, un procedimento che simbolicamente, oltre a proteggerli, li trasforma in forme quasi spettrali.

In confronto con i suoi contemporanei cinesi, Lin Tian Miao è divenuta un’artista piuttosto tardi: era già oltre la trentina quando ha creato e sviluppato una sua solida attività di design di tessuti a New York.

Ha iniziato a dedicarsi alla fine art soltanto dopo il suo rientro in Cina con il marito, l’artista Wang Gongxin nel 1994.

Stabilitisi a Pechino, hanno fatto del loro studio anche il loro personale spazio espositivo, un’idea che consentiva di manipolare e modificare di volta in volta l’ambientazione in funzione delle opere esposte, cosa che sarebbe stata pressoché impossibile in qualunque sede pubblica cinese dell’epoca.

Da bambina Lin Tian Miao si era impegnata molto per imparare alcuni mestieri tipici della tradizione. Sua madre usava filati grezzi, come la corda, per fare un po’ di tutto e lei le chiedeva sempre di aiutarla. Tutt’ora Lin mantiene un ricordo vivido di quel tempo e lavorare con i filati è un modo per ritrovare un contatto forte con il passato, tanto da diventare un tema peculiare che rappresenta il passaggio dall’infanzia all’età adulta.

“Io non sono il genere di artista che può essere abbinato a qualunque piatto per aggiungere un po’ di pepe. Solo lavorando lentamente posso riuscire ad esprimere me stessa. Direi, piuttosto, che la mia essenza è più simile a bere una tazza di tè: capisci com’è e cos’è, soltanto dopo che lo hai bevuto”.

Lin Tian Miao

Website www.lintianmiao.com

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KENRO IZU

"Viaggio in Asia"

LUCCA PHOTO AWARD 2011

a cura di Enrico Stefanelli

“Era il 1979, quando per la prima volta mi sono recato in Egitto per fotografare le Piramidi. Sono stato profondamente influenzato dal senso di maestosità e dall’atmosfera intensa e unica di quel luogo.

Ma, fu soltanto dopo aver fotografato molti altri siti di culto negli anni seguenti, che mi resi conto di come fosse importante per me, per trovare me stesso e l’essenza della vita.

Ispirato da una stampa al platino di Paul Strand, ho iniziato a realizzare stampe a contatto al platino, procedimento che rende perfettamente la morbidezza, le sfumature più lievi, utilizzando una macchina 14 x 20, pollici appositamente realizzata per trasmettere appieno l’atmosfera dei luoghi sacri.

Da allora ho esplorato l’Inghilterra, la Scozia, il Messico, la Siria, la Giordania, l’Egitto, l’Isola di Pasqua, la Francia e il Perù.

Quando ho fotografato il tempio di Angkor in Cambogia nel 1993, ho voluto denunciare la precarietà delle rovine che lentamente stanno per essere inghiottite dalla terra. La giungla invadente che s’intreccia alle vestigi archeologiche mi ha profondamente colpito e indotto a riflettere sul valore della vita.

Da allora, ho trascorso gran parte del mio tempo proprio nei luoghi sacri dell’Asia.

Il fascino di questi posti in cui s’intersecano buddismo, induismo e islamismo, sta non soltanto nella loro bellezza, bensì nel fatto che rivelano l’essenza stessa della cultura e della storia dell’Asia.

Ho fotografato in Cambogia, Tailandia, Laos, Indonesia, Vietnam, Birmania, Tibet, Cina, Nepal, Bhutan e più recentemente ho trascorso vari anni in India.

La fotografia secondo me, non è una mera forma di arte, bensì un percorso di ricerca costante nella vita, per trovare il significato più recondito dell’esistenza stessa.

Per questo considero ogni fotografia come la mia orma lasciata su un sentiero, talvolta sono orme nette e profonde, altre volte indefinite e superficiali.

Oltre alle fotografie, realizzate negli ultimi 30 anni, ho avuto, soprattutto, la fortuna di aver vissuto esperienze, visto luoghi e incontrato persone che mi hanno insegnato cosa siano l’amore e la felicità.”

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Francesco Jodice

Tokyo Baburu

Tokyo è stata il grande laboratorio inconsapevole di un numero infinito di esperimenti di neo-umanesimo.
Sfigurata e stremata al termine della Seconda Guerra Mondiale, Tokyo ha riscritto il suo DNA fino a diventare il più esteso e popoloso agglomerato urbano del pianeta (33 milioni di abitanti), vero motore di un paese povero di risorse ma capace di diventare la seconda potenza economica mondiale.

Tokyo è un immenso organismo socio-urbano nel quale il paesaggio urbano e quello umano concorrono ad un obiettivo comune: la crescita ad ogni costo. Il paesaggio sociale, quell’insieme di relazioni che a Tokyo lega in modo inscindibile pietre e persone, si dispone a qualsiasi sacrificio nella certezza che un sentire comune, quasi telepatico, porterà benessere diffuso e senza fine. Un esempio su tutti: la crisi della metropolitana dovuta al sovraffollamento nei primi anni novanta si risolve con un accordo tra politica e multinazionali con la mediazione della burocrazia: ai circa 11 milioni di lavoratori dipendenti della “Grande Tokyo” viene assegnato un secondo Badge, a differenza di quello aziendale questo non serve a lavorare ma a divertirsi: gli impiegati vengono scaglionati in 4 diversi turni, mentre i primi si dirigono verso la metro gli altri 3 sono obbligati ad intrattenersi in alcune delle “funzioni sociali alternative” predisposte dalla burocrazia: i Karaoke, il Pachinko, i Love Motel, i Capsule Hotel. E così milioni di tokiesi cantarono, giocarono, amarono e dormirono per salvare la città-azienda.

Una volta, seduti in un ristorante al 74° piano di un grattacielo di Shin Ju Ku, nel mezzo di uno dei paesaggi più avveniristici del pianeta, il marito della direttrice del CCA di Kitakiushu mi dice: “da bambino qui giocavo a baseball, in mezzo alle risaie”. Rispondo che il Giappone ha avuto un cambiamento repentino ed anomalo e lui mi corregge: “Tokyo non è il Giappone. Tokyo è una astronave aliena atterrata in un campo di riso.”

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Courtesy of Leda Fletcher Chinese Contemporary Art Consultant

Informazioni: Associazione Toscana Arti Fotografiche
Tel. 0583-5899215 – tel. +39 0583 316337, mobile +39 320 3666280, 339 2754777, 338 9712888, info@ldpf.it - www.ldpf.it

Ufficio stampa: Studio Esseci, Padova, via San Mattia, 16 - 35121 Padova, tel. 049 663499 - Fax. 049 655098, info@studioesseci.net

Inaugurazione 19 novembre

Palazzo Ducale
Piazza Napoleone, 1 - Lucca
Orario Mostra: 19 nov - 11 dic lun - dom 10,00 - 19,30, 12 dic - 29 gen mar - ven 15,00 - 19,30, sab - dom e 6 gen 10,00 - 19,30. Chiuso 25 dic 2011 e 01 gen 2012
Biglietto Ingresso: i biglietti ingresso alle mostre sono in vendita presso la biglietteria unica nella Live Area in Piazza San Michele
Intero Cumulativo tutte le mostre € 18,00. Biglietto Palazzo Ducale € 13,00

IN ARCHIVIO [21]
Serafino Beconi
dal 30/7/2014 al 20/9/2014

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