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Le vie della cultura
dal 21/6/2000 al 30/7/2000
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Segnalato da

Monica Malavasi



 
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21/6/2000

Le vie della cultura

Piazzale Forum, Milano

Anno 2000, Festival Latinoamericando 10. C'era una volta un Festival che raccontava di grandi paesi lontani e quasi sconosciuti, in America Latina. Spiaceva che molti in Italia non potessero apprezzare quell'immenso patrimonio fatto di arte antica e cultura del presente, conosciuto solo attraverso alcune grandi mostre riservate a pochi eletti. L'idea fu unire le parole arte e cultura alla parola divertimento. Così i nostri ospiti scopriranno pittura, cinema, fotografia, scultura, letteratura e tradizioni popolari unendole a musica, gastronomia, artigianato, feste e balli. Passo dopo passo sapranno cosa significa America Latina.


comunicato stampa

Anno 2000, Festival Latinoamericando 10

C'era una volta un Festival che raccontava di grandi paesi lontani e quasi sconosciuti, in America Latina. Spiaceva che molti in Italia non potessero apprezzare quell'immenso patrimonio fatto di arte antica e cultura del presente, conosciuto solo attraverso alcune grandi mostre riservate a pochi eletti. L'idea fu unire le parole arte e cultura alla parola divertimento. Così i nostri ospiti scopriranno pittura, cinema, fotografia, scultura, letteratura e tradizioni popolari unendole a musica, gastronomia, artigianato, feste e balli. Passo dopo passo sapranno cosa significa America Latina.

Dieci anni sono passati. C'era una volta un piccolo Festival ora c'è un grande Festival Latinoamericando che ha posto l'arte e la cultura in primo piano, che è ORGOGLIOSO di produrre e proporre arte e cultura.
Il pubblico viene, gira per i padiglioni del Festival e, curiosando, scopre le Vie della Cultura: pittura, scultura, arte delle origini, fotografia e film, romanzi e saggi non intimidiscono, non respingono, anzi sono parte integrante di un lungo e straordinario itinerario. Quest'anno più che mai perché?

Perché siamo nell'anno 2000 e il Festival Latinoamericando compie 10 anni e si mette in mostra con :

L'IMPERO DEGLI INCA, a cura di Agucho Velasquez
LEO MATIZ, POETA DELLA FOTOGRAFIA
500 ANNI DI STORIA BRASILIANA, a cura di Patrizia Giancotti
CINEMA E LETTERATURA - UN AMORE, a cura di Rodrigo Diaz
ESPRESSIONI ARTISTICHE LATINO AMERICANE, a cura dell'IILA


L'IMPERO DEGLI INCA
a cura di
Agucho Velasquez

Al pubblico del Festival Latinoamericano è ben noto Agucho Velasquez, artista peruviano che nel 1999 aveva esposto Nazca: Colore, Rito e Mistero. Nato a Lima nel '64, Velasquez nei primi anni '80 frequenta Scuola di Belle Arti e Accademia di Arte Contemporanea nella città natale; nell''89 è in Italia, ma è in Belgio che si stabilisce dal '95. Oltre che in questi paesi ha esposto in Francia, Germania, Olanda, Spagna, Danimarca, Argentina, Brasile, Messico. Sta preparando la prima personale in Canada.

Per la 10a edizione del Festival, in questo suo percorso che vuole unire con un ideale ponte la Cultura del Perù antico a quella contemporanea, Velasquez rivolge la sua arte all'Impero Inca. E crea quadri, sculture, scenografie dai colori abbaglianti e di immaginifica fantasia, con cui raccontare e far rivivere per noi, figli del Duemila, il fascino di un mondo scomparso quasi cinquecento anni fa, ma ancora vivo nei suoi discendenti andini e nelle nostre fantasie.

Gli Inca sono l'ultima delle grandi civiltà che si susseguirono nella storia del Perù precolombiano dove, origini e miti di questo popolo si confondono.

Interessante è scoprire cosa sia vero e cosa sia mito nella storia di Manco Capac, il figlio del dio Viracocha, che, con la moglie-sorella Mama Ocllo, fonda Cuzco e inizia la dinastia Inca. L'ultimo sovrano Inca, Atahualpa, ucciso nel 1533, si definiva suo discendente. Ma la storia documentata non risale oltre il 1438. La stessa parola inca ha significato sconosciuto, e comunque non indica il popolo ma il titolo onorifico che veniva attribuito esclusivamente al Dio-Re. L'origine stessa di questo popolo non è nota. Forse si tratta di genti provenienti dalle selve amazzoniche che si fusero con gruppi locali, assimilandone in parte lingua e usi e che poi arrivarono a estendere il loro potere su un'area molto vasta (Cile, Colombia, Perù ed Ecuador attuali), imperniando il loro dominio su un'amministrazione piramidale e centralizzata, sulla lingua unificata, sul culto del Dio Sole, sull'assenza di proprietà privata delle terre.
Molti misteri, come la pianta di Cuzco (l'ombelico del mondo) che ha la forma di un puma; il sito megalitico di Sacsahuaman, una fortezza o un complesso templare e la stupefacente imponenza di Machu-Pichu. Grandi amministratori e architetti, per le altre arti invece si rifecero agli artigiani dei popoli sottomessi e crearono quindi ben poco in questo senso, preferendo assimilare il meglio di ognuno.



LEO MATIZ, POETA DELLA FOTOGRAFIA
Una vita in bianco e nero

Leo Matiz, un artista che è stato definito, per il contenuto sociale delle sue immagini e il carattere innovativo dello stile, uno dei dieci maggiori fotografi del mondo.
A Matiz il Festival Latinoamericando dedica a una mostra che raccoglie il meglio di cinquant'anni di ritratti, personaggi del cinema e della letteratura di tutto il mondo.

In gioventù pensavo di scrivere, dipingere. Mai avrei creduto di diventare fotografo.
La fotografia si è impossessata di me come un'amante che non ti lascia mai.
La vita in verità è in bianco e nero. Giorno e notte. Cenere e carbone. Luce e ombra. Penso al bianco della luce, della neve, della spuma del mare, delle stelle. E al nero delle caverne, della profondità del mare, al buio della notte. In ogni oscurità c'è sempre un punto bianco che va crescendo.
Leo Matiz

Comincia lontano la storia di Leo Matiz: nel 1917, in Colombia, ad Aracataca, la Macondo di Gabriel Garcia Marquez. Inizia la carriera artistica da caricaturista. Nel '37, però, il direttore di un giornale con cui collabora gli regala una macchina fotografica. La sua vita cambia e iniziano i reportage in giro per il Centro America. Nel '40, in Messico, si avvicina al cinema: come fotografo di scena (un set per tutti: quello di Fiesta Brava della Mgm, con Esther Williams, Akim Tamiroff e Ricardo Montalban) e direttore della fotografia, lavora con Dolores Del Rio, Esther Williams, il comico Mario Moreno e Maria Felix. Nel '45 conosce Luis Buñuel e gli mostra le foto che ha fatto tra gli emarginati di Città del Messico: saranno di ispirazione al regista per Los Olvidados. Conosce e frequenta Diego Rivera, Frida Kahlo, Alfaro Siqueiros, Marc Chagall, Pablo Neruda, Garcia Marquez. Nel '47, partecipa a una mostra collettiva al Moma di New York, dove si stabilisce. Nel '48, a Bogotá, fotografa la rivolta popolare. Nello stesso anno, in Medio Oriente, è col mediatore di pace dell'Onu, conte Bernadotte, di cui documenta l'assassinio. Nel '50 apre una galleria d'arte, che espone per la prima volta quadri di Fernando Botero. Nel '78 Matiz è vittima di un aggressione in cui perde un occhio: rinuncia alla fotografia. Continua però ad accompagnare le sue opere in tutto il mondo. In Italia espone alle gallerie Il Diaframma, Carla Sozzani e all'Istituto Europeo di Design di Milano, alle Giubbe Rosse di Firenze. Ed è proprio in Italia che, nel '96, si riavvicina alla fotografia dopo 16 anni.
Per l'ottantesimo compleanno la figlia Alejandra crea la Fondazione a lui dedicata, con sedi a Milano e Bogotá.
Leo Matiz si spegne a Bogotá il 24 ottobre 1998.
Nonostante la sua scomparsa, le foto del grande artista continuano a girare il mondo.


500 ANNI DI STORIA BRASILIANA
VIVA O POVO BRASILEIRO - VIVA IL POPOLO BRASILIANO
Immagini d'epoca, antiche carte geografiche, fotografie, film, testimonianze di
grandi personaggi per la scoperta del Brasile a 500 anni dall'arrivo dei portoghesi

a cura di Patrizia Giancotti
in collaborazione con Ambasciata del Brasile a Roma, Consolato Generale
del Brasile a Milano, IBRIT Istituto Brasile Italia

"All'ora del vespro avvistammo la terra!"

Era il 22 aprile del 1500 quando, con un brivido d'emozione, dalle navi di Alvaro Cabral furono avvistate dai primi europei le verdeggianti coste del Brasile. Testimone dell'avvenimento fu lo scrivano di bordo Pero Vaz de Caminha che inviava all'imperatore del Portogallo la sua lettera sulla scoperta del Brasile. A distanza di 500 anni parlare di scoperta a proposito di un mondo, fino ad allora ignorato dall'Europa, ma già felicemente popolato e conosciuto fino all'ultima foglia dai suoi millenari abitanti, ci parrebbe anacronistico, retaggio di una mentalità eurocentrica che non abbiamo mai condiviso. Prendiamo invece spunto dalla storica data del primo incontro tra indios brasiliani ed europei per commemorare la nascita di qualcosa che il mondo non aveva mai visto, come scrive l'antropologo Darcy Riberio, il sorgere di un genere umano nuovo, di una civiltà nuova: la nascita del popolo brasiliano. Né europeo, né indio, né africano, il popolo brasiliano si presenta al mondo come il primo prototipo di multiculturalità e multietnia. Elaborava un'identità propria che travalicava la somma delle sue componenti culturali offrendo sino ad oggi un vitale esempio di originalità anche in epoca di globalizzazione e particolarismi etnici. Al popolo brasiliano, ricordando nel titolo un famoso romanzo dello scrittore brasiliano João Ubaldo Riberio che ne narra la formazione e l'epoca, il 10° Festival Latino Americando dedica una mostra ricca di riferimenti storici e di emozionanti immagini del Brasile contemporaneo, in un allestimento inedito e unico nel suo genere.

Documenti letterari, dalla lettera di Caminha alle testimonianze di studiosi come Gilberto Freyre e Sergio Buarque, faranno da contrappunto ad immagini che toccheranno i grandi temi dell'arte, della religione, della musica e della creatività di questo popolo. Il viaggio nelle influenze culturali (senza dimenticare quella italiana) che hanno contribuito alla creazione della meticcia identità brasiliana, avrà anche un supporto cinematografico con la videoantologia del cinema brasiliano, Viva il popolo brasiliano prodotta dal Museu do Imagem e Son dello Stato di Santa Catarina in Brasile.

In questo itinerario multimediale, interverranno personaggi come Jorge Amado, Caetano Veloso, Sonia Braga, Florinda Bolkan o Ronaldo, per raccontare il personale pensiero sulle caratteristiche del loro paese-mondo-del-futuro e della sua gente-campionario-di-umanità. Gente speciale, cordiale, allegra, che, per concludere con le parole di Darcy Ribeiro: "potrebbe anche essere migliore, perché ha più umanità incorporata ".


CINEMA E LETTERATURA - UN AMORE

In occasione del decennale, il Festival intende proporre un percorso culturale che sia il più ampio e rappresentativo possibile delle varie espressioni artistiche latino americane.
Non poteva mancare il Cinema che con la sua magia, la capacità di rendere per immagini i soggetti più iperbolici e fantasiosi ma al contempo anche di raccontarci la quotidianità o il sogno, forse più di altri mezzi artistici è in grado di rendere al meglio lo straordinario universo racchiuso nel patrimonio latino americano.

E' praticamente impossibile raccontare nel breve spazio di una trentina di proiezioni anche solo una piccola parte di quanto di eccellente sia stato realizzato negli ultimi anni; si è quindi operata una scelta molto particolare: Cinema e Letteratura, ovvero proporre una selezione, curata da Rodrigo Diaz (direttore del Festival del Cinema Latino Americano di Trieste), con film tratti da opere di scrittori latino americani.

Sarà un programma eclettico e per molti titoli, inedito, che accanto ai film ispirati da Gabriel Garcia Marquez, Osvaldo Soriano, Octavio Paz, Isabel Allende, Julio Cortazar, Pablo Neruda e Augusto Roa Bastos; proporrà lungometraggi di indubbio valore, anche inediti in Italia, legati a scrittori poco noti nel nostro paese come Gringo viejo di Luis Puenzo tratto da Carlos Fuentes; Cecilia di Humberto Solas dal libro di Cirilo Villaverde; Rei do rio di Fabio Barreto, scritto da Alfredo Dias Gomez; Pedro Paramo di Carlos Velo dal romanzo di Juan Rulfo e El Muerto di Héctor Olivera dal racconto omonimo di Luis Borges.

A rendere più completo il programma cinematografico sarà proiettata una serie di documentari sui maggiori scrittori latino americani. Il tutto corredato da schede riassuntive e pannelli esplicativi delle varie scuole e tendenze.

La naturale collocazione del padiglione che ospiterà le proiezioni è accanto alla Libreria che, per l'occasione, sarà fornita di pubblicazioni in tema, nonché accanto alla straordinaria galleria di ritratti del grande fotografo Leo Matiz, principalmente dedicata a personaggi dello spettacolo e della letteratura.

Le proiezioni (Beta e U-Matic) avranno inizio alle ore 20.00. Seguirà programma.


ESPRESSIONI ARTISTICHE LATINO AMERICANE
Per questa decima edizione del Festival Latinoamericando, il Padiglione IILA (Istituto Italo Latino Americano) ospita tre paesi: uno del Sud America, la Colombia; uno dell'America Centrale, il Guatemala e uno del Nord America, il Messico.

Una distribuzione equilibrata, anche dal punto di vista geografico, nell'intento di offrire una visione globale della creazione plastica di un subcontinente, l'America Latina, la cui mirabile fecondità artistica continua a riempirci di stupore.

Lo scultore colombiano Alejandro Gómez Gómez lavora il bronzo donandogli l'aspetto finale di legno lucidato. Ma, al di là di questo aspetto, ciò che colpisce nello scultore colombiano, è un sottile senso del ritmo, del movimento e soprattutto dell'equilibrio spaziale che è dovuto, senza dubbio, alla sua iniziale formazione di architetto.

Il pittore guatemalteco Juan Francisco Yoc Cotzajay attinge in gran parte dall'immaginario Maya gli elementi che nutrono la sua estetica, senza tuttavia negare gli altri apporti culturali che costituiscono l'identità del suo paese: fa perciò uso del pastello e del carboncino e si ispira, ad esempio, all'universo precolombiano per miti e leggende che esprime con maestria tecnica eminentemente figurativa.

Il pittore messicano Hermenegildo Reyes Gómez è anche lui un rappresentante del mondo artistico meticcio che combina concetti estetici propri delle sue origini mixe a tecniche in parte apprese dalla scuola occidentale, in Messico oppure in Austria, dove ha studiato presso l'Università delle Arti Applicate di Vienna. Ne risulta una pittura fortemente simbolica che lui riproduce a grandi tratti di colore su carta amate, quella di cui si servivano gli indios mesoamericani per realizzare i loro manoscritti pittorici.

Ancora una volta l'IILA vuole manifestare il proprio compiacimento per la collaborazione con il Festival Latinoamericando in vista di una sempre maggiore diffusione dell'arte latino americana in Italia.

Ambasciatore Bernardino Osio
Segretario Generale dell'IILA


Per ulteriori informazioni:
Mostre ed eventi culturali: Adriana Marmiroli, tel. 0335-8051755

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