Dal Museo del Louvre i capolavori dell'arte antica appartenuti alla collezione Borghese, oggi nucleo essenziale della raccolta di antichita' del museo parigino. 60 opere illustri come il Vaso Borghese, con scene dionisiache, l'Ermafrodito dormiente restaurato da un giovanissimo Bernini, il Sileno e Bacco bambino, Le tre Grazie e il celebre Centauro cavalcato da Amore.
Curatori: Jean Luc Martinez, Marie Lou Dubert - per il Museo del Louvre
Anna Coliva, Marina Minozzi - per la Galleria Borghese
Il sesto appuntamento alla Galleria Borghese del ciclo “Dieci grandi mostre”: I Borghese e l’Antico.
Dal 7 dicembre 2011 fino al 9 aprile 2012 la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio
Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale di Roma, diretta da Rossella
Vodret, presenta la mostra I Borghese e l’Antico, organizzata dalla Galleria Borghese con
la collaborazione eccezionale del Museo del Louvre. I più importanti capolavori dell’arte
antica appartenuti alla Collezione Borghese, oggi nucleo essenziale della raccolta di
antichità del Museo del Louvre di Parigi, tornano nella loro sede originaria.
La mostra I Borghese e l’Antico è curata da Anna Coliva, Direttore ‐ Galleria Borghese, Marie‐
Lou Fabrega Dubert, Chargée de mission Département des Antiquités grecques, étrusques et
romaines ‐ Musée du Louvre, Jean‐Luc Martinez, Directeur Département des Antiquités grecques,
étrusques et romaines ‐ Musée du Louvre e Marina Minozzi, Storico dellʹarte direttore
coordinatore ‐ Galleria Borghese; coordinata da MondoMostre e resa possibile dal sostegno di
Arcus, Enel, BNL BNP Paribas, Ferrero e Air France.
Evento eccezionale e unico, la mostra celebra il patrimonio storico‐artistico italiano in
occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Torneranno alla Galleria Borghese per la prima volta dopo 200 anni, 60 opere illustri come il
Vaso Borghese, con scene dionisiache, l’Ermafrodito dormiente restaurato da un giovanissimo
Bernini, il Sileno e Bacco bambino, Le tre Grazie e il celebre Centauro cavalcato da Amore, che mai
prima d’ora avevano lasciato il Museo parigino.
Per quattro mesi la Galleria Borghese ospiterà i capolavori della più grande e importante
raccolta di antichità esistente al mondo, restituendo alla collezione formata dal cardinal
Scipione Borghese all’inizio del Seicento, la sua sede d’origine. Il patrimonio archeologico
dei “marmi Borghese”, oggi gloria classica del Louvre, costituisce una delle più
“sensazionali vendite mai avvenute”. Nel 1807 Camillo Borghese, marito di Paolina
Bonaparte, accettò di vendere 695 pezzi tra statue, vasi e rilievi alla Francia per volontà del
cognato Napoleone, che perseguiva il proposito autocelebrativo di dotare la capitale del suo
impero del museo pubblico più importante delle arti universali – il Museo del Louvre, già
Musée Central des Arts, che tra il 1803 e il 1815 prende il nome di Musée Napoléon.
Incaricato da Napoleone di stimare la collezione Borghese in vista del suo acquisto, Ennio
Quirino Visconti, antiquario di fama, fu il responsabile dell’acquisizione più importante
della storia delle raccolte d’arte antica del Louvre. L’idea che animò il progetto è espressa
bene da Denon, direttore dei Musei imperiali, che sapeva come blandire l’orgoglio
dell’imperatore : in tutte le lettere che gli invia sull’argomento non trascura mai di associare
le belle arti al prestigio imperiale: “il secolo di Napoleone deve essere il secolo delle belle arti come
è quello degli eroi”, scrive all’imperatore, “il più potente protettore delle belle arti, primo sovrano
d’Europa”. La scelta privilegiata dell’arte antica doveva dunque contribuire al prestigio
dell’imperatore che si dichiarava erede della romanità. Era nelle intenzioni di Visconti e
Denon scartare le opere “moderne” nella convinzione che solo l’arte antica potesse
arricchire la scienza e formare il “vero gusto”. La volontà di Napoleone di acquisire la
collezione Borghese risponde alle aspettative scientifiche dell’antiquario Visconti di favorire
il progresso della scienza (attraverso lo studio delle opere acquisite), di contribuire alla
formazione degli artisti attraverso lo studio dei modelli antichi, ma soddisfa anche il gusto
del pubblico e contribuisce dunque ad affermare l’identità dei cittadini e dell’imperatore
come eredi della classicità.
Le opere partirono per Parigi in due fasi ben documentate dai materiali conservati presso gli
Archivi nazionali di Parigi e la Biblioteca di Besançon. Le opere più belle partono
immediatamente con due convogli via terra; la seconda parte, che doveva essere
inizialmente trasferita via mare, raggiunse il Museo solo nel 1811 con un trasporto anch’esso
via terra, reso possibile dall’intervento del commissario francese, Pierre‐Adrien Pâris,
nominato dal Ministro francese dell’ Interno e incaricato dell’ imballaggio e della spedizione
degli oggetti acquisiti.
Il valore commerciale dei pezzi calcolato inizialmente da Visconti è di circa 6 milioni di
franchi ma la somma finale che viene pattuita effettivamente per la vendita risulta di 13
milioni di franchi. Tale incremento di prezzo, che raddoppia in meno di un anno dalla
valutazione alla firma del contratto di vendita, si spiega con alcune considerazioni. Per
prima cosa il principe Camillo non ha alcuna fretta di vendere e dunque deve essere
incoraggiato a compiere l’operazione, inoltre nel prezzo della vendita sono da considerare le
eventuali operazioni di restauro dopo gli invasivi interventi per la rimozione delle sculture
e dei rilievi dall’architettura della Villa. La somma pattuita viene di fatto solo in parte
corrisposta: dei 13 milioni di franchi ne sono versati 8, la cifra restante sarà solo
parzialmente coperta dalla cessione del feudo di Lucedio, presso Vercelli in Piemonte, dove
Camillo si trasferisce come governatore generale dei dipartimenti transalpini dell’impero
francese.
La formazione della raccolta Borghese di antichità si deve al cardinale Scipione Borghese,
nipote di Paolo V, che acquista, a breve distanza di tempo, due collezioni: la prima nel 1607,
quella di Lelio Ceoli, collocata nel palazzo eretto dal Sangallo in via Giulia; subito dopo, nel
1609, si assicura quella formata dallo scultore Giovanni Battista Della Porta. A questi due
primi nuclei si aggiungono ben presto altre opere di straordinaria importanza, acquisite da
altre collezioni o pervenute attraverso ritrovamenti fortuiti. Le sculture, inizialmente
destinate alla residenza in Campo Marzio e a quella di Borgo, nonché alla villa sul
Quirinale, furono ben presto trasferite, quasi per intero, nella villa suburbana, completata
nel 1613 e concepita dal cardinale appositamente per l’esposizione delle sue collezioni di
pittura e scultura. L’importanza delle sculture negli intenti decorativi del nuovo edificio
appariva evidente fin dall’esterno della palazzina: le statue e i rilievi costituivano il prezioso
ornamento delle facciate e scandivano il disegno dei viali e dei piazzali antistanti la “Villa
Burghesia”.
Anche alla fine del Settecento, quando la Villa Borghese fu rinnovata per volere del principe
Marcantonio Borghese, furono le opere di scultura a determinare i punti focali
dell’allestimento. L’architetto Antonio Asprucci dispose i maggiori capolavori della celebre
collezione Borghese secondo un nuovo criterio espositivo ponendoli al centro di ogni sala e
raccordando l’intero tema decorativo dell’ambiente, dalle pareti alla volta, al nucleo
iconografico del gruppo scultoreo. Si creò così l’aspetto con cui il Museo appare ancora oggi
nel suo splendore di marmi, pietre dure e mosaici.
Tra la fine del 1807 e il 1808, in seguito alla cessione a Napoleone Bonaparte, le sculture
archeologiche della Villa furono trasportate a Parigi. La perdita di questa straordinaria
collezione ebbe un impatto fortissimo sulle coscienze del tempo. Antonio Canova, che sulle
sculture della Villa aveva condotto il suo appassionato studio dell’antico, l’avrebbe definita
nel 1810 davanti a Napoleone “una incancellabile vergogna” per la famiglia che possedeva “la
villa più bella del mondo”. Il Cardinal Casoni prova in tutti i modi, rifacendosi alla
legislazione pontificia, di salvare la collezione Borghese dall’acquisizione napoleonica. Il
tentativo non ha tuttavia alcun esito data la situazione politica che fa registrare in quel giro
d’anni un assoluto predominio dei francesi a Roma.
Camillo dopo la “sciagurata” vendita cercò di ripristinare, per quanto possibile, la
collezione attraverso il recupero di reperti archeologici provenienti da scavi e acquisti,
alcuni di notevole importanza, come il Fauno Danzante restaurato da Bertel Thorvaldsen. Le
nuove acquisizioni operate nel corso dell’Ottocento costituiscono l’attuale collezione
archeologica conservata presso la Galleria Borghese.
La vicenda della vendita della collezione Borghese fu così scioccante da suscitare una nuova
consapevolezza del rischio incombente sulle opere d’arte italiane e pose le basi dei primi
veri provvedimenti di tutela del patrimonio artistico nazionale, come l’editto del cardinal
Pacca emesso nel 1820 e ripreso da numerosi governi preunitari.
La scelta delle opere si incentra sulle sculture più celebri della collezione Borghese che
ritroveranno la loro collocazione nella sala che ne celebrava l’importanza, secondo i criteri
ricostruibili per i diversi allestimenti. Al piano terreno la mostra riproporrà l’allestimento
tardo‐settecentesco realizzato dall’architetto Antonio Asprucci. Attraverso il ricorso ai
disegni di Charles Percier, restituiti mediante grandi riproduzioni, le sculture saranno
collocate rievocando l’aspetto della Villa come si presentava alla fine del Settecento. Per il
periodo della mostra sarà dunque possibile fare un vero e proprio “salto indietro nel
tempo”, agli anni in cui tutta Europa guardava alla Villa Borghese come al nuovo modello
di esposizione e interpretazione dell’antico.
Al primo piano della Villa sarà rievocato l’allestimento del Seicento, quando le opere di
scultura erano esposte insieme ai dipinti, in una suggestiva sequenza di immagini. Alcuni
dei capolavori, come le Tre Grazie e il Centauro cavalcato da Amore torneranno nelle sale che
per oltre un secolo e mezzo furono ad essi intitolate.
Il catalogo è pubblicato da Skira
Mostra organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma, la Galleria Borghese in collaborazione eccezionale del Museo del Louvre
Immagine: Centauro cavalcato da Amore. Replica del I secolo d.C. marmo h 147 cm. Paris Museo del Louvre
Progetto “10 grandi mostre” Anna Coliva, Direttrice della Galleria Borghese
Enti promotori:
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza Speciale per il PSAE e per il Polo Museale della città di Roma
Museo Nazionale del Louvre
Coordinamento: MondoMostre
Con il sostegno di: Arcus, Enel, BNL BNP Paribas e Ferrero
Sponsor tecnico: Air France
Informazioni: www.mondomostre.it
Ufficio stampa:
Soprintendenza Speciale per il PSAE e per il Polo Museale della Città di Roma ‐ Anna Loreta Valerio con la collaborazione di Alessandro Gaetani
tel. 06 6999 4219 ‐ 06 6999 4218 – fax 06 6994 0275 e‐mail: artirm.uffstampa@arti.beniculturali.it
MondoMostre
Sveva Fede tel. 06 6893 806 ‐ cell. 336 693767, fax 06 6880 8671 - Federica Mariani tel. 06 6893 806 ‐ cell. 366 6493235, fax 06 6880 8671 e‐mail: ufficiostampa@mondomostre.it
Conferenza stampa: Lunedì 5 dicembre 2011, ore 16.00
Galleria Borghese
piazzale Scipione Borghese 5 Roma
Orari: dal martedì alla domenica, dalle ore 9 alle 19.
Ingresso: interi € 13,50 per mostra e Galleria Borghese, compreso diritto di prevendita ‐ la prenotazione è obbligatoria
Prenotazioni: tel. 06 32810 – www.ticketeria.it
Servizio Educativo: tel. 06 8413979 – fax 06 8840756 ‐ serveducpoloroma@gmail.com