Galleria Nuages
Milano
via del Lauro, 10
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WEB
Guido Harari
dal 18/2/2003 al 19/2/2003

Segnalato da

strangeangels@libero.it



approfondimenti

Guido Harari



 
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18/2/2003

Guido Harari

Galleria Nuages, Milano

Presentazione in anteprima del volume Strange Angels, realizzato per accompagnare l'omonima mostra fotografica che si terra' dal 22 febbraio al 23 marzo 2003 nella quattrocentesca Torre Avogadro di Lumezzane (Brescia), a cura di Cristina Taverna e Ferruccio Giromini. In occasione della presentazione del volume verra' proiettato un video, realizzato da Harari stesso, che presenta i suoi scatti piu' famosi accanto a numerose interviste alle star da lui ritratte.


comunicato stampa

Mercoledì 19 febbraio alle ore 18 verrà presentato in anteprima alla galleria Nuages, in via del Lauro 10 a Milano, il volume GUIDO HARARI - STRANGE ANGELS (Edizioni Nuages) realizzato per accompagnare l'omonima mostra fotografica che si terrà dal 22 febbraio al 23 marzo 2003 nella quattrocentesca Torre Avogadro di Lumezzane (Brescia), a cura di Cristina Taverna e Ferruccio Giromini.

Il libro raccoglie un'ottantina di fotografie realizzate da Guido Harari in diversi momenti della sua attività trentennale di ritrattista, specializzatosi in particolare nello scoprire il carattere, gli atteggiamenti, le emozioni dei grandi della musica.

In occasione della presentazione del volume (96 pagine a colori, Euro 27,00), verrà proiettato un video, realizzato da Harari stesso, che presenta i suoi scatti più famosi accanto a numerose interviste alle star da lui ritratte.

Per Harari ha posato l'intero Gotha della musica contemporanea. Davanti al suo obbiettivo, molti musicisti e cantanti si sono anzi esibiti in estemporanee performance, a partire dal Tom Waits in copertina, che trasforma una tenda strappata in un mantello volteggiante. Nelle pagine incontriamo via via Laurie Anderson, Lou Reed, Joni Mitchell, Skunk Anansie, Paolo Conte, Caetano Veloso, Frank Zappa, Philip Glas, Compay Segundo, Giorgio Gaber, James Taylor, Ute Lemper, Jan Garbarek, Simple Minds, Gianna Nannini, Ligabue, Fabrizio De André, Vinicio Capossela, Zucchero, John Lee Hooker, Vasco Rossi, Bob Marley, Elvis Costello, Angélique Kidjo, Robbie Robertson, Leonard Cohen, Brian Eno, Patti Smith, Goran Bregovic, Michael Nyman, Peter Gabriel, Noa, Carmen Consoli, Ennio Morricone, Jeff Buckley e molti altri ancora.

Il volume si apre con le presentazioni di Laurie Anderson, Lou Reed, Ferruccio Giromini e si chiude con una dettagliata intervista a Guido Harari sul suo lavoro.

LAURIE ANDERSON:
Strange Angels è un gran titolo per questa mostra, un titolo che ho già usato per un mio disco. Lo trovo azzeccato perché indica quella varietà di personaggi che puoi ritrovare in una raccolta di fotografie o in un romanzo o in una canzone. Esprime pure la precarietà della vita, quando vediamo una persona per un attimo soltanto, il modo in cui è proprio in quell'attimo e poi mai più alla stessa maniera. Parla di momenti svaniti, ognuno dei quali rappresenta quella persona in modo molto intimo e strano. Guido è diverso da qualunque altro fotografo. Non ama programmare un servizio fotografico, o magari sì, ma è sempre lì, presente, e "Ti dispiace se ti faccio un ritratto?", ed è fantastico perché di solito rispondo che vorrei, ma sono molto stanca, e d'improvviso lui salta fuori da dietro l'angolo con un grande "Ah!". Ma Guido ha un certo modo di saltare fuori da dietro l'angolo, e così pensi "Perché no? In fondo ci vorrà un secondo". È una collaborazione che si sviluppa sempre rapidamente secondo moduli inattesi. Non ha nulla di quelle sedute fotografiche dove mostri solo una certa parte molto limitata di te. È davvero una fotografia da kamikaze, molto diversa da quella da paparazzi. Perché si tratta di autentica collaborazione. Guido non vuole arraffare nulla, ma piuttosto provare ad andare oltre l'apparenza delle cose. Un modo molto eccitante di affrontare la fotografia. Con risultati sempre diversi dal solito.

LOU REED:
Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido, so che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento. Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti, compresi i miei e certo quelli di Laurie, vengono in genere ignorate da altri fotografi, per i motivi più vari. E poi quel tipo di fotografie te le fa un amico, non un estraneo. Io considero Guido un amico, non un fotografo, e per questo lui può cogliere certe immagini.

FERRUCCIO GIROMINI - UN'ANGELICA STRANEZZA:
Ci sono linguaggi, non verbali, che nel sentire comune vengono considerati tipicamente universali, comprensibili di primo acchito a tutti. Uno di questi è la fotografia. Guardare un rettangolino di realtà, una finestrella di mondo, pare un'operazione senza difficoltà interpretative. Sappiamo però che non è così, che i limiti della "finestrella" sono stati scelti arbitrariamente dal fotografo, e che i significati che ciascuno di noi mette dentro quel rettangolino derivano dalla nostra esperienza personale. Ogni fotografia parte dunque diversa, in base a chi ne è l'autore, e giunge a diversa destinazione, in base a chi ne è il fruitore. Sembra un prodotto oggettivo, la fotografia, ma non lo è per nulla.
Un altro linguaggio espressivo che si tende a considerare immediatamente accessibile nei suoi "significati" è la musica. Ma anche qui la letteratura contraria potrebbe costituire un'enciclopedia. In prima istanza, la musica può apparire fascinatoria ai suoi pubblici in modi simili e condivisibili; ma è più che evidente che, anche in questo caso, la cultura e la sensibilità dell'interprete e quelle dell'ascoltatore di turno variano notevolmente l'effetto finale. Di nuovo, assistiamo a una combinazione ed interazione di sensibilità che allontanano da un risultato oggettivo univoco.
Quando poi fotografia e musica si incontrano, allora sì che il gioco si fa ancora più ingarbugliato. Intrecciando due linguaggi che tutti credono di capire al volo (ma come abbiamo visto le cose non stanno affatto così), il fotografo musicale si lancia pertanto in un acrobatico doppio salto carpiato senza rete. E' il caso - il gioco periglioso - di Guido Harari, un fotografo il cui nome da sempre è legato alle immagini da lui dedicate alle grandi musiche del mondo. Nel 1973 Harari, ancora ventenne, comincia a frequentare al contempo il giornalismo musicale e il ritratto fotografico di musicisti; rappresenta dunque un caso molto particolare, senza precedenti, di critico-artista, che in sé riunisce le attitudini razionali analitiche richieste alla prima professione e quelle emozionali sintetiche più apprezzate nella seconda. In breve il suo lavoro si trasforma in un never ending tour planetario sulle molte vie della musica, di cui diviene un testimone erratico e cosmopolita.
Del 1982 è il suo primo libro dedicato al teatro, quello di Lindsay Kemp, che precede di poco il reportage Notti di note, del 1985, cresciuto al seguito di una emozionante tournée di Claudio Baglioni. Nel 1991 il bellissimo volume Fotografie in musica, forse la miglior testimonianza del suo percorso fino ad allora, si rivela nodale punto di svolta, poiché da quel momento Harari già esplora altri territori, ancora teatro con Paolo Rossi e con l'eccentrica compagnia di Pippo Delbono, reportage a sfondo sociale in Bangla Desh con i medici di Progetto Sorriso nel mondo, ritratto istituzionale e campagne pubblicitarie, e l'editoria come curatore di eleganti monografie sulla vita pubblica e privata di Fabrizio De André (E poi, il futuro) e di Fernanda Pivano (in un volume di imminente pubblicazione).
La musica tuttavia permane quale sottotraccia inalienabile di qualunque lavoro, a cui Harari ritorna senza sosta, attirato e sospinto da una passione profonda e totalizzante.
Il ritratto di musicisti rimane l'espressione più compiuta e caratteristica della sua arte fotografica, per quanto questa abbia da tempo ampiamente superato qualsiasi etichetta restrittiva.

Ma che cosa cerchiamo noi, pubblico vorace, nelle immagini fotografiche dei protagonisti delle musiche che amiamo? Anzitutto, è ovvio, la celebrazione del mito. In alcuni casi, con spiritello un po' maligno, forse, anche il ridimensionamento, se non addirittura la distruzione, del mito stesso. E in altri casi ancora, una certa violazione - magari controllata - della indifendibile privacy dell'idolo di turno. Difficilissimo risulta allora il ruolo del fotografo, che ci fa da tramite, da demiurgo, tra la nostra quotidianità e quei mondi presunti dorati. Il fotografo deve soddisfarci nelle nostre curiosità e nei nostri entusiasmi, non deve urtare la ragionevole suscettibilità della personalità ritratta, ma nello stesso tempo, per rispetto di se stesso, deve riuscire ad esprimersi compiutamente: tanto a livello formale (taglio, composizione, illuminazione, effetti visivi...) quanto sul piano interpretativo (perciò sul "contenuto" stesso dell'immagine). Sul filo del rasoio si danza così in balìa del rischio perenne dell'interpretazione: quando il fotografo diviene anche amico del personaggio pubblico che ritrae, con il subentrare dell'affetto pure il suo sguardo cambia. Il nuovo filo dell'equilibrista è ora più intessuto di familiarità e allusività. Ecco allora che la fotografia diventa virtuosismo interpretativo, quasi improvvisazione jazz, su un dato tema standard. A sorpresa la fotografia può diventare perfino schizzo narrativo: anche fiction, perché no? La fotografia si fa, obiettivamente, racconto e confessione anche dell'interiorità soggettiva del fotografo. Non va dimenticato che ogni immagine stampata, ogni pagina di libro è frutto di una scelta dell'autore, e molte sono quelle scartate. Le immagini che noi arriviamo a vedere in una rivista, in un libro, in una mostra, sono solo quelle che il fotografo vuole rivelarci. Le immagini che noi arriviamo a guardare non rappresentano solo chi mostrano, ma pure chi le ha realizzate. Qualsiasi fotoreportage è anche autobiografia del fotografo. Così tutti gli "strani angeli" che popolano il presente di Guido Harari sono i suoi compagni di viaggio, che lui ha scelto per rappresentarlo ognuno in piccola parte, ognuno a modo proprio. Per ciò il fortunato presente di Harari è un consesso celestiale dove risuonano e si espandono e danzano insieme tutte le musiche possibili - quelle che in molti casi Guido stesso chiama per sé "musiche di sopravvivenza", quelle che, dice, aiutano a trovare e a dare un senso alla propria vita. Lui, radiosamente cosciente della propria fortuna, è felice di poterne rendere partecipi anche noi, che ne godiamo di riflesso uno scatto ogni tanto. Quindi strani angeli arrivano a comparire ogni tanto anche dinanzi a noi, in repentini squarci di veli opachi, in inediti giochi di luce, in improvvisi lampi trionfalmente rivelatori.
Di tutto ciò siamo molto grati a Guido Harari. Peraltro unicamente una persona deliziosa come lui poteva, e può, avvicinare tanti supereroi dello spettacolare immaginario contemporaneo senza minimamente scottarsi, né scottare chicchessia.

Galleria Nuages, via del Lauro 10 - Milano

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Ugo La Pietra
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