Lo slogan 'Game open' deriva direttamente da un precedente lavoro dell'artista genovese dal titolo 'Game over' mutuato a sua volta dai videogiochi o dal gioco elettronico, e piu' in generale e' particolarmente significante laddove il gioco termina prima del suo naturale svolgimento. Tende a sottolineare l'impossibilita'/incapacita' del giocatore di avere la meglio, attraverso volute regole umanamente impossibili da rispettare, di una qualsivoglia sfida.
( Genova 1959 )
In collaborazione con la Galleria Silvy Bassanese di Biella
Lo slogan "Game open" deriva direttamente da un precedente lavoro dell'artista
genovese dal titolo "Game over" mutuato a sua volta dai videogiochi o dal gioco
elettronico, e più in generale è particolarmente significante laddove il gioco
termina prima del suo naturale svolgimento. Tende a sottolineare
l'impossibilità /incapacità del giocatore di avere la meglio, attraverso
volute regole umanamente impossibili da rispettare, di una qualsivoglia sfida.
In questo ultimo lavoro pensato dall'artista proprio come immediato secondo
momento e ulteriore possibilità , "Game open" compare stampato in bianco su
bianco e accostato ad un'installazione da parete delle dimensioni di cm 100 x
300 rappresentante le icone parzialmente riconoscibili di Hitel, Gandhi e la
bomba atomica sulle quali vengono montati tre coni in legno che porta il titolo
(edintorni) Il cono ha per l'artista il rimando alla forma del tempo e in
questo caso anche al naso di un Pinocchio - una bugia - come se il tempo
trascorso nel suo inevitabile mutamento del reale riuscisse a rendere tutto più
falso, nel senso di artificioso: anche laddove l'immutabilità della storia e del
suo giudizio sembrano più salde. "Game open" gioco aperto - appunto - è la
condizione attuale nella quale è necessario trovarsi per poter contribuire con
lealtà alla ricerca del nuovo valore che possa rifondare. Per l'autore l'artista
ha bisogno di questa assoluta convinzione per poter esser realmente libero nel
suo processo mentale, perché solo attraverso questa libertà è possibile veder
nascere un lavoro per gli altri e quindi recuperare l'arte ad una funzione con
la conseguente effettiva capacità di segnare.
"Game open" compare in altri lavori stampato su immagini fotografiche,
volutamente sfuocate, che rappresentano di volta in volta l'immagine di un
allegro suicida, piuttosto che dimenticati ginnasti del secolo scorso,
individui che si vanno preparando per divenire soldati: il momento cruciale
sta proprio qui: il gioco si apre solo nella sua preparazione, solo a
condizione che un altro sia realmente finito. (E qui ritorna il tema caro
all'autore della ciclicità inedita) Le immagini del passato vengono prese
dall'autore quale metafora di una storia con la quale risulta impossibile fare i
conti: la storia dei popoli, piuttosto che la storia narrata dei poteri. Da qui
la necessità dell'ammissione, - e della naturale frustrazione del giocatore -
che il gioco è finito, da qui la necessità di dimenticare "a memoria", nella
consapevolezza che ciò che è avvenuto su questo versante, quasi mai lascia un
segno, occorre ammetterlo, e coglierne l'aspetto innovativo e le potenzialità ,
perché comunque non è precisamente come se nulla fosse avvenuto. Da qui
l'esigenza voluta dall'autore che il gioco diventasse aperto.
Catalogo con testo di Angela Madesani
Inaugurazione: 26 febbraio ore 18,30
(edintorni)
Orari di galleria : lunedì/venerdì - ore 15,30/19,30
Galleria Maria Cilena arte contemporanea
Via Ariberto 17, 20123 Milano. tel - fax: 028323521