Federico Bianchi Contemporary
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Jacopo Mazzonelli
dal 18/1/2012 al 15/3/2012
lun-ven 14-19

Segnalato da

Federico Bianchi Contemporary




 
calendario eventi  :: 




18/1/2012

Jacopo Mazzonelli

Federico Bianchi Contemporary, Milano

Coro. L'artista pensa all'ambientazione come alla costruzione di una 'fuga' in termini musicali: non c'e' suono senza silenzio, non c'e' silenzio senza suono. Nelle sue opere indaga il concetto di mancanza, ossia di vuoto, di pausa, come elemento generatore.


comunicato stampa

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a cura di Marco Tagliafierro

“Un’eterna ghirlanda brillante”

Alcuni passaggi di un confronto avvenuto tra Marco Tagliafierro e Jacopo Mazzonelli

Possono esistere macchine dotate di originalità? Nel Capitolo XVIII di Godel, Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante, Douglas R. Hofstadter descrive il programma che gioca a dama creato da Arthur Samuel, un programma talmente ben riuscito da essere in grado di battere il suo stesso creatore. Nel capitolo XX, Hofstadter riprende quel discorso per riflettere sull’intelligenza artificiale e lo fa in questi termini: “La conclusione ragionare è impossibile non è valida per le persone perché, come è chiaro a chiunque, noi siamo in grado di compiere molti passi successivi di ragionamento, nonostante tutti i livelli superiori. Ciò mostra che noi esseri umani operiamo senza aver bisogno di regole: siamo sistemi formalizzati. Viceversa essa è valida come argomento contro la possibilità di una qualsiasi realizzazione meccanica del ragionamento, perché ogni sistema di ragionamento meccanico dovrebbe dipendere in modo esplicito da regole e quindi non potrebbe decollare se non disponesse di meta regole che gli dicono quando applicare le regole, di meta-metaregole, e così via. Possiamo concludere che la capacità di ragionare non potrà mai essere meccanizzata. Si tratta di una capacità unicamente umana”.

E’ possibile pensare ad un’ambientazione artistica come ad una macchina, una sorta di gigantesco condensatore che si pone lo scopo di illustrare i meccanismi di tradizione di temi e figure del recente passato visivo ed anche di quello più remoto, attraverso formule espressive dell'emozione? Jacopo Mazzonelli pensa all’ambientazione come alla costruzione di una “fuga” in termini musicali: tutto comincia con il soggetto, nucleo generativo che deve essere perfetto, perché deve essere eseguibile per moto contrario, funzionare specularmente; nessuna opera d'arte si spiega interamente con il periodo che l'ha vista nascere, essa non è riconducibile al suo contesto, anzi, il fascino e la forza di un'opera antica si devono in parte al fatto che non sapremo mai con certezza come essa venisse percepita dai suoi contemporanei. La storia dell’opera è speculare al suo futuro, seguendo il pensiero di Marc Augè si potrebbe continuare con l’affermare che le opere d'arte antiche sono come delle rovine e inversamente le rovine, prima di ogni restauro o di ogni messa in scena, hanno qualcosa dell'opera d'arte. C'è al cuore della percezione estetica una mancanza che la definisce come tale, essa non è mai conoscenza integrale del passato ma è sottoposta all'attrazione di un tempo tanto evidente quanto inafferrabile. A questo proposito Mazzonelli afferma quanto segue: “Penso al concetto di mancanza, ossia di vuoto, di pausa, come elemento generatore intendo. Penso alla pausa musicale, importante quanto la nota, perché i due elementi si influenzano: non c’è suono senza silenzio, non c’è silenzio senza suono. Questa teoria degli opposti pervade tutti gli apparati simbolici che mi interessano: l’alchimia, il gotico internazionale, il cristianesimo ed altri. La mancanza è mistero, e l’artista mentre plasma spesso toglie. Credo che il vuoto crei equilibrio, al contrario dell’apparenza semantica del termine. Pensiamo alle culture orientali, al minimalismo, ai quadri monocromi. Il vuoto crea equilibrio perché la massa ha bisogno di spazio per espandersi. Se pensiamo poi alle rovine, come dice giustamente Augè, in realtà ricostruiamo qualcosa di diverso. Se dotati di immaginazione e creatività, la rovina non diventa più un frammento di intonaco del muro, ma un elemento autosufficiente. La questione del ready-made lo ha già dimostrato. Per alcuni artisti il frammento è il passe-partout per entrare in contatto con un’idea collettiva, un ricordo. Penso ad artisti che lavorano su tematiche sociali, politiche, di razza o religione. Nulla di più distante da me. Mi interessa la virtualità, l’autonomia meravigliosa del dettaglio. Il dettaglio è di per sé meraviglioso, altrimenti non è un dettaglio ma una parte di un tutto”.

Se io parto dalla convinzione che l’immagine sia per Jacopo Mazzonelli il luogo in cui più direttamente si precipisca e si condensi l'impressione e la memoria degli eventi, allora essa è più semplicemente come una porta: l’artista dichiara di aver smesso di fare il musicista per fare l’artista visivo proprio per non dover attendere lo sviluppo nel tempo di un evento ma varcare in un momento la soglia. Così continua: “per questo il mondo è anzitutto oggetto di immaginazione. L'immaginazione trascendentale procede all'apertura del mondo in quanto possibilità generale dell'ente. I 12 studi di esecuzione trascendentale (Études d'exécution trascendante) di Franz Liszt sono composizioni che hanno rivoluzionato il mondo pianistico ottocentesco. Lasciando perdere il mero gusto per una forma di virtuosismo da palcoscenico fine a se stesso, credo che i presupposti di tali composizioni siano interessanti se posti in parallelo al discorso artistico. Mi spiego. V’è una compartecipazione meravigliosa di eventi che si incrociano nel momento della composizione. La costruzione di pianoforti si affina sempre di più, i volumi sonori e la precisione delle diverse parti della meccanica si raffinano. Contemporaneamente il pianoforte assurge ad imperatore degli strumenti musicali, mentre l’esecutore deve tenere il tempo delle innovazioni. A questo punto entra in gioco il mistero del meraviglioso, ossia chiedere al pianista di superare, di trascendere i suoi limiti tecnici ed espressivi. In questo modo nascono gli studi. Ora, gli elementi che mi affascinano sono la questione del limite e del trascendente in relazione al discorso tecnico-costruttivo. Quando una serie di elementi si attraggono in maniera così forte nasce qualcosa di inspiegabile. Credo che l’arte sia più vicina alla scienza che alla letteratura. Che sia più vicina ai processi neurologici che alla poesia. La questione è creare dal nulla connessioni nervose nello spettatore. La scienza attuale è in grado di quantificare tali connessioni, ma di decifrarne una sola parte. Il mistero dell’arte e del corpo umano credo risieda in questo. Forse l’arte è possibile proprio per una nostra mancanza. Questa mancanza è l’immaginazione”. Mi trovo d’accordo con l’artista nel ritenere che dal momento che l’arte non è legata ad una funzione diretta resta una delle poche, se non l’unica condizione per la quale le gerarchie possano essere dettate a discrezione dell’autore. Le gerarchie di colore, forma e contenuto esprimono un sistema autosufficiente per il quale i ruoli spesso si invertono, si combattono e cosí conclude Mazzonelli: “La teoria del meraviglioso trova un porto sicuro in ragione di queste considerazioni”. Il meraviglioso inteso come rappresentazione di fenomeni soprannaturali, divini, diabolici o magici? Direi, il meraviglioso che desta meraviglia! Il sentimento dettato dalla sorpresa di qualcosa di insolito, il sentimento di grande ammirazione per una cosa nuova e inaspettata che provoca stupore per la bellezza, per l’armonia, per la perfezione. Un prodigio. Inner è un lavoro visivo che esibisce un processo acustico; con Coro i colletti dei grembiuli disposti in cerchio, evocano un canto così nitido che allo spettatore pare di udirlo mentre in Der Tod und das Madchen la tensione delle corde che il ponticello sostiene insieme all’anima degli strumenti ad arco vibra come ci illudiamo non sia mai accaduto prima. Di Limbo rilevo la sospensione spazio temporale, ma è Petit che spetta il compito di ricordare a chi guarda che la luce, come la vista, mantiene l’equilibrio di questa opera e della mostra in generale. “Questa eterogeneità dall’invisibile al visibile può ossessionare il visibile come la possibilità stessa”, scrisse Jacques Derrida in Memorie di cieco.
L’autoritratto e altre rovine.

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curated by Marco Tagliafierro

“An Eternal Golden Braid"

Some passages from a dialogue between Marco Tagliafierro and Jacopo Mazzonelli

Could machines provided with originality exist? In Chapter XVIII of Godel, Escher, Bach: an Eternal Golden Braid”, Douglas R. Hofstadter describes the checkers-playing software created by Arthur Samuel, so well built to be able to beat its own creator. In Chapter XX, Hofstadter resumes that issue to ponder over artificial intelligence, in these terms: “The conclusion: reasoning is impossible" does not apply to people, because as is plain to anyone, we do manage to carry out many steps of reasoning, all the higher levels notwithstanding. That shows that we humans operate without need of rules: we are "informal systems". On the other hand, as an argument against the possibility of any mechanical instantiation of reasoning, it is valid, for any mechanical reasoning-system would have to depend on rules explicitly, and so it couldn't get off the ground unless it had meta-rules telling it when to apply its rules, meta-meta-rules telling it when to apply its meta-rules, and so on. We may conclude that the ability to reason can never be mechanized. It is a uniquely human capability.”

Is it possible to think of an artistical setting as a machine, a sort of giant condenser with the aim of illustrate the mechanisms of tradition? Of themes and figures from recent visual past and from the most remote one, through expressive formulas of emotion? Jacopo Mazzonelli thinks of setting as the construction of an “escape” in musical terms: it all begins with the subject, generative core which has to be perfect, because it must be executable by contrapuntal motion, work specularly; no work of art can be fully explained with the era which saw its birth, it is not ascribable to its context, on the contrary, the charm and strength of an ancient artwork are partially due to the fact we’ll never know for sure how it was perceived by its contemporary ones. The history of the artwork is specular to its future, following Marc Augè’s thought we could go on stating that works of art are like ruins and inversely ruins, before each restoration or mise-en-scene, have something of the work of art. At the core of aesthetic perception there’s a lack defining it so, it is never a full knowledge of the past but it undergoes the attraction of a time as evident as elusive. With regard to this, Mazzonelli states: “I think of the concept of lack, that is to say of emptiness, pause, I mean as generative element. I think of the musical pause, important as a note, because the two elements influence each other: there’s no sound without silence, there’s no silence without sound. This theory of the opposites pervades all the symbolic gears I’m interested in: alchemy, international gothic, Christianity, and others. The lack is mystery, and the moulding artist often removes. I think emptiness creates equilibrium, despite the semantic appearance of the term. Let’s think of oriental cultures, of minimalism, of monochrome paintings. Emptiness creates equilibrium because the mass needs space to expand. If we think of the ruins, as Augè rightly says, we actually rebuild something different. If gifted with imagination and creativity, the ruin won’t become a fragment of the wall’s plaster, but a self-sufficient element. The ready-made issue already demonstrated this. For some artists the fragment is a passe-partout to get in touch with a collective idea, a memory. I think of artists working on social, political, religious and race-related subjects. Nothing could be most distant from me. I’m interested in virtuality, in the wonderful autonomy of the detail. The detail is wonderful per se, otherwise it’s not a detail but a part of a whole.”

If I start from the conviction that the image is for Jacopo Mazzonelli the place in which to perceive and condense the impression and memory of the events, then it is simply more like a door: the artist declares to have quit being a musician to be a visual artist not to have to wait for the development through time of an event but to cross the threshold in a moment. He continues this way: “that’s why the world is firt of all a subject of imagination. Transcendental imagination proceeds as the world opens, being a general possibility of the being. The 12 Études d'Exécution Trascendente by Franz Liszt are compositions which revolutionized the 800s piano world. Leaving out the mere taste for a form of pointless all-round virtuosity, I think the conditions for these compositions to be interesting if compared to the artistic issue. Here’s what I mean. There’s a marvellous sharing of crossing events in the moment of composition. The construction of pianos is refining more and more, the sound volumes and the precision of the different mechanical parts are refining. In the meantime, the piano arises as imperator of musical instruments, while the player myst keep the time of innovations. At this point comes into play the mystery of the marvellous, that is asking the piano player to go past, to transcend his technical and expressive limits. This way were the studies born. Now, the elements fascinating me are the limit and transcendent issues related to the technical-constructive one. When a series of elements attracts so strongly, something inexplicable is born. I think art to be closer to science than literature. To be closer to neurological processes than poetry. The matter is creating neural connexion in the audience, out of nowhere. Actual science is capable of quantifying such connexions, but to decode just a part of them. The mystery of art and human body relies here, in my opinion. Maybe art is actually possible due to a lack of ours. This lack is imagination.” I agree with the artist believing that being art not bound to a direct function, it remains one of the few, if not the only, condition for which hierarchies can be set at author’s discretion. Colour, shape and content hierarchies express a self-sufficient system in which roles often switch, fight and so concludes Mazzonelli: “The theory of the marvellous finds a safe haven due to these considerations.” The marvellous as representation of supernatural, divine, evil or magical phenomena? I’d say, the marvellous arousing marvel! The feeling given by the surprise of something unusual, the feeling of great admiration for something new and unexpected which surprises for its beauty, harmony, perfection. A prodigy. Inner is a visual work exhibiting an acoustic process; with Coro the aprons’ necks in a circle evoke a singing so clear that the audience seems to hear it, while in Der Tod und das Madchen the tension of the chords the little bridges sustains together with the soul of the string instruments vibrates as we believe has never happened before. From Limbo I notice the suspension in time and space, but it’s Petit to have the task to remember the audience that light, as sight, maintains the equilibrium of this artwork and of the exhibition itself. “This heterogeneity of the invisible to the visible can haunt the visible as its very possibility” , wrote Jacques Derrida in his "Memoirs of the blind: The Self-Portrait and Other Ruins"

Inaugurazione 19 gennaio 2012 ore 18.30 p.m.

Federico Bianchi Contemporary
Via Imbonati 12 - Milano
open: Monday - Friday. 2.00 - 7.00 p.m.

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Radomir Damnjan
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