Un grosso affare. Fotoromanzi usati. Il lavoro che da' il titolo alla mostra si presenta come una 'storia a strati' in cui in cui l'artista, partendo da un manifesto pubblicitario degli anni '70 e attraverso successivi interventi con pittura a olio, ritagli di riviste e nastro isolante, tiene simultaneamente in gioco piu' scenari di figurazione e racconto.
a cura di Paola Paleari con un testo di Silvana Turzio
A due anni dalla sua prima personale, Elisa Abela presenta negli spazi di s.t. foto libreria galleria, dal 27 febbraio al 31 marzo 2012, una nuova serie di collage, frutto delle molteplici sollecitazioni che l’artista continua a cogliere in questa tecnica-simbolo della ricerca estetica del Novecento.
Prima di approdare nuovamente a Roma, sempre dividendosi -o meglio moltiplicandosi, tra la creazione visiva e quella musicale- Abela ha esposto i suoi lavori al BOCS di Catania e alla Galleria Nopx di Torino, e ha partecipato al progetto collettivo itinerante Quadratonomade, in programma al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 29 febbraio al 4 marzo 2012.
Nel tempo trascorso e nello spazio percorso, Elisa Abela non ha smesso di giocare con le immagini e le parole via via trovate, raccolte, ritagliate, affinando e arricchendo i suoi procedimenti di appropriazione e messa in scena dei documenti cartacei del passato: dai collage su diverse tipologie di supporto (carta semplice, carta fotografica, singole pagine di vecchi libri, plexiglass, fogli di acetato) ai libri d’artista (volumi del passato integralmente riallestiti con ritagli di varia provenienza e album creati ex novo a partire da un percorso narrativo svolto su singoli fogli), fino alla manipolazione tridimensionale degli stessi supporti cartacei.
Nella mostra Un grosso affare. Fotoromanzi usati, curata da Paola Paleari, confluiscono un nucleo di lavori direttamente ispirati dal repertorio dei rotocalchi illustrati del secolo scorso, accanto a una serie di opere in cui l’artista dà vita a nuove forme di racconto per immagini e ricrea ambienti di prossimità inedita tra fotografia e testo.
Fenomeno editoriale squisitamente nostrano, il fotoromanzo ha destato negli ultimi anni un nuovo interesse, sia come prodotto culturale atipico, specchio di un’epoca in transito dai perbenismi agli estremismi, sia per le sue possibili rivisitazioni in chiave contemporanea e sperimentale. Lo dimostra tra l’altro il progetto recentemente promosso dal Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, con la produzione del fotoromanzo Ricordami per sempre (a cura di Matteo Balduzzi, con fotografie di Marco Signorini e testi di Giulio Mozzi) e della mostra-convegno Scene da fotoromanzo, a cura di Silvana Turzio.
Il fotoromanzo è prima di tutto colto da Elisa Abela come modello compositivo, un paradigma linguistico desueto ma ancora vitale di abbinamento tra parola e immagine: sia in quanto racconto illustrato, al quale concorrono tutti gli elementi presenti nella pubblicazione; sia per l’autonomia comunicativa di ogni singola scena fotografica, che si colloca nello spazio della pagina e nel tempo del racconto come un’unità propria, con una sua finitezza semantica e narrativa.
E’ poi naturalmente sui contenuti ideologici e simbolici tipici di questo genere di narrazione, sul suo ricco repertorio di situazioni emotive reiterate, prevedibili, ma al tempo stesso sopra le righe, colme di pathos, che si esercita l’azione perturbante e manipolatrice dell’artista.
Ne è un esempio Una sera che non dimenticherò, in cui i frammenti tratti da un vecchio rotocalco -principalmente i primi piani dei protagonisti e le frasi d’amore e di gelosia che questi si scambiano nella finzione - vengono ricomposti in una sceneggiatura che lascia trasparire un nuovo universo di inclinazioni sessuali.
In un altro libro-collage, Anche io ho commesso un errore ( titolo-ritaglio tratto da una campagna pubblicitaria molto popolare nella sua versione televisiva, ai tempi di Carosello), una personalità nota come Mike Bongiorno - che all’alba della sua carriera fu anche attore di fotoromanzi - perde la sua aura rassicurante e si tramuta in una figura vagamente sinistra
Un ciclo di collage non direttamente legato a una fonte foto-romanzesca, ma capace piuttosto di imprimere un tono di finzione autobiografica a un’opera di tutt’altra matrice, è quello tratto da Il mio sistema per le donne dello scienziato danese J.P. Müller: un manuale di ginnastica femminile di grande successo, pubblicato nel 1913 e più volte rieditato con nuove illustrazioni, da cui l’artista ha estrapolato ed elaborato alcuni elementi ricorrenti in tre edizioni successive.
Nei lavori più recenti di Elisa Abela, il legame tra parola e immagine, oltre ad essere affidato al nastro isolante e al tratto di pennarello, è amplificato dall’utilizzo di materiali trasparenti capaci di produrre una realtà multilivello, che distorcendo la tipica fissità della scena foto-romanzesca, rendono la lettura ancora più fitta, intricata, e dunque affascinante.
I supporti in materiale plastico e acetato sono utilizzati anche in altre opere: box tridimensionali che con la loro struttura incasellano -o ingabbiano?- vecchie fotografie, e buste sigillate che insieme ad altre foto anonime custodiscono -o rinchiudono?- lettere provenienti dal passato e forse mai aperte.
La scelta di utilizzare basi trasparenti e di operare una manipolazione plastica dei documenti cartacei, consente di moltiplicare i piani di lettura del collage, offrendo la visione simultanea delle sue diverse parti e trasformando dunque anche lo spazio esterno in un ulteriore livello di narrazione.
Il lavoro che dà il titolo alla mostra, Un grosso affare, si presenta appunto come una “storia a strati” in cui in cui l’artista, partendo da un manifesto pubblicitario degli anni settanta stampato su un supporto semitrasparente, e attraverso successivi interventi con pittura a olio, ritagli di riviste e nastro isolante, riesce a tenere simultaneamente in gioco più scenari di figurazione e di racconto.
Che le opere si sviluppino sulle due dimensioni della carta, o che tentino di interloquire con lo spazio circostante, l’obiettivo di Elisa Abela è sempre lo stesso: mettere in scena delle storie tanto simbolicamente stratificate e ambigue quanto immediatamente coinvolgenti.
Nata nel 1980 Crotone, ma cresciuta a Catania, Elisa Abela vive ora a Roma, combinando la sua ricerca visiva con l’attività musicale. Polistrumentista (chitarra elettrica, sax alto, batteria), dal 2008 suona con Joe Lally (Fugazi), con il quale ha realizzato l’album Why Should I Get Used To It (Dischord, 2010) e dal 2009 anche con la band di musica elettronica Urinate. Con la cantautrice anglo-italiana Eli Natali dà vita al trio The Moustaches e avvia un progetto electro industrial, Cometomama, realizzando un primo album: For Cats and Dogs (Doremillaro, 2010).
Ha collaborato a diversi progetti espositivi firmati dal collettivo canecapovolto, fra cui Presente Continuo (2008, Francesco Pantaleone arte contemporanea, Palermo; Galleria gianlucacollica, Catania), Diwan (2010, Galleria gianlucacollica, Catania), Hologram (Riso, Museo d'arte contemporanea della Sicilia, Palermo, 2011). Nel 2010 presenta la sua prima personale da s.t. foto libreria galleria, Roma: Il fotografo tremolante, Rurù in castigo e altre opere su carta, a cura di Matteo Di Castro, con un testo di Emanuele Trevi e un video-ritratto di canecapovolto, che ha curato poi anche la mostra Smitty il gatto e altre storie (2010 - Bocs, Catania).
Nel 2011 ha esposto alla Galleria Nopx di Torino (in occasione del concorso internazionale sul libro di artista Nopx|artbook) e ha partecipato al progetto collettivo itinerante Quadratonomade, in programma al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 29 Febbraio al 4 marzo 2012.
La partitura di Elisa
Inaugurazione lunedì 27 febbraio dalle ore 19
dj set Fred Montgomery-Piccolino
S.t. Foto Libreria Galleria
via degli Ombrellari, 25 - Roma
lun 15.30-19.30; mar-sab 10.30-19.30
Ingresso libero