'La citta' di Spoletini non e' grafica, pur essendo ispirata al fumetto, non sembra disegnata al tecnigrafo come il bozzetto di un modello da cartone animato, ma rientra nell'atmosfera piu' classica della pittura, mantiene un tratto piu' da memoria futura, da reliquia memoriale; non e' concepita come un agglomerato, ma in molti casi si tratta di una citta' frontale, o meglio frontale perche' pittorica.' Gabriele Perretta
Border
a cura di Gabriele Perretta
Dividendosi tra un immaginario da archeologia fantascientifica e 'letteratura della visione', gli angoli di transmondo di Spoletini sono dei piccoli siti di memoria esfoliata, parlano di immagini tessute per ricami di volumi e di ombre, per mappe di città da scoprire e di luoghi in cui dovremmo calarci stimolandoci al viaggio.
La città di Spoletini non è grafica, pur essendo ispirata al fumetto, non sembra disegnata al tecnigrafo come il bozzetto di un modello da cartone animato, ma rientra nell'atmosfera più classica della pittura, mantiene un tratto più da memoria futura, da reliquia memoriale; non è concepita come un agglomerato, ma in molti casi si tratta di una città frontale, o meglio frontale perché pittorica. La città di Spoletini tende a dare una visione a forma di galassia dei luoghi abitativi, ricordando solo per tracciati curvilinei e sensazioni di rete i punti di collegamento della metropoli. Apparentemente in questa città non c'è vissuto. Essa tenta di andare al di là del luogo amato dai pittori, nel lungo periodo in cui la storia dell'arte è stata una materia viva. Qui l'insegnamento di Ambrogio Lorenzetti, quello dell'Allegoria del Buon Governo e dei suoi effetti in città , è ben vivo perché le immagini delle costruzioni e dei volumi tendono a salire, ad arrampicarsi verso il cielo in maniera orizzontale e verticale, e anche là dove non spaziano in avanti, si muovono verso l'interno, si addensano in un accenno delle strade e dei pertugi che si allontanano verso la traiettoria dello spazio. In quest'immagine non v'è l'insegnamento dei vedutisti italiani del Settecento, Canaletto, Bellotto o Guardi, perché nonostante Spoletini utilizzi la fotografia, della fotografia non preferisce l'effetto di profondità causato dalla camera ottica, ma l'effetto ingrandimento, l'avvicinamento, la focalizzazione del dettaglio iperarticolato, che si nota in alcune inquadrature classiche di Metropolis (1926) di Fritz Lang.
Guardando (e immaginando) queste 'città dipinte', mi risuonano nella testa le parole iniziali di Tristes Tropiques di Claude Lévi-Strauss: 'Detesto i viaggi e gli esploratori'. Ma forse in un senso peggiorativo, come lo intendeva Giorgio Manganelli, il quale prendeva in giro chi era riuscito ad allontanarsi dal viaggio intorno alla propria casa. Diciamo che, se per Lévi-Strauss l'etnologia comincia quando l'esplorazione finisce, per il pittore la città comincia là dove il pennello è riuscito ad ultimare l'ultimo lembo della tela. Marc Augé ha scoperto le carte nel 'fascino dello spaesamento e sull'importanza del 'colore locale', lo scrittore viaggiatore vive già al futuro anteriore: quel che lo attrae nel viaggio è il racconto che potrà farne più tardi. Racconto che si organizza intorno a qualche immagine emblematica simile alle 'istantanee' dei nostri album fotografici o delle nostre scatole di diapositive.'. È così che va detto della pittura di Spoletini, visto che il suo lavoro preparatorio parte dalle fotografie, da curatissime istantanee che poi vengono trasferite, trasposte e metamorfizzate in luoghi, in complessi architettonici che costruiscono città immaginarie. Se è vero che Mallarmé sosteneva che il mondo è fatto per finire in un bel libro, la fotografia per i pittori come Spoletini è attuata per fare un passo indietro, per sedimentare archeo-graficamente la pittura.
Gabriele Perretta
Inaugurazione Sabato 15 marzo alle ore 18
FIORILE ARTE associazioneculturale v.nosadella 37/d Bologna