La rassegna di videoarte e cortometraggio coinvolge e fa dialogare le opere di ventuno artisti provenienti da tutta Italia.
a cura di Pamela Cento
ARTISTI: Apollo, Arcella, Bonardi, Bramanti, Catton, Cheney, Croci, Dalailara, Davide Coluzzi DAZ, De Gregorio, Ebro, Giovanelli, Libero Arbitrio, Madonna, Mazzuoli, Millo, Oipme, Piva, Rottichieri, Valle, Vestoso.
La Rassegna di Videoarte e del Cortometraggio ViDay, è un contenitore di immagini che corrono lungo l’asse temporale, intrappolate dentro lo spazio dell’ inquadratura e dei limiti dello schermo cinematografico, che pulsano nel loro volerne uscire attraverso la visione degli spettatori, attraverso gli occhi e il sentire.
Come location cinematografica il ViDay ha scelto Filmstudio, un cinema che ha contribuito, a livello internazionale, a fare la storia dell’arte. Numerosi cineasti hanno presentato le loro opere e hanno frequentato Filmstudio: Bellocchio, Pasolini, Godard, Giuseppe Bertolucci, Bernardo Bertolucci, i fratelli Taviani ne sono alcuni esempi.
Il Viday, per parlare dell’immagine in movimento, ha scelto la proiezione cinematografica, una scelta che vuole dimostrare come i linguaggi più innovativi possano conciliarsi e interagire con la tradizione.
Ogni giorno flussi di immagini ci investono, le ingoiamo con il nostro sguardo senza nemmeno accorgercene, con tutta la loro potenza comunicativa che ci parla incessantemente in ogni momento del nostro vivere. Ci dicono di noi, della società in cui viviamo, entrano nel nostro modo di pensare, nelle nostre elaborazioni celebrali, così come riesce a mettere bene a fuoco il video dell’artista Daz Crack-shell of memory, presente al ViDay, che, dentro a un soffio di vento, mostra come le miriadi di immagini partecipino alla creazione della memoria degli individui e della memoria collettiva, ponendoci la domanda su cosa creerà nel nostro futuro l’attuale cultura mediatica.
In un periodo storico dove è complesso riconoscere chi siamo, dove i valori si contraggono, dove continuamente costruiamo immagini, di noi stessi e del mondo intero (in realtà frantumato), il ViDay non solo vuole proporre una panoramica dell’arte delle immagini in movimento nell’era in cui perfino il postpostmoderno è “vecchio”, ma vuole tentare anche di rilasciare un’identità dell’Italia e degli italiani: qualcosa in cui sia possibile riconoscersi.
Le opere presentate hanno immagini che si fanno guardare per la loro bellezza formale o immagini che diventano narrative per magari parlarci, come nel cortometraggio di Vestoso, dell’ Italia derubata di tutto ciò che aveva costruito con ingegno, coraggio e passione nel crederci, dove ormai i politici sotterrano il malaffare e i vecchi applaudono donne bambine che ballano in televisione.
E se i fratelli Lumière parlavano della loro invenzione come senza futuro, sta di fatto che l’immagine in movimento ha fatto tantissima strada, evolvendosi lungo il percorso, lungo i binari di quel treno del 1896.
Il Viday è una Rassegna che coinvolge e fa dialogare le opere di ventuno artisti provenienti da tutta Italia: tecniche e stili differenti che dimostrano come l’immagine in movimento sia inarrestabile nel suo progredire trasformandosi.
Il Novecento è stato l’era indiscussa della documentazione e della riproducibilità, immagazzinare eventi e storie che potevano essere riprese e riprodotte. Oggi siamo arrivati a documentare ogni tipo di informazione, basti pensare ai video (s)caricati su Youtube o postati su Facebook. La tecnologia ha permesso questo, telecamere e videocamere sempre più maneggevoli e a buon prezzo, con ormai l’alta fedeltà, hanno favorito la facilità della produzione video, ma è grazie alla poetica dell’artista che poi un video non è solo tale, ma diviene opera d’arte.
L’archeologia della Videoarte vuole il video come testimonianza di performance, o video politico, o ancora come video concettuale. Nell’Italia che trasmetteva in bianco e nero le gemelle Kessler che cantavano Dadaumpa, e dove la Cinquecento era ben lontana dall’essere una macchina d’epoca, la collettiva bolognese Gennaro 70, con la sua sezione di videorecording, era sembrata roba da fantascienza. Eppure la Videoarte era già cominciata da tempo grazie a Vostell e Paik, ma il pubblico italiano medio, conservatore nel gusto artistico, non sembrava ancora pronto per questa arte innestata con la tecnologia.
La tecnologia, di strumenti e di software, hanno consentito in modo esponenziale allo sviluppo di questo linguaggio artistico, per molti di difficile comprensione, ma estremamente seducente per altri.
Al ViDay sono presenti alcune opere video create grazie all’ausilio della computer art, e così è vediamo un giocatore di basket che gioca la partita contro un robot nel video MJ23 dell’artista Apollo; un'entità intelligente che, proveniente dal futuro per ricercare bolle di sapone, rimane intrappolata nel luogo spaziotemporale della città di Vittoria, nell’ opera di Giovanelli; fino a entrare nei mondi sintetici vissuti da coscienze che vivono alterate tra pasticche e schermi televisivi nelle immagini visionarie di Bramanti.
Sono presenti opere video che nascono dal fascino che producono il televisore come strumento, e /o la televisione come frastuono di contenuti, esemplare l’opera Not only off della Bonardi che riattualizza gli inizi della sperimentazione della Videoarte; la seduzione delle immagini volutamente sporche, così “perfette” nelle imperfezioni della loro bassa risoluzione in Rottichieri.
Immagini che nascono sgranate, nella De Gregorio; l’estetica potente di un uomo che per cinque minuti scivola da se stesso dentro una vasca da bagno e che ricorda le “lezioni” warholiane nell’opera Exil onirico di Ebro; il documentare una performance in modo ossessivo in Pistacchiolimonemirtillo di Madonna, dove un uomo per tredici minuti semplicemente guarda, guarda il suo gelato ai tre gusti Italia, che squagliandosi cade a terra in una poltiglia impossibile da rimettere a posto; l’artista Oipme invece taglia e cuce le immagini, utilizzando il montaggio per creare collage visivi, sezionando quadranti differenti in cui ritmicamente si producono narrazioni simultanee; la Catton, con Fame, ci porta dentro il dolore dell’incomunicabilità; Dalailara con il protagonista dei suoi video, il personaggio stilizzato a cui è stato tolto un vero e proprio corpo e che, simile nelle fattezze ad uno smile, diventa esilarante nella sua espressività ironica e cinica che accompagna i suoi brevissimi episodi di vita vissuta; l’artista Millo ci fa invece viaggiare con i suoi video performance che creano disegni “animati” da storie ricche di suggestione e poesia; Mazzuoli ci fa addentrare lungo i sentieri della storia, degli accadimenti che in una data precisa hanno segnato la nostra vita collettiva, davanti ai quali ci si vuole rifugiare ritornando nella placenta; e i Libero Arbitrio ci raccontano, nella formula della narrazione classica e inossidabile del cortometraggio, di due pugili amici e complici anche davanti alla morte. Al ViDay, con gli artisti Arcella e Croci, è presente anche il videoclip. Il linguaggio video deve molto alla musica, grazie ad essa si passò dal semplice video promo, che doveva promuovere un cantante o un gruppo musicale in modo poco creativo, al videoclip capace di creare alte espressioni visive.
L’alta con-fusione di musica e immagini certamente si ritrova in Luna dell’artista Piva, video nato dall’unione di composizioni musicali e immagini di computer art. Come si è detto, il video nella sua storia è stato anche video politico, e in questa feritoia entra Valle con i suoi cortometraggi girati in Super 8 che sognano un mondo migliore per l’ambiente.
Immagine: Patrizia Bonardi, Not only off, 2010. Still da video, courtesy dell'artista
Sala Blu del Cinema Filmstudio,
Via Degli Orti D’Alibert 1c – zona Trastevere, Roma
Primo Tempo ore 18.30/21 – Aperitivo 21.00/21.30 - Secondo Tempo 21.30/24.00