Un film di Cindy Sherman: il suo debutto cinematografico del 1988, elimina ogni traccia della lieve giocosita' postmoderna delle prime 'pose filmiche' in favore di un universo piu' macabro ma narrativamente piu' sbilanciato, meno preciso degli altri lavori di questa artista; una farsa horror che si crogiola nel suo eccesso morboso.
Alle ore 18.00 di martedì 1 aprile 2003, alla Galleria A+A (Centro Culturale
Sloveno a Venezia) Aurora Fonda
Vi invita alla proiezione di
OFFICE KILLER
un film di
Cindy Sherman
(USA 1988, 89')
con la partecipazione di
Carole Kane, Moly Ringwald, Barbara Sukova, Eric Bogosian
Cindy Sherman, artista contemporanea tra le più conosciute, nasce a New York nel
1954. La sua opera, nettamente staccata dalla fotografia tradizionale, negli
anni 90 stabilisce legami con il cinema e affronta tematiche e teorie legate ai
gender studies e alla mutazione del corpo. Fino al 1986 la Sherman produce solo
autoritratti. Fotografa se stessa in ambienti attentamente studiati mentre
incarna vari stereotipi ispirati alle rappresentazioni della figura femminile
nei media (in particolare nei B-movies degli anni '50), in una serie di "pose
filmiche" che danno la forte impressione di essere state prelevate da narrazioni
in corso, i cui termini (antecedenti o posteriori) non vengono però mai
rivelati. Peraltro anche l'eventuale drammaticità evocata da certi scatti
rimanda sempre all'universo artificiale della finzione cinematografica, per cui
il gioco continuo di mutazione dell'identità dell'artista risulta sempre
distaccato emotivamente, enigmaticamente impersonale.
Sul finire degli anni
Ottanta la Sherman, passando al colore, inizia a lavorare su effetti grotteschi
di mutazione del proprio corpo, applicandovi membra e protesi artificiali per
creare ritratti nello stile di pittori rinascimentali e seicenteschi, e
interpretando ruoli sia maschili che femminili.
In una serie successiva, per la prima volta non usando se stessa come soggetto, l'autrice usa le protesi di plastica e gomma di manichini anatomici per creare corpi mostruosi, e
immagini che alludono a sesso, violenza, disfacimento e decomposizione,
fortemente conturbanti.
Office Killer, il suo debutto cinematografico del
1988, elimina ogni traccia della lieve giocosità postmoderna delle prime "pose
filmiche" in favore di un universo più macabro ma narrativamente più
sbilanciato, meno preciso degli altri lavori di questa artista.
Office Killer Il debutto alla regia cinematografica della celebre fotografa
Cindy Sherman è una farsa horror che si crogiola nel suo eccesso morboso. Carol
Kane, nelle vesti di una una correttrice di bozze introversa e dedita al suo
lavoro, è vittima degli abusi e dell'indifferenza dei suoi colleghi. Le
pressioni subite sul posto di lavoro e, nella vita privata dalla tirannica
figura materna, la portano alla follia. Dopo avere involontariamente fulminato
un odioso collega, la protagonista scopre il piacere dell'omicidio. Mentre miete
nuove vittime, trova modi sempre più fantasiosi di disporre dei loro resti nella
propria abitazione. Con immagini stilizzate e un distacco emotivo che rimandano
alle sue opere fotografiche, narrativamente il film oscilla tra atmosfere
claustrofobiche e momenti camp, e costituisce un amaro commento sulle dinamiche
del mondo del lavoro contemporaneo, costruito bizzarramente come un horror
giapponese "di serie B". Il film è stato co-sceneggiato da Tom Kalin (autore
come regista di Swoon), con un aiuto ai dialoghi di Todd Haynes (Velvet
Goldmine, Lontano dal paradiso).
Sarà possibile visionare il filmato anche nei giorni di mercoledì 2 e giovedì 3
aprile, durante l'orario di apertura della Galleria (11.00/18.00).
Stampa e Comunicazione:
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Galleria A+A
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