Le opere in mostra, tele e carte di grandi formati, confermano quel percorso di riduzione e di alleggerimento delle immagini intrapreso da Verdi, che predilige vuote campiture attraversate o bordate da figure fluttuanti o da tralci ondulati.
La pittura di Alessandro Verdi (Bergamo, 1960) è al tempo stesso meditata e spontanea, sensuale e raffinata, memore della tradizione calligrafica giapponese e della forza di un alfabeto genetico primordiale. Ogni opera è il risultato di una tensione interna al quadro che emana dallo spazio e circonda le figure, come scritto da Achille Bonito Oliva in occasione della partecipazione dell'artista alla 53. Biennale di Venezia nel 2009: "La ricerca di Verdi è volta a rinvenire e fissare tracce di esistenza allo stato puro, senza le superfetazioni imposte dalla società, irradiando all'intorno una fertilissima aura che fa defluire attraverso le metafore del linguaggio la sua incandescente carica espressiva". Le opere in mostra, tele e carte di grandi formati, confermano quel percorso di riduzione e di alleggerimento delle immagini che, passando attraverso fasi successive dal 2000 a oggi, predilige l’ampiezza di vuote campiture attraversate o bordate da figure fluttuanti o da tralci ondulati.
La seduzione che emana da questa pittura è come un canto sottile e elusivo, ancorché presente e persistente: la rinuncia di Verdi, il suo processo di riduzione, è infatti volto ai sovrappiù dell’immagine e all’espressività formale del colore, ma non preclude mai la possibilità dell’opera di essere udita dallo spettatore, di articolarsi in una danza sinuosa che lo coinvolge in quanto fatta della sua stessa vita, dei suoi stessi umori, delle sue stesse passioni.
In questo luogo aperto dunque non si determina un centro e la realtà viene a mancare di un punto di ancoraggio spaziale privilegiato che determini catene di priorità o riferimenti certi. Le figure possono infatti accamparsi in ogni parte dell’opera, dal centro alla periferia, lungo uno o più dei lati, talvolta fino ad uscirne e trovare un ideale punto d’origine o di confluenza fuori dal quadro stesso.
Nella violenta rottura delle norme che il linguaggio pittorico di Verdi comporta si svela una profondità inaspettata negli eventi, un’abissale capacità di penetrare nel cuore delle cose. Questo è il regno della sua arte, dominata da uno scarto che assurge a capolavoro. Ieri il grottesco si combinava col meraviglioso, ma oggi la bilancia oscilla decisamente in favore del secondo.
Inaugurazione e cocktail: martedì 11 settembre 2012 - ore 18,30
Fondazione Mudima
via Tadino 26, 20124 Milano
Orario di apertura: da lunedì a venerdì – ore 11-13 / 15-19,30 - sabato su appuntamento
Ingresso libero