Il Taormina Film Fest in pieno svolgimento con ospiti attori e registi internazionali, anteprime di grandi film, la sezione Made in English. Questa sera al Taormina FilmFest il Diamond Award al regista canadese Norman Jewison. Per il Grande cinema Forever Lulu di John Kaye con Melanie Griffith. A mezzanotte Jesus Christ Superstar di Norman Jewison.
Il Taormina Film Fest in pieno svolgimento con ospiti attori e registi internazionali, anteprime di grandi film,
la sezione Made in English. Aggiornamenti on line minuto per minuto.
Questa sera al Taormina FilmFest il Diamond Award
al regista canadese Norman Jewison.
Per il Grande cinema Forever Lulu
di John Kaye con Melanie Griffith.
A mezzanotte Jesus Christ Superstar di Norman Jewison
"MADE IN ENGLISH - Un ponte fra culture diverse"
di Felice Laudadio
Chiudendo l'articolo di presentazione sul catalogo dello scorso anno, il primo della mia gestione,
scrivevo (mi scuso per l'autocitazione, ma è necessaria): "Più che un'edizione di transizione parlerei (per
il 1999) di un'edizione di sintesi fra le due anime storiche del festival... Non credo che si possa, si debba
restare per il futuro allo stesso punto di oggi. Nel corso degli ultimi anni il cinema è molto cambiato e così
pure i festival.
Quelli che sono rimasti sempre gli stessi o sono morti o sono in coma. Occorre ripensare al futuro del
Festival di Taormina". Si è molto riflettuto e discusso su questo "futuro" e si è infine giunti ad una
decisione che ha convinto pressoché tutti i soggetti interessati. Sempre intenzionato a dedicare ampio
spazio al cinema italiano cui è dedicata la giornata inaugurale, il TaorminaFilmFest da quest'anno cessa
d'essere un festival competitivo, si specializza e assume il sottotitolo "Made in English" a significare
l'attenzione per i film realizzati in quei Paesi in cui la lingua inglese è la lingua ufficiale: dunque si
vedranno film provenienti dall'Australia, dalla Nuova Zelanda, dal Sudafrica, dall'Irlanda, dalla Gran
Bretagna, dal Canada di lingua inglese e naturalmente, come avviene in tutti i festival del mondo, dagli
Stati Uniti. Mancava fino ad oggi nel panorama internazionale un festival che parli l'unica lingua oggi
veramente internazionale, che piaccia o meno. In tutto il mondo è la lingua degli affari ma anche di
Internet, dei congressi medici ma anche della Formula Uno e dell'America's Cup e di tutti i festival e dei
più importanti mercati dei film. L'inglese è il vero e ormai unico esperanto che anche a causa di Internet (il
cui vero potenziale appena si intravede) non sarà mai più possibile espiantare, sostituire con un'altra
lingua. Una lingua, l'inglese, che potrebbe servire non a dividere ma a unire i popoli perché possano
capirsi fra loro, superare le barriere linguistiche, senza dover per questo rinunciare alla propria identità , e
alle proprie radici culturali. Una lingua che, se conosciuta, se parlata, se capita, potrebbe servire anche
per lottare, per opporsi all'invadenza (e alle invasioni) di quanti parlano solo l'inglese (e l'americano) e
pretendono di imporre i propri modelli, i propri format, e anche i propri film, dunque le proprie idee e
culture, al mondo intero.
Trovo ingenue le obiezioni di chi fin dall'inizio si è - come dire? - espresso contro questo progetto di
specializzazione del TaorminaFilmFest che invece si pone un obiettivo preciso: esaltare piccole
cinematografie, quella irlandese o sudafricana o neozelandese, per esempio, allo stesso modo in cui
viene valutata la cinematografia statunitense cui il festival dedica una giornata esattamente come fa per le
altre sei cinematografie inserite nel programma, a parte quella italiana. Ci sono anche altre ragioni alla
base di questa scelta di specializzazione che sono rappresentate dalle forti radici anglosassoni
storicamente presenti a Taormina e dai forti flussi migratori che hanno visto i popoli della Sicilia (e di
Taormina) dirigersi nei decenni soprattutto verso gli Usa e l'Australia. Da dove in molti sono tornati,
portando con sé il seme di altre culture che si è mescolato con quello originario facendo crescere la
consapevolezza e la conoscenza a livelli meno chiusi, più alti. Così come molte altre figure
dell'emigrazione italiana - appartenenti a seconde, terze generazioni, ma talora prime (vedi Frank Capra)
- si stagliano oggi gigante-sche sullo sfondo del panorama culturale statunitense contemporaneo. Solo
per restare al cinema, penso a Francis Coppola, Martin Scorsese, Brian De Palma, Robert De Niro, Al
Pacino e tanti, tanti altri. Un'altra forte novità è rappresentata dal cambiamento delle date che, dalla
tradizionale fine di luglio, sono state anticipate ai primi giorni del mese. Questo per contribuire al
prolungamento della stagione cinematografica in Italia, unico paese europeo finora testardamente
orientato a farla durare pochi mesi, da settembre ad aprile-maggio, laddove dappertutto - Spagna
compresa, non meno calda dell'Italia - essa dura dodici mesi l'anno. Una scommessa un po' incosciente
e un po'coraggiosa, fortemente sostenuta da tutte le componenti del cinema italiano e dai ministri della
Cultura succedutisi negli ultimi quattro anni. Taormina per prima coglie quest'esigenza e la fa propria,
appoggiata dai produttori, dai distributori, dai registi che la condividono. Una scommessa, però, affrontata
non dal cinema italiano, se non in misura irrilevante, ma dalle grandi majors: la Uip e la Columbia i cui
direttori generali per l'Italia, Richard Borg e Ricardo Avila, hanno deciso di correre coraggiosamente il
rischio. Resta il problema del cinema italiano. Quasi tutti i produttori e i registi di film italiani di recente
produzione continuano per settimane, per mesi, a cullarsi nell'illusione di essere selezionati dal Festival
di Venezia, e dunque rifiutano qualunque altra suggestione, provenga essa da Taormina, da Locarno, da
Montréal ecc. correndo, consapevolmente o meno, poco importa, il rischio di perdere tutti i festival, e
soprattutto di perdere la possibilità di sfruttare la stagione estiva e infine di perdere anche la Mostra di
Venezia, dopo la quale si affan-nano tutti insieme a far uscire in sala i film, semplicemente uccidendoli.
Quei pochi produttori e autori italiani che hanno deciso di mostrarci i loro film e che hanno accettato il
nostro invito - e di questo li ringrazio sentitamente - hanno dimo-strato d'aver quel coraggio senza il
quale il cinema italiano è destinato, lentamente certo, ma inesorabilmente, a 'provincializzarsi' sempre più.
Vedremo a fine Mostra quale de-stino sarà toccato ai film di casa nostra, dopo il clamoroso, incredibile
disastro operato lo scorso anno dai selezionatori veneziani della sezione competitiva. Ma torniamo al
TaorminaFilmFest che è anche quest'anno un doppio festival. Uno è quello che si svolge al Teatro Greco:
il che comporta meccanismi e criteri di selezione radicalmente diversi dal festival in programma nelle due
sale del Palazzo dei Congressi. Il festival del Teatro Greco implica scelte legate a film di qualità ma anche
di forte, fortissimo (se possibile) impatto spettacolare sul pubblico indistinto formato ogni sera da migliaia
e migliaia di persone. Ecco dunque la necessità di puntare su kolossal come Mission: Impossibile 2 di
John Woo con Tom Cruise o The Patriot di Roland Emmerich con Mel Gibson, ma anche su High Fidelity
di Stephen Frears con John Cusack o Gangster No. 1 di Paul McGuigan (una felice scoperta) con
Malcolm MacDowell. Il festival del Palazzo dei Congressi permette invece scelte diverse, più "autoriali" si
potrebbe dire, alla scoperta di opere sperimentali, di ricerca, di innovazioni di linguaggi, di forme e di
contenuti. E anche di film più tradizionali ma non per questo meno interessanti. Abbiamo poi voluto
onorare alcune grandi personalità del cinema internazionale dedicando loro dei mini-tributi e un pre-mio.
Nella serata inaugurale il TaorminaFilmFest 2000 consegna al grande sceneggiatore e poeta Tonino
Guerra il primo degli otto Taormina Arte Diamond Awards (resi possibili dalla collaborazione con De
Beers). Gli altri riconoscimenti - uno al giorno - vengono consegnati al regista britannico Stephen Frears,
all'attore irlandese Liam Neeson, al regista sudafricano Darrell James Roodt, alla regista neozelandese
Jane Campion, al regista canadese Norman Jewison, al regista australiano Peter Weir e all'attrice
americana Melanie Griffith.
A ciascuno dei premiati il TaorminaFilmFest 2000 dedica un "Tributo" costituito da tre o quattro film da loro
stessi scelti. L'ultima grande novità di quest'anno è costituita dal ritorno al Teatro Greco, dopo dodici anni
di lontananza, dei Nastri d'Argento, il prestigioso premio per il cinema italiano, e non solo, assegnato dal
Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici (SNGCI). Un ritorno importante che segnala l'attenzione
con cui i cronisti italiani di cinema, presieduti da Mario Di Francesco, guardano al rinato festival siciliano.
Crediamo dunque di aver messo insieme un programma complessivamente interessante, tarato a misura
di Taormina che con il festival di quest'anno torna agli splendori che lo avevano in passato, sotto la
direzione di Guglielmo Biraghi, fatto divenire il più importante in Italia dopo la Mostra veneziana. Diciamo
che per il futuro non intendiamo fermarci qui. Il potenziale del TaorminaFilmFest è immenso, il suo
prestigio in netta risalita, il suo pubblico meraviglioso. Se questo è il vero anno di transizione, di
sperimentazione di una formula, il prossimo sarà l'anno del consolidamento. Ci serve l'aiuto di tutti, in
particolare della Regione Siciliana e del Dipartimento dello Spettacolo - che ringrazio per il sostegno
offerto - del Comitato Taormina Arte, degli operatori economici della città , degli sponsor che hanno
creduto a scatola chiusa nel nostro programma e che vorranno seguirci nel nuovo percorso che da
quest'anno si snoda dall'affascinante e misterioso Teatro Greco.