Franko B
Sandy Skoglund
Luigi y Luca
Entang Wiharso
ORLAN
Wang Qingsong
Erwin Olaf
Robert Gligorov
Susan Paulsen
Nobuyoshi Araki
Matteo Basile'
Fx Harsono
Greta Frau
Nan Goldin
Daniele Buetti
Yasumasa Morimura
Chiara Dynys
Pietro Sedda
Marc Vincent Kalinka
Gregory Crewdson
Ivo Serafino Fenu
Il corpo come sede del controllo sociale e della repressione, corpo come "carnaio di segni" nelle parole di Foucault. Protagonisti della mostra sono Nan Goldin, Nobuyoshi Araki, Matteo Basile', Erwin Olaf, Robert Gligorov, Marc Vincent Kalinka e Gregory Crewdson e molti altri.
a cura di Ivo Serafino Fenu
Dopo la mostra inCOLLECTIONone_La Collezione di un Sardo, con opere di Peter Belyi, Blue Noses, Oleg Kulik, Darren Almond, Robert Gligorov, Matteo Basilè, Li Wei e Zhang Huan e la mostra inCOLLECTIONtwo_Periferie dell’Impero con le opere degli artisti Ale De La Puente, Maria Magdalena Campos-Pons, Carlos Garaicoa, Francis Naranjo, Paolo Bianchi e Danilo Sini, l’attitudine multietnica, polimorfa e attenta al sociale del collezionista Antonio Manca, sardo e cosmopolita, trova conferma anche nella selezione presente nella mostra inCOLLECTIONthree_Humanity, terzo e ultimo tassello della trilogia inCOLLECTION.
La mostra Humanity, prodotta dal Comune di Oristano e curata dal critico Ivo Serafino Fenu, prende in prestito il titolo della celebre e apocalittica canzone degli Skorpions del 2007, incentrata su un’umanità vittima e carnefice di se stessa, afflitta da una profonda perdita di valori, colpevole dell’inarrestabile degrado del pianeta e destinata, per sua stessa mano, all’estinzione, tanto che il testo chiude con un verso cupo e sconsolato, senza speranza: Humanity goodbye. Tuttavia il sostantivo “Umanità” e, allo stesso modo, il vocabolo inglese Humanity, trascendono il loro valore collettivo e abbracciano una pluralità di significati che, se da un lato identificano i caratteri essenziali e distintivi del genere umano, dall’altro evocano l’essere “contingente”, la fragilità e la precarietà del singolo, le responsabilità individuali per un disastro giocoforza globale. Di quest’immensa fragilità l’arte contemporanea ha dato conto in modo impietoso, talvolta in forme cinicamente crudeli, individuando nel corpo, nella sua ostensione e nella sua ostentazione, il luogo privilegiato, il Sancta Sanctorum del conflitto.
Tutto questo perché, per dirla con le parole di Francesca Alfano Miglietti, «il corpo è, per il potere, la sede privilegiata su cui far transitare i bisogni e i desideri, processi fisiologici e metabolismi, attitudini da controllare e reprimere»: corpo come sede del controllo sociale e della repressione, corpo come “carnaio di segni” (M. Foucault) e, per l’arte contemporanea, segno per antonomasia. Questo corpo di segni, questi segni del corpo e sul corpo sono, pertanto, i protagonisti della mostra Humanity, attraverso opere di Franko B, Sandy Skoglund, Luigi y Luca, Entang Wiharso, Orlan, Wang Qingsong, Erwin Olaf, Robert Gligorov, Susan Paulsen, Nobuyoshi Araki, Matteo Basilé, Fx Harsono, Greta Frau, Nan Goldin, Daniele Buetti, Yasumasa Morimura, Chiara Dynys, Pietro Sedda, Marc Vincent Kalinka e Gregory Crewdson, a ribadire, tutte, con linguaggi e accenti diversi: Humanity goodbye.
Inaugurazione venerdì 19 ottobre alle ore 18
Pinacoteca Carlo Contini
via S. Antonio (all'interno dell'Hospitalis Sancti Antoni) - Oristano
dal lunedì al sabato dalle ore 10.30-13.00 e dalle ore 17.00-19.30
Ingresso libero