Geberge. Fotografie. Il suo interesse e' focalizzato sul rapporto uomo-paesaggio, nel senso di occupazione di spazio, natura e ambienti urbani. La Poetica dello spazio di Gaston Bachelard ha costituito per lei un'importante fonte d'ispirazione.
L‘interesse di Uta Neumann è focalizzato sul rapporto uomo-paesaggio, nel senso di occupazione di spazio, natura e ambienti urbani. Lei sta ricercando queste tematiche delle sue fotografie in tutto il mondo – in luoghi marginali e territori periferici, nelle lacune e ai confini delle metropoli che sono segnati dal passaggio della civiltà alla natura.
Ripari
È anche necessario dare un destino di fuori all’essere del dentro [1]
Gaston Bachelard
Le immagini di Uta Neumann sono dense. Piene. Piene d’essere e volere. Vi si entra difficilmente, e quando si è dentro, se ne esce a fatica. Esse emanano un grande fascino. Uno struggimento che fa male. Una bellezza che sarebbe abbacinante se le immagini non fossero così smussate. Leggermente offuscate, come viste attraverso la nebbia. Per lo più grigie. Neumann non facilita l’osservatore. E non ha vita facile. Ma sono pesanti queste immagini? Sono soprattutto molto silenziose. Sono un po’ come una coperta. E come una coperta avvolgono chi vi si affida. Chi se ne ritiene capace. Chi ha l’animo di guardare queste fotografie, ne è preso. Esse infatti sono ciò che rappresentano: un riparo. Vi vediamo luoghi come quelli che Uta Neumann fin dall’infanzia ha cercato e tuttora cerca quando ha bisogno di un rifugio, di mettersi al riparo dagli altri e da se stessa. Al riparo dal dolore che nasce dalle domande e dalle risposte. "Ovunque andassi, mi imbattevo in me stessa": queste parole sembrano descrivere le fotografie e nel contempo le condizioni in cui esse sono state realizzate. Uta Neumann stessa parla di "ebbrezza della fotografia", quando si mette in cammino con la sua macchina fotografica alla ricerca di una sensazione di sicurezza da fermare con uno scatto. La coglie in forme che riparano: una ciotola, una rimessa, una grotta, una capanna, un rivestimento, uno sguardo protetto, un punto d’appoggio, una parete. "Il processo del fotografare, girare e cercare, mi ha sempre gratificato e mi gratifica ancora, mi rende felice. Cercare immagini mi mette in comunicazione con il mondo. Forse anche uscire e rientrare in me stessa per riconoscere ciò che ha valore. Come quando si fa un viaggio per poi ritrovare nella propria casa un luogo prezioso e sicuro. Partire per ritornare" (U. Neumann).
Per poter vedere bene le fotografie di Neumann bisogna osservarle a qualche passo di distanza; allora lasciano trasparire qualcosa: solitudine e consolazione. La consolazione subentra nel momento in cui vi è empatia: la consapevolezza che in effetti tutti sono soli. E se tutti sono soli, hanno già qualcosa che li accomuna. Basterebbe soltanto togliere una volta i tappi dalle orecchie, distogliere lo sguardo dal display del cellulare, incontrare persone vere invece di comunicare su facebook. A chi non è disposto a ciò non solo le fotografie di Neumann rimangono precluse. Perchè soltanto pochi hanno (ancora) il coraggio di lasciarsi conoscere veramente, con i loro difetti e le loro fatiche, la loro malinconia, il loro dolore e le loro necessità. "Ovunque andassi, mi imbattevo in me stessa": questa frase sopra citata esprime il desiderio della fotografa di avere visibilità all’esterno, di comunicarsi al mondo.
Quanto più facile appare alla maggior parte degli uomini abbandonarsi alle attuali distrazioni quotidiane. Quanto è grande però anche il pericolo di essere completamente in balia dell’avventatezza e dell’impudenza. Troppa "musica", troppi "amici", troppe "informazioni": "il mondo è diventato troppo grande" (U. Neumann).
Uta Neumann mi ha raccontato di un giardino di pietra che si trova a Kyoto. Questo giardino è inserito nel paesaggio circostante ed è costruito in modo tale che non si possono vedere tutte le pietre contemporaneamente. Soltanto nell’immaginazione dell’osservatore l’immagine diviene completa. Qualcosa di simile accade con i lavori fotografici di Neumann: sensibilizzano la percezione, poichè richiedono di guardare attentamente e soprattutto con partecipazione. Fanno appello a immagini interiori, ce le rammentano, ci conducono dentro noi stessi, ove possiamo e dobbiamo formare – unendo parti diverse – un tutto unico. Così come una casa è composta di diverse stanze. Secondo l’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud, la casa simboleggia il sognatore e le stanze rappresentano i vari aspetti della sua personalità. Le stanze possono essere un guscio protettivo ma anche uno spazio che cela ciò che lo sguardo non riesce a sopportare. Gli angoli della casa appaiono come nascondigli in cui si può scomparire completamente. La casa nasconde e racchiude, ma protegge anche ermeticamente e assicura l’irreperibilità a chi si tiene nascosto.
Sulla base di queste considerazioni, Casa era il primo titolo pensato per la serie di fotografie e anche per il presente testo, la cui ultima frase doveva essere: "Esci".
Durante la preparazione della mostra, la Poetica dello spazio di Gaston Bachelard ha costituito un’importante fonte d’ispirazione per Uta Neumann. In quest’opera la fotografa ha trovato la descrizione di immagini interiori ed esteriori, nonché figure linguistiche, immagini che nascono in un testo. A volte ha letto le spiegazioni di Bachelard come poesie. E come poesie visive possiamo leggere anche le sue fotografie. "(…) i poeti ci diranno di più sulla vita negli angoli, sull’universo stesso ripiegato in un angolo col sognatore ripiegato su di sé."[2]: queste parole possono essere riferite anche a Uta Neumann.
Anna Zika
[1] Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari 1975, p. 38
[2] Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari 1975, p. 162
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