Mesopotamia
Milano
via Emilio Gola, 4
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WEB
A cosa serve scrivere?
dal 11/2/2013 al 11/2/2013
ore 19

Segnalato da

Alessandro Nassiri Tabibzadeh



approfondimenti

Cecilia Guida
Roberto Pinto



 
calendario eventi  :: 




11/2/2013

A cosa serve scrivere?

Mesopotamia, Milano

Cecilia Guida e Roberto Pinto per il nuovo appuntamento di Mesopotamia. Entrambi hanno da poco pubblicato un libro e si interrogano sulla funzione della scrittura nel mondo dell'arte.


comunicato stampa

Cecilia Guida e Roberto Pinto hanno entrambi da poco pubblicato un libro.
Si interrogheranno sulla funzione della scrittura all’interno del mondo dell’arte. In particolare, se in un momento come quello attuale, caratterizzato da un’estrema e diffusa facilità nell’accesso alle informazioni, i metodi e i tempi della scrittura rispondono ancora ai quesiti che le opere d’arte stanno sollevando. E, inoltre, se scrivere sia solo una necessità personale o riesca a svolgere una funzione pubblica…

“Durante un volo mi capitò di avere un’’interessante conversazione con un ingegnere aeronautico che mi sedeva accanto, al quale chiesi di spiegarmi come un aereo decolla. L’uomo mi rispose che, detto in parole semplici, la differenza principale tra una macchina e un aereo è l’ala, e che sull’aereo questa ha due lati ineguali. Le particelle d’’aria che entrano in collisione con il profilo dell’’ala si separano, viaggiano in parallelo sopra e sotto e si riuniscono all’’altro lato dell’’ala stessa. Perché le particelle d’aria si incontrino, sono necessarie due cose: la prima è che non devono viaggiare alla stessa velocità, ma una deve essere più veloce dell’altra, la seconda è che quest’accelerazione determina una differenza di pressione che separa le due particelle. Lo spostamento e il successivo ricongiungimento delle particelle d’’aria, causati sia dalla particolare conformazione dell’ala, sia dal movimento dell’aereo, portano a una differenza nella pressione dell’aria. È proprio questa differenza che permette all’’aereo di decollare, così come di accelerare. Non appena l’’uomo venne a sapere del mio lavoro di studiosa e curatrice di arte contemporanea, mi domandò: Che fai quando vedi una mostra che non ti piace? Niente, gli dissi. Come niente? continuò. Gli risposi che il ruolo del critico d’arte non consiste semplicemente nel riportare e nel giustificare le preferenze e i gusti personali, ma nel trovare un modo per comunicare i significati e i quesiti nati dall’incontro con un’opera. Il senso di un lavoro artistico può essere definito dall’analisi di due aspetti. Il primo è di natura linguistica e riguarda la sua collocazione all’interno della storia dell’’arte, al fine di stabilire il livello di individualizzazione e personalizzazione che l’artista fa del repertorio passato e presente. Il secondo è di tipo sociale e considera l’’intervento artistico nel più ampio contesto culturale, tecnologico e politico in cui nasce e si sviluppa, per esaminare come questo contribuisce alla creazione di nuovo sapere e quale è il suo ruolo nel sistema di potere dominante. Alla fine della conversazione pensai che tra arte e società esiste un’’oscillazione paragonabile a quella del volo. Esse sono come due particelle d’aria che si separano nel momento in cui incontrano il profilo dell’ala. Sebbene una particella vada più veloce dell’altra, creando una differenza nella pressione dell’aria, le due si uniranno di nuovo all’altro lato dell’ala. La differenza di velocità delle particelle è ciò che rende possibile il volo ed è, metaforicamente, l’argomento di questo libro.”
(Dall’Introduzione di “Spatial practices. Funzione pubblica e politica dell’arte nella società delle reti”, Franco Angeli editore, 2012, di Cecilia Guida)

“In virtù della facilità e della relativa economicità con cui si ha accesso ai mezzi di trasporto e, soprattutto, alla rete informatica che ricopre una sempre maggiore importanza nel nostro lavoro e nella nostra vita, oggi è possibile parlare di una cultura mondiale (cfr. Featherstone 1990). Dobbiamo riconoscere che è sempre più centrale nella nostra ricerca, nei nostri rapporti, nella costruzione del nostro immaginario, fare riferimento a un tessuto comunicativo globale a cui attingiamo e in cui introduciamo informazioni. Una cultura mondiale che riflette i sistemi produttivi e di consumo che sono i principali promotori e i più convinti sostenitori di tale rete di scambi. Un patrimonio di conoscenze che si nutre, per sua costituzione, sia della memoria e delle consuetudini provenienti da tradizioni locali, sia degli scambi e delle inevitabili mutazioni prodotte dai rapporti internazionali. Si potrebbe ricondurre tale complesso fenomeno di incontro tra culture alla crescita esponenziale – nella velocità e nelle dimensioni – di un processo che ha caratterizzato l’evolversi stesso delle civiltà. Anche il panorama espositivo, quale parte integrante di tale rete, si sta trasformando in modo sostanziale, non soltanto crescendo in quantità e in varietà di offerta ma, credo, proprio nella sua essenza: sia nel suo modo di raccontare la storia dell’arte, sia negli indirizzi intrapresi dalle ricerche più attuali. Un primo segnale di tale trasformazione è rintracciabile nella moltiplicazione dei centri espositivi e nell’importanza crescente ricoperta dalle grandi esposizioni (biennali, triennali, ecc.), le cui sedi non sono più soltanto localizzabili in Europa e Nord America come accadeva nella prima parte del Novecento. Queste grandi mostre internazionali, inoltre, non sono più da considerarsi il palcoscenico privilegiato su cui agiscono esclusivamente artisti occidentali, ma ora ospitano come protagonisti anche un nutrito e variegato gruppo di artisti proveniente da aree geografiche e da culture che precedentemente non potevano ambire a calcarne le scene. Fanno parte di tale mutato panorama artisti che con i loro lavori indagano sulla propria identità e appartenenza culturale, ribadendo la loro differenza rispetto al modello occidentale, accanto ad altri che, al contrario, hanno usato lo sradicamento e la condizione diasporica, che forzatamente coinvolge un numero sempre maggiore di individui, per realizzare opere molto critiche sulle identità locali cercando di smascherare le strutture ideologiche, più o meno esplicite, che le caratterizzano. Comunque lo si voglia interpretare, l’ingresso di questi artisti (ma anche quello di storici dell’arte, critici, galleristi, collezionisti, ecc.) nel panorama internazionale non costituisce soltanto un aumento quantitativo della proposta: piuttosto credo che necessariamente conduca a una ridefinizione del campo e dei confini della nostra area di interesse e di studio.”
(Dall’introduzione di “Nuove geografie artistiche. Le mostre al tempo della globalizzazione”, Postmedia Books, 2012, di Roberto Pinto”)

Cecilia Guida è dottore in Comunicazione e Nuove Tecnologie (Università IULM di Milano) e curatrice indipendente. Insegna Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti de l’Aquila. Ha curato progetti espositivi in spazi pubblici e non profit in Italia e all’estero, tra cui: Aprés le diner sur l’herbe (Villa dei Quintili, Rome, 2007), Menu (Spaziorazmataz, Prato, 2007), Fuori contesto (varie sedi, 2008), Datti tempo/Take Your Time (neon>campobase, Bologna, 2009 e Tank Space for Performing and Visual Arts, New York, 2009), Archive of Forgotten Ideas (Fondazione Pistoletto, Biella, 2009 – in corso di pubblicazione), The Guest Room (Kunsthuis Syb, Beetsterzwaag, Paesi Bassi, 2011), cartabianca_milano (Museo Villa Croce, Genova, 2012), ARTInRETI. Pratiche artistiche e trasformazione urbana in Piemonte (Fondazione Pistoletto, Biella, 2012). Dal 2011 è curatrice di ‘2Video – Rassegna Trasversale di Video d’Artista’ e dell’archivio di sound e video arte ‘Art Hub’ per il network per l’arte contemporanea UnDo.Net.

Roberto Pinto è curatore indipendente e storico dell’arte. È ricercatore di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Bologna. È stato caporedattore di Flash Art, ha curato mostre come la Biennale di Gwangju (2004), la Biennale di Tirana (2005), Subway (varie sedi, Milano, 1998), Transform (varie sedi, Trieste 2002), Spazi Atti (PAC, Milano, 2004), Dimensione Follia (Galleria Civica, Trento, 2004), Confini (MAN, Nuoro, 2006). Ha curato le otto edizioni del programma di incontri e conferenze “La generazione delle Immagini” (Accademia di Brera e Triennale di Milano) e le relative pubblicazioni. Tra i suoi libri, si segnala Lucy Orta , Phaidon Press, Londra 2003. Dal 2004 al 2007 è stato curatore del Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Ratti, Como.

Mesopotamia è un ciclo di incontri sull'arte contemporanea.
Mesopotamia è uno studio, ma anche un momento di approfondimento.
Mesopotamia sono 70mq vuoti, da riempire con presentazioni di artisti, critici e curatori.
Mesopotamia è un cinema ma anche uno spazio espositivo.
Mesopotamia è in via Emilio Gola 4, a Milano, vicino alla darsena, tra il naviglio pavese e il naviglio grande.

Mesopotamia è un vizio di Alessandro Nassiri Tabibzadeh e Matteo Zarbo

Martedì, 12 Febbraio 2013, ore 19

Mesopotamia
via Emilio Gola 4 - 20143 Milano
in cortile a destra in fondo, sotto l'ulivo.

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